Non li chiameremo furbi così come ha chiesto il premier Mario Monti. Ma adottano sicuramente comportamenti “multiformi” e forse anche per questo difficili da far emergere. Sono gli evasori d’Italia su cui il Governo ha messo all’opera una task force composta, tra l’altro, da rappresentanti del ministero dell’Economia, agenzie fiscali e Guardia di Finanza. Il gruppo di lavoro ha realizzato una mappa (una «tassonomia» come la definisce il documento) delle possibili forme di evasione ed elusione che sarà il punto di partenza delle strategie dei prossimi mesi. Il catalogo comprende 19 tipologie: a ciascuna è stato assegnato un grado di complessità. Il livello più basso è rappresentato dagli evasori totali, vale a dire i contribuenti che non dichiarano e non versano nulla. Un grado più basso, però, non vuol dire affatto un’evasione meno pericolosa o più facile da estirpare. Lo dimostra anche la nuova frontiera dei giochi (scommesse in nero, apparecchi non in regola, siti Internet non autorizzati), in cui le tecniche per non pagare le imposte si intrecciano pericolosamente con altri fenomeni criminali come il riciclaggio di denaro sporco. Ma le vie dell’evasione possono essere anche più sofisticate: dai capitali all’estero alle società schermo a cui intestare i beni di lusso, dalle frodi su Iva, dazi e accise alle residenze fittizie in paradisi fiscali.
La tassonomia non si limita a definire gli identikit degli evasori ma cerca di indicare al Governo quali sono le principali criticità del sistema fiscale che spingono i contribuenti italiani a violare o ad aggirare le regole. I tecnici hanno individuato almeno cinque motivi che hanno provocato la crescita dell’evasione e la sua “differenziazione”: la pressione fiscale, l’esigenza (finora rimasta tale) di una riforma del sistema dei tributi, il funzionamento dell’amministrazione finanziaria, una certa avversione agli obblighi tributari e la complessità delle norme. Un groviglio su cui nel tempo si sono stratificati adempimenti e comunicazioni proprio per cercare di ridurre la montagna delle imposte non versate ogni anno all’Erario.
Sul fronte semplificazioni, Governo e agenzia delle Entrate si muoveranno già nelle prossime settimane, ascoltando anche le proposte delle categorie produttive. Sulla lotta al sommerso, invece, il rapporto segna la rotta degli interventi sia di prevenzione sia di repressione vera e propria. Interventi da calibrare sulla particolarità del singolo tipo di evasione perché c’è una differenza profonda tra il proprietario d’immobile che non registra il contratto di locazione e chi, invece, possiede patrimoni all’estero senza denunciarli in Unico. Eppure ci sono tre fattori comuni che – in base ai suggerimenti degli esperti – dovranno ispirare le linee d’azione dei prossimi mesi:
– una maggiore prevenzione con l’amministrazione finanziaria chiamata sempre più ad “accompagnare” il contribuente al pagamento delle tasse (come nel caso del tutoraggio su cui punta anche la delega fiscale);
– incrocio di banche dati per andare a colpo sicuro sui veri evasori, limitando gli accessi alle situazioni a più alto rischio e scongiurando così i cosiddetti controlli di massa;
– una maggiore sinergia tra le istituzioni impegnate nel contrasto al nero e al sommerso.
In pratica, la strada maestra per aprire una “fase 2” dopo la stagione dei blitz stile Cortina e dei controlli su chi non emette lo scontrino. Anche perché crescita e lotta all’evasione vanno di pari passo e dal contrasto al sommerso potrebbero arrivare le risorse per ridurre la pressione fiscale o almeno per evitare gli aumenti Iva da luglio 2013.
Il Sole 24 Ore 27.08.12
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“L’allarme per il «nero» fa rotta sulla Lombardia”, di Cristiano Dell’Oste
La crisi riscrive la geografia del rischio di evasione fiscale. Le regioni del Sud restano in cima alla classifica del “sommerso potenziale”, ma la situazione sta peggiorando nel Centro-Nord, e in particolare in Lombardia. A disegnare questa particolarissima mappa sono i dati del Centro studi Sintesi, che come ogni anno ha confrontato il reddito disponibile con il tenore di vita delle famiglie italiane. I ricercatori sono partiti da sette indicatori di benessere – dalle auto di lusso alle case di pregio – e li hanno condensati in un numero che esprime il rapporto tra ricavi e spese: fatta 100 la media nazionale, dove il punteggio è più alto vuol dire che i consumi sono in qualche modo “giustificati” dai redditi; dove il punteggio è basso, invece, si spende in media più di quanto si dichiara al fisco. E quindi cresce il rischio che ci siano somme incassate in nero.
Uno sguardo alla cartina d’Italia – colorata per fasce di rischio in base al punteggio calcolato da Sintesi – mostra una realtà spaccata in due: redditi più alti al Nord, consumi superiori ai ricavi al Sud. Ma è spulciando le statistiche alla base delle elaborazioni che si scoprono gli aspetti più interessanti (le tabelle complete sono pubblicate su internet).
In provincia di Catania, ad esempio, circolano quasi 68 auto ogni 100 abitanti, mentre a Padova ci si ferma a 61. In provincia di Salerno i consumi alimentari superano i 2.700 euro all’anno, mentre a Modena l’importo è appena superiore ai 2.500 euro. Se si guardano i redditi disponibili, invece, il rapporto è invertito: a Catania e Salerno non si arriva a 13mila euro pro capite, a Modena e Padova si superano i 20mila euro. E le sorprese non mancano neppure sui beni di lusso: la percentuale di auto con una cilindrata superiore ai 2mila cc supera il 10% a Trento, Brescia, Bolzano, Vicenza e Treviso; ma restano casi come l’8,1% di Isernia, che batte – tra le altre – Varese, Rovigo, Como e Rimini.
Eppure, un confronto con la situazione del 2006 rivela un’evoluzione per certi versi inaspettata. Quest’anno i primi tre posti sono occupati, nell’ordine, dal l’Emilia Romagna (che pure perde 3 punti in valore assoluto), dal Friuli Venezia Giulia e dal Piemonte. Quattro anni fa, invece, accanto all’Emilia Romagna c’erano la Lombardia e il Trentino Alto Adige. Ed è proprio il dato lombardo a colpire: 13 punti in meno e cinque posizioni perse nella classifica regionale. Nel dettaglio, il grosso del calo non dipende da Milano, che ha perso solo una posizione, ma dalle altre città: Pavia, Cremona, Varese, Como, Lecco, Mantova sono le sei province italiane che hanno peggiorato di più il proprio ranking. Come interpretare questi risultati? «Mediamente la Lombardia ha perso reddito – spiegano da Sintesi – mentre i consumi sono rimasti sostanzialmente gli stessi». Questo quindi non significa necessariamente che il rischio-evasione sia aumentato, perché in molti casi il reddito risulta superiore ai consumi, e perché le famiglie potrebbero aver attinto ai risparmi (o essersi indebitate) per finanziare le spese non sostenute dai redditi. Ma certo le ricadute della crisi hanno accresciuto in modo drammatico il grado di stress cui è sottoposto il sistema economico, accendendo alcune spie d’allarme che potrebbero essere approfondite dell’agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza, in prima linea nello «stato di guerra» all’evasione dichiarato dal premier Mario Monti.
In altre regioni l’interpretazione diventa più lineare. Rilevano ancora da Sintesi: «Rispetto al 2006, il reddito è aumentato in Friuli Venezia Giulia, nelle Marche e nel Lazio: il fenomeno potrebbe spiegarsi con un certo recupero di base imponibile nascosta al fisco».
Il dato del Sud va letto con particolare attenzione. Qui le posizioni in classifica possono essere davvero ingannevoli, perché mostrano miglioramenti che in realtà non ci sono. Di fatto, rispetto al 2006 cinque regioni si sono scambiate gli ultimi cinque posti – Puglia, Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia – e nessuna di loro ha visto migliorare il punteggio in valore assoluto. Anzi, la Sardegna è quella in cui la distanza tra redditi e consumi si è allargata di più. E in questi casi le spiegazioni possibili sono due: un calo dei redditi dichiarati (magari per colpa della crisi che ha spinto verso il nero imprese borderline) oppure un aumento dei consumi (dovuto con ogni probabilità ad aumenti delle tariffe o del prezzo di beni di prima necessità, più che a un reale miglioramento del tenore di vita).
Il sole 24 Ore 27.08.12