«La mobilitazione della comunità ebraica di Roma va benissimo, ma molti altri avrebbero dovuto trovarsi al suo fianco. Ciò che rappresenta ancor oggi Erich Priebke è qualcosa di orrendo che non può, non deve riguardare solo gli ebrei. Il diritto-dovere all’indignazione non è prerogativa solo di quanti hanno vissuto sulla propria pelle, e non è una metafora, la brutalità senza limiti dei nazifascisti». A sostenerlo è una delle personalità più rappresentative dell’ebraismo italiano: Amos Luzzatto, già presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei).
L’inaugurazione, tra canti e danze, del sacrario dedicato al fu Maresciallo d’Italia e viceré d’Etiopia, Rodolfo Graziani, il boia delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke «in giro per Roma». Cosa indicano queste vicende?
«Indicano un tentativo ricorrente di trasformare in banalità e ordinaria amministrazione episodi di un passato che andrebbero ricordati con ben altro tono e preoccupazione. Quel passato, di cui Graziani e Priebke sono indelebile espressione, porta con sé un retaggio di crudeltà senza precedenti; esso ha lasciato un segno profondo nel Paese che deve servire da monito per impedire la riproduzione che è sempre minacciosa e non è mai stata totalmente scongiurata. Quello che forse manca è l’unità di forze diverse, che hanno vissuto la guerra fascista, che hanno conosciuto le persecuzioni delle minoranze, che hanno dovuto fare i conti, a caro prezzo, con l’aspirazione propria dei fascisti come dei nazisti, a conquistare territori altrui e sottomettere popoli che si ritenevano, e venivano trattati, come razze inferiori, e a rendere legittime procedure che dovrebbero essere invece condannate da chiunque creda minimamente nella civiltà».
Graziani, Priebke…
«Graziani e Priebke sono due figure assurte a simboli, macabri, di un passato segnato da ideologie e politiche che pur di raggiungere i propri obiettivi di potere, non hanno risparmiato sofferenze, distruzioni, che hanno seminato a piene mani un odio profondo, viscerale, senza limiti, nei confronti di esseri umani ai quali si negava il diritto della dignità umana. Queste ideologie, queste politiche non sono scomparse dal nostro presente: l’antisemitismo, il razzismo, l’ostilità verso chiunque sia considerato un “diverso”, non fanno parte del passato ma tendono a manifestarsi ancora oggi anche in Europa, anche qui in Italia. Guai ad abbassare la guardia. Senza memoria non c’è futuro per una società che si vuole democratica. Ogni ripresa di ideologie razziste rappresenta un pericolo effettivo per lo sviluppo di una democrazia di civile convivenza, e proprio per questo mi sono permesso, anche di recente, di affermare in pubblico che non mi dispiacerebbe di cambiare il nome della Giornata della Memoria in Giornata per la vigilanza in difesa della democrazia».
Ma a protestare davanti l’abitazione di Priebke c’erano solo giovani e anziani della comunità ebraica romana.
«Non esiste nessuna categoria umana che abbia sofferto da sola e che sia chiamata oggi a vigiliare da sola perché queste simbologie, oggi pallide e macabre come Priebke, non si riproducano. La mobilitazione della comunità ebraica va benissimo, ma molti altri, lo ripeto, avrebbero dovuto trovarsi al suo fianco».
L’Unità 14.08.12