Una cometa della speranza è comparsa da ieri nel cielo sopra Berlino. Ad accenderne la luce, che potrebbe non essere effimera, è stata una davvero insolita Angela Merkel al termine del suo incontro con il premier italiano Mario Monti. I commenti della Cancelliera, infatti, hanno segnato più di un passo avanti sul cammino che dovrebbe condurre alla fuoriuscita dal tunnel in cui brancola il sistema monetario europeo. In particolare perché le sue parole sembrano dirette a spazzare via quel clima di sospetti, riserve mentali e diffidenze che rischia di far precipitare il dialogo fra i condomini dell’euro in una disputa rissosa e drammaticamente inconcludente.
Fino a ieri, per esempio, sui rapporti fra Roma e Berlino aleggiava l’incresciosa impressione che il governo tedesco volesse in cuor suo imporre a quello italiano di passare per le forche caudine di una richiesta esplicita di aiuti al fine di potergli dettare dall’esterno condizioni più stringenti di politica economica. Insomma, in parole più semplici, il dubbio è che si volesse commissariare l’Italia per somministrarle quella lezione di austerità che una parte dell’establishment germanico – Bundesbank in testa – ritiene sua missione storica applicare un po’ a tutta la fascia mediterranea dell’eurozona.
Contro questa visione pangermanica del problema Italia Frau Merkel ha tenuto a rimarcare la sua piena fiducia che il governo di Roma sia in grado di assumere tutte le decisioni necessarie affinché il nostro Paese possa farcela da solo. E lo ha fatto richiamando non soltanto una convinzione personale ma un dato oggettivo che è sotto gli occhi di tutti: l’agevole collocamento dei titoli del nostro debito pubblico che sta spuntando, proprio in questi ultimi giorni, tassi d’interesse in netta discesa e ben lontani dalle bizzarrie da tempo in corso sul mercato degli spread. Così, fra l’altro, offrendo a Mario Monti un riconoscimento che potrebbe regalargli ulteriori e maggiori soddisfazioni nelle prossime aste di titoli pubblici.
Ora si tratta di capire fino a dove la cometa accesa nel cielo di Berlino saprà far giungere la sua luce. Soprattutto se questa arriverà ad illuminare quella zona d’ombra assai oscura che si è creata nei rapporti fra la Bundesbank e la Banca centrale europea di Francoforte sul nodo cruciale del cosiddetto Fondo salva Stati.
Su questo punto ieri Angela Merkel ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Da un lato, ha ribadito la sua contrarietà a concedere al meccanismo europeo di stabilità quella licenza bancaria che aprirebbe la strada a eventuali robusti interventi monetari sui mercati. Così rendendo omaggio ai timori della Bundesbank che una politica di aiuti massicci ai Paesi in difficoltà diventi una droga tale da spegnerne ogni volontà di risanamento dei propri bilanci. Dall’altro lato, però, la Cancelliera ha ribadito con fermezza che la Bce è un’istituzione indipendente nelle sue decisioni. Così lanciando a Mario Draghi un invito a proseguire autonomamente nella sua opera di custode supremo della stabilità monetaria.
Opera che lo stesso Draghi, proprio ieri in un suo intervento pubblicato da un prestigioso settimanale tedesco, ha dichiarato di voler compiere andando «anche oltre gli strumenti standard della politica monetaria». Al vertice della Bce, infatti, seguono ormai con crescente preoccupazione l’andamento divaricato degli spread che sta svuotando di potere e significato il ruolo di governo della moneta poiché all’interno della medesima area valutaria fa coesistere economie a tassi prossimi allo zero (la Germania) con Paesi costretti a un dazio monetario di sei o sette punti percentuali, come Italia e Spagna. Prima che una simile forbice tagli in due o tre parti l’eurozona, con conseguenze letali facilmente immaginabili per la moneta unica, occorre agire in tempi brevi. Con quelle che ieri Draghi ha chiamato appunto «misure eccezionali» e che altro non possono essere se non acquisti calmieratori sul mercato dei titoli più aggrediti dalle scorrerie della speculazione.
Due scadenze prossime consentiranno di valutare meglio il peso del viatico di indipendenza rinnovato ieri da Berlino al vertice della Bce. La prima è il 6 settembre quando la riunione del direttivo della Banca centrale sarà chiamato ad esprimersi su modi e tempi operativi delle «misure eccezionali» che Draghi ha in progetto di mettere in campo. La seconda scadenza riguarda la sentenza che la Corte suprema tedesca pronuncerà sei giorni dopo (il 12 settembre) sulla compatibilità degli impegni per il Fondo salva Stati con la Costituzione della Repubblica federale. Il che equivale a dire che nelle prossime due settimane si dovranno superare in un modo o nell’altro due passaggi essenziali e fra loro concatenati per la sopravvivenza dell’euro.
È improbabile che il 6 settembre Draghi voglia affermare la sua riconosciuta indipendenza forzando il passo delle decisioni d’intervento sui mercati sfidando il rischio di una sentenza negativa da parte della Corte di Karlsruhe. Anche perché le sue recenti sortite hanno già prodotto benefici effetti di disorientamento fra i mercenari della speculazione e da ultimo sui mercati non sono in atto gli sfracelli dei mesi precedenti. Tutto, quindi, resta più che mai appeso alla giornata del 12 settembre. Mentre Angela Merkel ha tenuto ieri a riaffermare con forza la vocazione europea del suo Paese, giuristi tedeschi di primo rango si dicono convinti che la Corte di Karlsruhe non potrebbe emettere una sentenza positiva in base al formale dettato della propria carta costituzionale. La cometa accesa ieri nel cielo sopra Berlino potrebbe così essere spenta all’insegna del ciceroniano summum ius, summa iniuria. E l’Europa, una volta di più, negli ultimi cent’anni sarebbe costretta a riproporsi il minaccioso interrogativo del che
fare con la Germania.
La Repubblica 30.08.12