Il conflitto istituzionale che sta dilaniando la Bce non ha precedenti. Non era forse mai capitato che il rappresentante di una singola banca centrale sparasse contro il “quartier generale”. L’accusa che il rappresentante della Bundesbank Jens Weidmann rivolge al presidente dell’Eurotower Draghi ricorda quella che Guido Carli usò ironicamente contro se stesso negli anni ’70, chiedendosi se la Banca d’Italia dovesse cedere alle pressioni della politica, e creare base monetaria per sostenere la finanza pubblica: «atti sediziosi ».
La Bundesbank è un’istituzione prestigiosa. Nella tormentata storia della democrazia tedesca ha sempre svolto un ruolo fondamentale, per la rigorosa custodia dell’ortodossia monetaria: la banca centrale ha solo un obiettivo, il controllo dei prezzi e della base monetaria. Ogni altro compito spetta ai governi. La Bundesbank è anche un’istituzione preziosa: nella tormentata storia della costruzione europea ha sempre svolto una funzione cruciale, a difesa dell’autonomia della politica monetaria dalla politica politicante. Spesso la sua acribia ha rasentato la miopia. È accaduto negli Anni Novanta, quando la «Buba» era diventata la bestia nera del Club Med che arrancava per entrare nell’euro, e l’allora governatore Hans Tietmeyer non gli risparmiava la tortura delle critiche quotidiane.
Ma oggi la Bundesbank sta diventando un’istituzione tecnicamente «pericolosa». La «Stabilitaet Kultur», la teutonica cultura della stabilità che ha meritoriamente riversato nella casa comune europea, rischia di cozzare contro il principio di realtà. Weidmann accusa a viso aperto Draghi di aver trasformato la Bce in un «Pantalone» degli Stati dissoluti di Eurolandia. Contesta gli acquisti di titoli di Stato che l’Eurotower ha effettuato nei mesi scorsi e si oppone all’ulteriore acquisto di bond per ristabilire il corretto funzionamento degli ingranaggi di politica monetaria inceppati dal micidiale effetto degli spread. Per la Bundesbank, questo è solo un modo surrettizio di finanziare gli Stati. Per Weidmann, che rivendica il suo diritto a dissentire rievocando addirittura il «Politburo sovietico», il differenziale dei tassi non si restringe con la «droga» della liquidità, ma con la «cura » delle riforme strutturali dei governi. Una posizione legittima, visto che in passato qualche Stato-cicala ha approfittato di politiche monetarie troppo concilianti. Ma una posizione sbagliata, oggi, per due ragioni di fondo.
La prima ragione è l’evidente malfunzionamento dei mercati di questi ultimi mesi. Gli spread non riflettono più in modo così automatico la sfiducia degli investitori sulla tenuta di questo o di quel Paese. Le manovre compiute dalla Bce sulla leva dei tassi di interesse non producono più alcun effetto. Il differenziale tra i rendimenti sta generando un’allocazione distorta dei capitali e delle provviste bancarie: fisiologica in un regime di cambio diversificato, patologica in un sistema valutario unificato. Dunque, per la Bce comprare bond in questa fase serve solo a ripulire gli ingranaggi e a far ripartire la macchina della politica monetaria. Non certo a finanziare i deficit degli «Stati canaglia». La seconda ragione è che la Bce può liberamente acquistare bond sul secondario. La misura e la frequenza degli acquisti è discrezionale, e per decidere gli interventi non ha bisogno di un «mandato speciale». Se lo fa, si muove nel rispetto delle regole fissate dai Trattati e dal suo Statuto. Se non lo fa, è solo perché Draghi da un lato rispetta la posizione tedesca, dall’altro aspetta il Consiglio direttivo fissato per il 6 settembre, e soprattutto la decisione della Corte di Karlsrhue sui Fondi salva-Stati prevista per il 12 settembre. Ma è proprio in vista di questi appuntamenti decisivi che i tedeschi, ancorati alla Bundesbank e caricati dalla loro campagna elettorale, lanciano l’assedio all’Eurotower, per blindarne le mosse.
Ma questa volta non si scherza. È chiaro a tutti che se dal consiglio del 6 settembre la Bce uscirà un’altra «fumata grigia», senza decisioni concrete sulla soglia degli interventi e sui volumi d’acquisto, sulle scadenze dei bond da comprare e sulle altre misure «non convenzionali» già annunciate ai primi di agosto, non saranno solo i soliti «Piigs» a crollare, ma l’intero edificio monetario europeo. Allora sorge un dubbio: i veri «atti sediziosi » sono quelli di Draghi o quelli di Weidmann?
La Repubblica 27.08.12