«La produzione non va fermata: l`azienda ha preso impegni chiari che possono essere monitorati. La vicenda dell`Ilva di Taranto però deve segnare una svolta per ritornare a politiche industriali che scongiurino lo scontro fra ambiente e lavoro». Stefano Fassina, responsabile economia del Pd, non commenta le decisioni della magistratura, ma «non prende nemmeno in considerazione la chiusura della fabbrica».
Fassina, lei sabato ha definito «irrituale e preoccupante» il provvedimento del giudice Patrizia Todisco. Oggi lo stesso Gip ha tolto al presidente Ferrante il ruolo di custode delle aree sequestrate.
«Noi non attacchiamo la magistratura: per noi diritto alla salute e diritto al lavoro sono entrambi irrinunciabili. Abbiamo espresso preoccupazione e chiesto chiarezza su una situazione che obiettivamente si sta complicando. Ora bisogna attendere le motivazioni del Tribunale del riesame di cui è noto solo il dispositivo. Dobbiamo fare ordine, provare a diradare la confusione. A nostro avviso la produzione non va fermata perché ci sono tutte le condizioni tecniche e di volontà dell`azienda per dare compatibilità ad ambiente, salute e lavoro.
Dopo l`intervento della magistratura tutti gli attori coinvolti, e in particolare il neo presidente Ferrante, hanno assunto pubblicamente l`impegno di realizzare le misure richieste riconoscendo gli errori commessi in passato dall`azienda. Si è costituito un tavolo istituzionale ad hoc, il governo ha emesso un decreto legge per la bonifica e una delibera del Cipe ha autorizzato il finanziamento di ulteriori interventi. C`è stata dunque l`assunzione di impegni chiari e monitorabili che devono evitare lo stop alla produzione».
Non pensa che la magistratura abbia avuto un ruolo di supplenza rispetto ad anni e anni di inerzia da parte di azienda, sindacati ed istituzioni?
«La magistratura ha svolto un intervento su problemi reali evidenziando carenze certamente gravi a vari livelli. Ma dopo il suo intervento c`è stata un`assunzione di responsabilità di tutti gli attori in gioco. Per questo pensiamo che la produzione possa continuare. E valutiamo positivamente l`iniziativa presa dal presidente Monti».
Il ministro Clini mette in guardia: lo stop all`I Iva favorirebbe i produttori cinesi da cui le nostre aziende si andrebbero a rifornire. Vede la geopolitica dietro al comportamento della magistratura?
«Assolutamente no. Le conseguenze dirette della chiusura però sarebbero un colpo insostenibile al tessuto produttivo del Mezzogiorno e di tutt`Italia perché avrebbero conseguenze sugli stabilimenti Ilva di Genova e Novi Ligure».
I comitati di Taranto però sostengono che i costi della bonifica siano così alti (20 miliardi) che l`azienda non se li accollerà mai e che tocca allo Stato pagarli…
«Quantificare i costi è quasi impossibile. Certamente la vicenda è ormai diventata una questione nazionale anche per il carattere sistemico della produzione di acciaio. Sono necessarie quindi politiche pubbliche per risolverla. Noi questo l`abbiamo sempre avuto presente, tanto che due anni fa tenemmo la Festa nazionale del Lavoro del Pd proprio a Taranto affrontando il tema e proponendo le soluzioni che oggi ribadiamo e oggi abbiamo costituito una task force composta dal dipartimento economia e dalle strutture locali del Pd. La vicenda dell`Ilva pone infatti il tema di un nuovo e indispensabile modello di sviluppo: la tensione forte tra diritto al lavoro e qualità dello sviluppo deve risolversi grazie a politiche pubbliche che evitino lo scontro».
L’Unità 13.08.12