"Le ragazze di Tunisi", di Vanna Vannucci
Le donne che affollavano il palazzo dei Congressi, lunedì scorso, dopo la cena del ramadan, non smettevano di gridare entusiaste mentre il regista Raja Farhat leggeva il Codice dello statuto personale che nel 1956 aveva fissato i diritti della donna tunisina. In migliaia sono sfilate poi sulla via Bourghiba. Donne a capo scoperto, donne velate, bambine con cartelli con su scritto “Gannouchi non toccare i diritti della mamma”, ragazze con il foulard rosso come la bandiera nazionale. Rosso è il colore della rivoluzione che diciotto mesi fa divampò in Tunisia e questa, diciotto mesi dopo, era la più grande manifestazione da allora. Le donne in Tunisia hanno più diritti che in ogni altro paese arabo. Il fondatore della Repubblica Bourghiba, che certo non era un liberale e — come accadeva spesso in quegli anni negli Stati postcoloniali — creò una dittatura, riconobbe però alle donne la parità, convinto che questo fosse un passaggio obbligato per fare della Tunisia un paese moderno. Da allora le tunisine possono chiedere il divorzio senza aspettare anni come succede in …