Sospendere la riforma del lavoro, elaborare correzioni e poi tornare a votarla. Questa la posizione della Cgil sul testo Fornero, dopo un primo monitoraggio dei «guasti» che la legge sta provocando. «È la prima volta che una legge così importante è stata votata con 4 fiducie – dichiara Serena Sorrentino, segretario confederale a Corso d’Italia – Tutte le forze politiche hanno espresso perplessità, denunciando lo stato di necessità in cui è stata votata. Oggi forse è il caso di riflettere». Elsa Fornero non è dello stesso parere. La ministra propone invece un monitoraggio di un anno e poi in caso le eventuali modifiche. «E nel frattempo cosa diciamo a chi perde lavoro o addirittura l’indennità di disoccupazione?», chiede Sorrentino. In effetti ad essere colpiti già in queste settimane sono proprio quegli atipici e discontinui a cui la ministra intendeva offrire il suo nuovo modello di welfare. È un paradosso, ma è così. In questi giorni di «interregno» tra nuove e vecchie norme si stanno producendo danni al loro reddito, e anche alle loro prospettive di occupazione, visto che anche sulle possibilità di assunzioni di fatto si registra una pericolosa frenata. Tutto questo mentre la contabilità del lavoro rivela il dramma dei più giovani, i più colpiti dalle crisi industriali. senza tutele Un primo «assaggio» della mancata armonizzazione tra vecchio e nuovo sistema (quasi un nuovo caso esodati) lo stanno vivendo gli stagionali e i precari che terminano il loro impiego in questi mesi. Per un gioco di sovrapposizioni per loro è di fatto precluso l’accesso all’indennità di disoccupazione (aspi) che sostituisce l’indennità con requisiti ridotti. Per chi perde lavoro oggi resta in vigore la vecchia regola, che prevede una «finestra» tra il primo gennaio e il 30 marzo per le domande. Ma per l’anno prossimo è già in vigore la nuova norma, con un iter completamente diverso. Dal primo gennaio l’indennità andrà chiesta 60 giorni prima della decadenza del contratto. Chiaro che i due sistemi non si incrociano, e molti lavoratori precari oggi si ritrovano in un «limbo» che di fatto nega loro l’accesso alla cosiddeta «mini Aspi». «Tutti i lavoratori che si dimettono oggi sono scoperti – aggiunge Sorrentino – E non sono certo pochi: si tratta di migliaia di persone. Abbiamo chiesto chiarimenti all’Inps, che non ha fatto altro che confermare lo stato dell’arte: dal primo gennaio entra in vigore la nuova legge. A questo punto, si vuole o non si vuole risolvere da subito questo problema?». La questione sta già preoccupando molti lavoratori, soprattutto quelli impegnati nelle zone turistiche, come la Romagna (al meeting di Rimini alla ministra è stata recapitata una lettera proprio su questo) o le isole. Poter beneficiare dell’indennità significa molte cose, tra le quali anche la possibilità di cercare una occupazione migliore o fare un corso di formazione. Ma non è soltanto la possibilità di ricevere il sussidio ad essere in forse. Nel passaggio tra il vecchio sistema e il nuovo si profila anche un danno economico. Già il trattamento dell’indennità a requisiti ridotti era parecchio «ridotto»: i «paletti» erano aver lavorato almeno per 78 giorni nell’ultimo anno e aver avuto un incarico nei due anni precedenti. Oggi invece il requisito sposta a 13 settimane l’esperienza di lavoro necessaria (cioè 91 giorni) e in più si stabilisce un’erogazione in percentuale ai giorni lavorati. Una stima del sindacato di Corso Italia parla di un taglio di circa il 25% sulle erogazioni. Altro tema «scottante» è la risoluzione del rapporto di lavoro. Dopo Maurizio sacconi, che è intervenuto per eliminare qualsiasi controllo sulle dimissioni in bianco, Fornero aveva l’intenzione di combattere il fenomeno. Ma anche stavolta restano dei «buchi neri» nel lasso di tempo tra la comunicazione alla direzione provinciale del lavoro e i 7 giorni a disposizione del lavoratore per decidere cosa fare. Da prime segnalazioni, pare che il fenomeno delle dimissioni in bianco stia insorgendo di nuovo. Senza contare le pressioni che consulenti del lavoro fanno sulle aziende, preoccupate delle nuove norme sulla flessibilità in entrata. «Non avendo ridotto le tipologie di lavoro – osserva Sorrentino – le misure pur giuste sulle collaborazioni (che si trasformano in lavoro a tempo indeterminato se hanno le stesse caratteristiche) spingono verso altre forme di lavoro precario. Su altre gli abusi continuano non avendovi posto rimedio. Alcune vistose speculazioni sono state segnalate già prima dell’entrata in vigore della legge come nel caso degli associati in partecipazione
L’Unità 03.09.12
Pubblicato il 3 Settembre 2012