«Stiamo sui contenuti». Pier Luigi Bersani chiede a tutti di darsi una calmata, di evitare polemiche inutili, di non giocare le primarie sulle divisioni interne e di non offrire il fianco agli avversari alla vigilia di una campagna elettorale che sarà molto impegnativa. Il leader del Pd vuole utilizzare i prossimi 90 giorni per parlare dei problemi dell’Italia e delle proposte per risolverli, incontrando forze sociali, movimenti, associazioni e mettendo al centro del confronto la piattaforma politico-programmatica contenuta nella «carta d’intenti». E per questo ha chiesto ai dirigenti del suo partito di fare attenzione al linguaggio e di non alimentare una discussione che rischia di essere controproducente. Pd, idee nuove o pura competizione?
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Primarie: D’Alema contro Renzi Tutti gli articoli della sezione Di Simone Collini 6 settembre 2012 A – A «Stiamo sui contenuti». Pier Luigi Bersani chiede a tutti di darsi una calmata, di evitare polemiche inutili, di non giocare le primarie sulle divisioni interne e di non offrire il fianco agli avversari alla vigilia di una campagna elettorale che sarà molto impegnativa.
Il leader del Pd vuole utilizzare i prossimi 90 giorni per parlare dei problemi dell’Italia e delle proposte per risolverli, incontrando forze sociali, movimenti, associazioni e mettendo al centro del confronto la piattaforma politico-programmatica contenuta nella «carta d’intenti». E per questo ha chiesto ai dirigenti del suo partito di fare attenzione al linguaggio e di non alimentare una discussione che rischia di essere controproducente.
Le primarie Bersani vuole farle, nonostante diversi big del partito ne farebbero volentieri a meno. Il leader del Pd punta ad andare alla sfida del 2013 con una legittimazione forte. E non a caso, nei colloqui che sta facendo in queste ore con i suoi e con gli sfidanti finora scesi in campo, il segretario democratico ha discusso anche dell’eventualità di prevedere il doppio turno, se nessuno dei quattro candidati dovesse superare il 50% dei consensi (in base ai sondaggi finora resi pubblici Bersani starebbe attorno al 40%, Matteo Renzi al 28%, Nichi Vendola al 25% e Bruno Tabacci al 7%).
Altra ipotesi ben vista da Bersani è che a vigilare sul buon andamento della sfida ci sia un «comitato dei garanti», cioè un organismo ad hoc, verosimilmente composto da tre personalità delle quali è riconosciuta autorevolezza e imparzialità, che garantisca il rispetto delle regole. Delle norme, ufficialmente, si inizierà a discutere ai primi di ottobre, quando verrà convocata l’Assemblea nazionale del Pd e si voterà una deroga allo statuto del partito per permette a Renzi di partecipare alle primarie (altrimenti potrebbe essere soltanto il segretario in corsa per la candidatura a premier).
Poi, dopo che a metà ottobre verrà firmata la «carta d’intenti» nella versione definitiva, i candidati discuteranno insieme le norme, a cominciare dall’ipotesi di far registrare chi intende votare ai gazebo in un apposito albo degli elettori.
Bersani però non vuol tenere la discussione su questo. Né vuole che resti il sospetto sul fatto che la sfida ai gazebo sia non vera e che nel Pd già sia stata decisa una spartizione degli incarichi per il 2013. Non esiste alcun «patto dei maggiorenti» dice ai cronisti che incontra davanti alla sede del Pd riferendosi ad articoli di giornale che da inizio agosto e ancora ieri parlano di un accordo tra i big (il “papello”, l’ha definito un mese fa il “Foglio”: Bersani premier, Franceschini segretario Pd, Veltroni presidente della Camera ecc.).
«Sgombriamo il campo da cose che non esistono. Sento, vedo che da agosto in qua su diversi organi di stampa ci sono indiscrezioni su ipotetici patti che io avrei fatto o starei facendo per cariche istituzionali, cariche di partito, cariche di governo. Io ho lavorato e lavoro per un partito unito. Ecco, vorrei dire molto seriamente, ma fermamente, che non ci sono in corso né patti grandi, né patti medi, né patti piccoli e che ho lavorato e lavoro per un partito unito, rinnovato, contendibile e senza padroni perché ho una certa idea del futuro della democrazia italiana».
L’irritazione per vedere sui giornali descritta una spartizione che Marina Sereni definisce «surreale» e che Rosy Bindi in un’intervista a l’Unità già aveva smentito un mese fa (ma ieri è tornata come nulla fosse sulla questione “Repubblica”) è evidente. Ma Bersani è assai poco entusiasta anche della piega che ha preso fin qui la discussione sulle primarie.
«Vorrei che si sgombrasse il campo da cose che non esistono e si parlasse di Italia. Io parlo di questo. Il prossimo appuntamento è per l’Italia. Ad esempio, oggi ho dedicato la giornata ad un incontro sul Mezzogiorno perché a fine settembre avremo un grande appuntamento su questo. Ieri, ho incontrato i rappresentanti dell’Alcoa. Ecco, io lavoro così».
Un’impostazione che intende rispettare anche Tabacci («dobbiamo lavorare sui contenuti») che ieri ha incontrato Bersani nella sede del Pd per parlare di legge elettorale (necessità assoluta di superare il Porcellum) e primarie. L’esponente dell’Api si candiderà ufficilamente il 14, nell’ambito di un’iniziativa sulla green economy organizzata a Maratea, uscirà a fine settembre nelle librerie con un libro intervista in cui esporrà la propria piattaforma politica. Poi anche per l’assessore al Bilancio del Comune di Milano ci sarà un tour nelle principali città italiane.
L’altro sfidante, Vendola, è invece già partito. Dice il governatore della Puglia: «C’è una campagna di santificazione di Renzi su grandi giornali e da parte di alcune grandi lobby politico-editoriali. Questa è la verità. E se qualcuno fa qualche obiezione, allora si parla di campagna di demonizzazione. Il bello della contesa è che deve essere una vera contesa».
L’Unità 06.09.12
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Bersani: “Non ci sono patti tra big andiamo avanti con primarie aperte”, di Giovanna Casadio
Non si pente di avere voluto le primarie («Le ho chieste io»), ma Pier Luigi Bersani vorrebbe imprimere una inversione di rotta per evitare il caos nel Pd: «Basta con le divisioni e le polemiche. Si parli d’Italia, io parlerò d’Italia e il prossimo appuntamento è per l’Italia. Ho avuto incontri in questi giorni sul Sud e sull’Alcoa, andrò avanti così». E per il resto? «Non ci sono né patti grandi, né medi, né piccoli. Sono cose che non esistono. Lavoro per un partito unito, rinnovato, contendibile e senza padroni». Si accalora il segretario democratico, uscendo dalla sede del Nazareno. Nega, Bersani, le indiscrezioni sull’organigramma già scritto (Veltroni presidente della Camera, D’Alema ministro degli Esteri, Bindi vice premier…) in caso di vittoria elettorale del centrosinistra, che garantirebbe a ciascuno dei big una collocazione nel governo, nelle istituzioni, nel partito. Non c’è alcun accordo – ripeterà chiudendo domenica la Festa democratica di Reggio Emilia – e «il rinnovamento ci sarà». La sfida di Renzi è infatti sulla “rottamazione” dei “vecchi” dirigenti, ma in rivolta sono anche i trentaquarantenni del partito, che chiedono ai leader di lungo corso di farsi da parte «o saremo travolti », perché la gente non vuole più le stesse facce.
Comunque, le primarie ci saranno, saranno aperte, le regole saranno fissate entro ottobre. Ne ha parlato il segretario del Pd con Bruno Tabacci, assessore della giunta Pisapia, deputato e portavoce di Api. Tabacci si candiderà alle primarie del centrosinistra e conta di conquistare i voti dei moderati. Mezz’ora di colloquio
con Bersani ieri, presenti Pino Pisicchio e Maurizio Migliavacca. L’assicurazione che, quasi certamente, le primarie per la premiership del centrosinistra saranno a doppio turno come in Francia, consentendo così una corsa libera e poi la scrematura e la sfida vera e propria. I candidati a questo punto sono quattro: oltre a Bersani e Renzi, Vendola e Tabacci. E altri se ne aggiungeranno. Sandro Gozi, ad esempio, è tentato. Come Pippo Civati. Massimo Cacciari, il filosofo, ex sindaco di Venezia, vorrebbe un altro nome. Non è l’unico; Gozi e Civati avevano provato a convincere Fabrizio Barca, ministro della Coesione del governo Monti, però senza successo. «Bersani lo conosco da quando avevamo i calzoni corti – dice Cacciari – non è un grande leader, non ha carisma, ma ha più competenze e capacità di mediazione di Renzi, che è un oggetto misterioso, non è giudicabile… ha ragione quando dice che il Pd è diretto da una compagine di persone che erano la federazione giovanile comunista di 40 anni fa». Cacciari prevede anche nuove divisioni: «C’è un grande caos… il Pd si spaccherà dopo il voto perché è un esperimento fallito, mi è costato 15 anni di vita». Le primarie hanno innescato per ora un meccanismo tutt’altro che virtuoso. «Sono sgangherate», le giudica Franco Marini. Bersani torna a spiegare: «Ho chiesto primarie aperte anche in deroga allo Statuto, non diventeranno un congresso, quello ci sarà l’anno prossimo e sarà il più aperto che un partito politico
conosca».
Sarà votata dalla prossima Assemblea pd un norma transitoria che annulla quel comma in cui è scritto che il segretario del partito è automaticamente il candidato premier. In questo modo potranno partecipare altri candidati del partito, come Renzi. E dovrebbe essere previsto un albo di iscritti, nel senso che al secondo turno potranno votare i cittadini che sono stati registrati al primo. Il socialista Nencini chiede un albo per le primarie. Su Europa oggi Gozi chiede che Bersani si sospenda da segretario per il periodo (circa un mese) in cui si svolgono le primarie sull’esempio di quanto ha fatto la Aubry in Francia. Beppe Fioroni insiste: «Renzi si dimetta da sindaco e si presenti alle elezioni politiche».
La Repubblica 06.09.12
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Al governo serve Pierluigi ma nel 2013 arriverà il ricambio sarà un capo giovane, non io”, di ALESSANDRA LONGO
«Uno scenario surreale, ridicolo». Così Dario Franceschini definisce l’evocato «grande patto» tra i big del Pd per spartirsi le poltrone che contano all’indomani della possibile vittoria. Nessun accordo, nessuna trama oscura, giura il capogruppo alla Camera che non mette assolutamente in discussione l’esigenza di rinnovamento dentro il partito: «Nella prossima legislatura ci sarà una nuova generazione di dirigenti». Nuova generazione e – nero su bianco – «un giovane nuovo leader» (va da sé: Bersani dovrebbe stare a Palazzo Chigi).
Franceschini com’è questa storia che gira? Vi siete già prenotati gli incarichi del dopoelezioni?
«Le garantisco che è un’invenzione assoluta. Uno scenario surreale, ridicolo: un presunto accordo su cosa fare dopo le elezioni quando ancora abbiamo molta ma molta strada per riuscire a vincerle! Aggiungo: se anche ci fosse – questo patto – io non lo firmerei mai. Abbiamo molto bisogno di cambiamento».
Sarà uno scenario ridicolo però, viste le tradizionali lotte di potere interne, evidentemente suona verosimile.
«E’ una rappresentazione pericolosissima in un momento delicato come è il percorso per le primarie. Il rischio è di trasformare un confronto virtuoso tra idee e personalità in una lotta tra giovani e vecchi. L’ultima cosa che serve».
Mi spiace insistere ma le voci che lei definisce surreali si basano anche su un’immagine del partito.
«Parliamo di cose serie. I prossimi mesi saranno intensi: dovremo sostenere Monti, correggere e migliorare le scelte del governo, far capire al Paese la profonda diversità di prospettiva tra la destra e la sinistra e le diverse priorità programmatiche tra noi e loro. Non solo: dobbiamo cambiare la legge elettorale e costruire la coalizione per le elezioni e, infine, scegliere il leader. Altro che organigramma da spartirsi…».
Eppure il Pd sembra impantanato. Giovani contro vecchi. Vecchi contro giovani. Non c’è il rischio che l’elettore si stufi e scarichi tutti, giovani e vecchi?
«Appunto, il rischio va evitato.
Vorrei ricordare a tutti, ogni giorno, che abbiamo scelto di fare le primarie per indicare colui che sostituirà Monti. Il nuovo presidente del consiglio dovrà affrontare la crisi economica, tenere rapporti con gli altri capi di governo, reggere la sfida dei mercati e i rischi speculativi, fare le riforme strutturali. Per questo io sostengo Bersani. Questione di buon senso: per questo ruolo conta più l’esperienza che l’essere giovani».
Perché Renzi vi fa così innervosire?
«Io non sono per niente nervoso. Una volta scelto di fare le primarie, più sono competitive meglio è. Non lo voto ma per me la candidatura di Renzi è un arricchimento per il Pd».
Ma si deve dimettere da sindaco per partecipare?
«Non mi sembra un gran problema».
Il rinnovamento può attendere?
«Il rinnovamento dei gruppi dirigenti del Pd ha una sede propria diversa dalle primarie per scegliere il candidato premier di una coalizione. Nel 2013 ci saranno congresso e primarie, secondo statuto, per scegliere il nuovo segretario a prescindere dall’esito delle elezioni. Da qui uscirà una nuova generazione destinata a guidare il partito. E non parlo solo di una squadra ma anche della nuova leadership».
Ne deduco che Franceschini non sarà il segretario del Pd.
«L’ho già fatto quando tutti mi hanno chiesto di salvare il Pd in un momento molto difficile, di grande crisi del partito, con Berlusconi ancora molto forte. Vede, vecchi o giovani, c’è un male dentro il Pd. La sintesi è di un militante: “Ci sono troppi galli che credono che il sole sorga solo quando cantano loro”. Sono già stato segretario. Nella prossima legislatura ci saranno una nuova generazione e un nuovo leader».
La Repubblica 06.09.12