Nel 95% dei casi lo stalker è un conoscente della vittima. Nel 15% dei casi i delitti sono stati preceduti da denunce. Cresce la preoccupazione per i conflitti padre-figlia all’interno delle comunità di migranti. Qual è il paese occidentale in cui dall’inizio del 2012 sono state uccise 90 donne, molte delle quali a causa di possessività, gelosia, problematiche legate alla coppia scoppiata? La risposta, fornita dall’Osservatorio Nazionale Stalking, è l’Italia, dove i dati aggiornati al 10 settembre scorso parlano di 10 vittime al mese, molte delle quali assassinate da uomini che conoscevano, in seguito a una separazione o a un rifiuto.
Sebbene nel 2011 la cifra fosse addirittura superiore – 127 omicidi – il quadro è tutt’altro che rassicurante. Anche perchè nel 15% dei casi i delitti erano stati preceduti da denunce per stalking. Una decina di rei confessi inoltre, si è tolta la vita dopo l’arresto. Secondo l’Osservatorio, che stima il numero di quelle che subiscono in silenzio per paura di ritorsioni assai superiore a quello delle coraggiose tamburine degli abusi maschili, almeno un persecutore su tre è recidivo e dopo la denuncia o condanna torna a molestare la vittima, spesso con ferocia maggiore. Maggiore successo ha la scomessa sul recupero , come il Centro Presunti Autori istituito nel 2007 dall’Osservatorio Nazionale Stalking che ha già risocializzato 200 stalker.
L’Italia, patria di agguerriti movimenti femministi durante gli anni ’60 e ’70, ha abrogato il delitto d’onore solo il 5 agosto 1981, vale a dire che fino a quel giorno un delitto perpetrato al fine di salvaguardare l’onore (per esempio l’omicidio della moglie adultera) era sanzionato con pene attenuate rispetto all’analogo delitto di diverso movente. Oggi che il delitto d’onore cacciato dalla porta principale rientra dalla finestra delle comunità migranti come conflitto generazionale tra padri conservatori e figlie renitenti alla tradizione, le italiane hanno tragicamente imparato a familiarizzare con il termine stalker, un individuo che presenta gravi difficoltà psicologiche ad accettare l’abbandono e perseguita la sua presunta carnefice. I dati dell’Osservatorio rivelano che nel 70% dei casi si tratta di un uomo, nel 95% dei casi è un conoscente della vittima, nell’80% dei casi è un manipolatore affettivo, nel 70% dei casi ha subito un lutto, un abbandono o una separazione significativa mai elaborata.
La Stampa 12.09.12