Se il governo dopo l’estate si muove verso temi come l’agenda digitale o le questioni energetiche, si muove nel senso giusto. Il problema però è che tutto questo per andare a regime richiede tempi medi», sottolinea Guglielmo Epifani, per otto anni segretario generale della Cgil: «E intanto a settembre ci saranno cento tavoli di crisi aperti e difficoltà di accesso al credito per le piccole e medie aziende». Quindi ci vorrebbero interventi sull’immediato… «La nostra differenza rispetto ad altri Paesi è che noi non abbiamo realizzato mai nessuno stimolo a breve sull’economia: una contraddizione che ci portiamo dietro dall’inizio della crisi».
Più facile a dirsi che a farsi: come si realizzano stimoli a breve sull’economia?«Intanto, il governo aveva preso l’impegno di risolvere il problema dei ritardati pagamenti alle imprese della Pubblica amministrazione. E invece finora non si è sbloccato un euro».
E poi? «Ci vorrebbero misure per consentire la deroga al patto di stabilità per gli enti locali, per quei tanti comuni che hanno progetti di investimento che non possono realizzare a causa del blocco dei pagamenti. Bisogna trovare delle modalità per rendere più agevole l’accesso al credito per le piccole e medie imprese. E occorre ricordarsi che c’è un problema di domanda interna: le industrie che esportano hanno buoni bilanci, mentre chi vive di domanda interna è in affanno».
Già, ma come si stimolano i consumi? «Riducendo le tasse».
Ne è consapevole anche il ministro Grilli:non sa quando sarà possibile farlo, però. «Per questo volevamo una piccola patrimoniale che permetta di abbassare le tasse sul lavoro».
Il ministro dice che la patrimoniale non fa parte del suo vocabolario… «E allora, visto che finalmente forse si arriverà a un accordo con la Svizzera sui soldi portati all’estero, perché non usiamo una parte di quelle risorse per ridurre il debito e una per stimolare i consumi, in funzione anticiclica? La mia critica al complesso delle manovre di questi cinque anni è di aver sempre assecondato il ciclo anziché provare a fare politiche anticicliche».
Perché non l’abbiamo fatto, secondo lei «Prima il governo Berlusconi ha sottostimato la crisi, e Tremonti pensava che le manovre fossero inutili perché tutto dipendeva dall’Europa. Poi Monti s’è trovato in una situazione talmente difficile che si è curato soprattutto del recupero di credibilità internazionale».
Qual è il suo giudizio sul governo Monti? «E’ arrivato che stavamo sull’orlo della bancarotta e ha fatto un’operazione europea di valore, anche se i risultati tardano a vedersi. Sul fronte interno ha sottovalutato la crescita, e poteva gestire meglio la riforma delle pensioni e quella del lavoro, che porta più problemi che vantaggi».
Da settembre ci sarà la fase duedella spending review… «Checché ne dica il governo, la fase uno è stata caratterizzata da tagli lineari. Ora bisogna capire se nella fase due si vuole assumere un processo selettivo di riorganizzazione della spesa pubblica. Perché ci sono settori come sanità, istruzione, ricerca su cui tagliare ancora diventa controproducente».
La Stampa 13.08.12