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«Servono più risorse e un cambiamento culturale», di Luciana Cimino

«Il ministro Profumo ha buone intenzioni, speriamo abbia anche il tempo». Si deve a Luigi Berlinguer, oggi eurodeputato, ma già ministro dell’Istruzione dei governi Prodi e D’Alema, l’istituzione dell’ultimo concorso per insegnanti, nel ’99. Segno, anche questo, che l’Italia ha un problema culturale con questo settore: «non si riesce a considerare come una priorità, come dovrebbe essere invece nei Paesi avanzati». Che anno scolastico sta per cominciare? «Le finanziarie dell’anno scorso hanno impoverito fortemente la scuola e questo è un vulnus grave della società italiana. Sono aumentati gli alunni per classe, il tempo si è ridotto, complessivamente si è impoverita la vita scolastica che è fatta in grandissima prevalenza di stipendi ma anche da contenuti da sostenere. Con questa povertà un’attività formativa moderna non si può realizzare».
Con la crisi in corso è difficile prevedere altri stanziamenti
«La crescita è la condizione perché la gente ricominci a vivere dignitosamente, è vero: la crisi ci attanaglia e la recessione è una tragedia, ma questo non significa che non sia tempo di scelte. Bisogna dare priorità alla ricerca e all’istruzione. Non capisco chi mi dice “non ci sono i soldi”, ci devono essere, si tolgano da un’altra parte. Ma devo sottolineare anche che questi ancora non sono concetti presenti nella cultura dominante e quindi non ci sono nei bilanci e non ci sono nella politica. La scuola, semplicemente, non è in agenda».
«La preoccupano i recenti dati sulla dispersione scolastica in costante aumento?
«I paesi scandinavi diplomano il 95% della leva d’età e sono in testa in tutto. Noi abbiamo avuto nei decenni passati aumenti di scolarizzazione, per avvicinarci ai paesi evoluti dove la scuola è per tutti e non solo per una parte, ma oggi riemerge la questione sociale, la dispersione, direi anche che c’è una grave questione scolastica meridionale. Una volta studiare al Parini di Milano a in un liceo di Napoli era lo stesso, oggi non è più così. Quindi non è solo un problema quantitativo ma anche qualitativo. La classe dirigente, e una parte della politica, trascura questi temi ma c’è anche un’altra questione»
Quale?
«Il nostro modello di scuola è desueto, negli altri Paesi non c’è più la scuola dove si impara e non si costruisce la personalità dello studente nel rapporto con la vita e con la società, questa scuola chiusa nei suoi muri e che quando si apre non si apre bene. Dare priorità alla scuola significa dare le risorse, considerarla importante e cambiarla radicalmente perché funziona in modo arcaico».
Il settore del diritto allo studio, inteso come borse di studio e alloggi, negli ultimi anni è stato particolarmente mortificato. «Sostegno ai più deboli significa trovare le risorse per dare a chi ha mezzi sostegno economico e da noi la cifra stanziata per questo è molto più bassa rispetto ai paesi evoluti ma non fermiamoci qui perché anche sostegno didattico e culturale sono fondamentali. Alcuni potrebbero farcela ma sono inseriti in un contesto universitario difficile. Non ce la caveremo con un po’ più di borse di studio se manca la vitalizzazione degli atenei, l’accesso alle biblioteche, ai laboratori, a strutture culturali e di servizio che arricchiscano la scuola “povera”. Ci vogliono soldi e cambiamento».
Nelle intenzioni del ministro Profumo il concorsone previsto (e contestato) dovrebbe servire anche a svecchiare il corpo docente.
«Il corpo docente ha bisogno di persone adulte, preparate, che portino anche la loro esperienza nell’insegnamento, ma anche di giovani che cominciano, portatori di vitalità. Negare la possibilità dei concorsi a un ragazzo che finisce gli studi è un danno micidiale. Allo stesso tempo quei docenti che hanno fatto l’abilitazione, sono in graduatoria, hanno un titolo che va rispettato».
Allora come si risolve? C’è il rischio di una guerra fra poveri?
«Il problema è la capienza di posti. E per incrementarli c’è bisogno di un cambiamento d’indirizzo, non più scuola povera, in dimagrimento permanente. Affrontare la questione del danno irreparabile chiamato Tremonti che sosteneva che con la cultura non si mangia e risolvere definitivamente la questione dei precari. Profumo per adesso mi sembra mantenga un giusto equilibrio ma è il sistema di reclutamento che va cambiato».

L’Unità 04.09.12

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“Povera scuola, l’anno inizia in salita”, di Jolanda Bufalini

Povera scuola costretta a fare educazione con i fichi secchi, l’anno scolastico si apre in grandi ristrettezze, ai tagli del trio Gelmini-Tremonti-Berlusconi ha seguito il rigore del governo dei tecnici: spending review e patto di stabilità congiurano insieme contro l’offerta educativa.

Domenico Pantaleo, segretario della Flc, la federazione della conoscenza della Cgil: «Tutti dicono che la formazione è fondamentale ma fra gli annunci e la realtà quotidiana c’è di mezzo il mare. Il ministro parla di tante cose buone, digitalizzazione e pagelle on-line ma non sembra consapevole di quanto sia complesso il mondo della scuola».

Siamo in ritardo su tutto, dalle immissioni in ruolo al funzionamento delle segreterie, al personale Ata che non viene assegnato. L’ultima trovata di Maristella Gelmini è stata autorizzare il trasferimento degli “inidonei” negli uffici tecnico amministrativi. Dietro quel termine ipocrita del burocratese si nasconde una schiera di insegnanti di materie tecniche in maggioranza affetti da malattie gravi: «Che senso ha – si chiede Pantaleo – spostarli in un settore di lavoro gravoso come è quello della segreteria di una scuola per il quale non sono nemmeno preparati?».

Alessia Morani è assessore alla scuola della provincia di Pesaro e Urbino e ha dovuto scrivere una lettera agli istituti secondari superiori: «Niente programmi extra didattici, niente attività sportive fuori orario». Perché? «Perché il taglio al bilancio provinciale per il 2012 è di 4.800.000 euro, e questo significa tagliare le bollette di acqua, riscaldamento, luce. Taglieremo su ciò che non è obbligatorio e anche su ciò che è obbligatorio».

Il ministro Profumo parla di educazione permanente e di anno sabbatico ma intanto «viene falciata la possibilità che la scuola sia al centro dello sviluppo culturale del territorio. E l’anno prossimo il taglio sarà di 9,8 milioni, l’impressione è che abbiano mantenuto alle province le loro competenze ma le stanno eliminando di fatto privandole delle risorse». Niente attività pomeridiane e serali e nemmeno laboratori, spiega Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd, che «con il taglio degli insegnanti tecnico-pratici i laboratori non funzionano».

C’è stata, è vero ed è positivo, l’immissione in ruolo di 22.000 docenti per turn over ma i tagli influiscono anche sul numero degli studenti per classe, in alcune realtà, aggiunge Francesca Puglisi «si arriva a 32 studenti in un’unica classe». Fin qui le superiori ma non va meglio nelle scuole per l’infanzia, alle primarie e nelle secondarie di primo grado (le vecchie medie inferiori), Francesca Puglisi: «Nelle scuole per l’infanzia al nord si allungano le liste di attesa, il tempo pieno è ormai scomparso e quasi non esiste più il tempo prolungato». Persino per le emergenze ormai non si trovano risorse, il governo si era impegnato, racconta Pantaleo, a «disporre 1000 posti aggiuntivi per il dopo terremoto in Emilia» e invece, ancora, non c’è traccia del provvedimento, quando è chiaro che far funzionare le scuole nelle zone terremotate vuol dire aiutare le famiglie, la ripresa delle attività produttive e la ricostruzione.

Tra le note positive c’è il finanziamento di un miliardo di fondi europei per le regioni del Mezzogiorno (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia) per combattere la dispersione scolastica, ma in un quadro, sottolinea Pantaleo, «di scuole fatiscenti nel sud». La messa in sicurezza delle scuole è un altro capitolo nell’elenco delle urgenze sempre enunciate e mai affrontate. L’Unione delle province d’Italia ha fatto il calcolo che, in attuazione delle norme per l’edilizia scolastica lo Stato ha speso fra il 2005 e il 2011 227 milioni, nello stesso periodo le Province hanno investito 9,4 miliardi. L’equivalente del taglio previsto per le Province nel 2013.

L’Unità 04.09.12