Operai, badanti, infermieri, perfino prostitute: per colpa della crisi, gli immigrati lasciano l’Italia. A lanciare l’allarme è Giovanni D’Agata, fondatore dello Sportello dei diritti (www.sportellodeidiritti.org ) che rivela: «In quattro anni, si è ridotto di oltre tre quarti il numero di arrivi ed è aumentata notevolmente la quantità di partenze». Il motivo è sotto gli occhi di tutti: chi lascia il nostro Paese cerca di trovare un lavoro dignitoso in zone meno colpite dalla crisi economica, oppure chiede di essere rimpatriato nella propria nazione d’origine, dove negli anni magari le condizioni di vita sono migliorate. «Non è raro incontrare stranieri che affermano che, per loro, in Italia non è rimasto più neanche il lavoro nero», sottolinea D’Agata, puntando il dito sul ricco Nordest, che dopo essere stato per anni meta privilegiata di flussi di migranti in cerca di benessere, ora è il luogo da cui gli stessi stranieri scappano, strozzati dalla mancanza di lavoro e dalla povertà. «Il 20% di quella che era la comunità marocchina nella Marca trevigiana è già andato via — conferma Abderrahmane Kounti, presidente dell’associazione Atlas e mediatore culturale del carcere di Santa Bona — ma se si potesse recuperare almeno una parte dei contributi pensionistici versati in tutti questi anni di lavoro se ne andrebbe almeno l’80%». Per andare dove? «Chi è rimasto senza un lavoro o ha fatto tornare i familiari in Marocco o ci è tornato lui stesso, visto che il Paese è in via di sviluppo. Mentre altri sono andati verso il nord Europa alla ricerca di nuove possibilità», spiega Kounti.
I dati statistici per ora non «leggono» il fenomeno: secondo l’Istat al 1° gennaio 2012 gli extracomunitari regolari in Italia erano circa 3,6 milioni, e calcolando anche gli irregolari, si arriva a una stima di poco più di 5 milioni di stranieri sul nostro territorio. Non numeri da esodo di massa, insomma. Se però si va a guardare il saldo migratorio, cioè la differenza tra chi arriva e chi parte, qualcosa emerge: mentre tra il 2005 e il 2010 il saldo era mediamente di 330 mila unità, questa cifra è crollata a 102 mila tra il 2011 e il 2012. E anche prendendo in considerazione il numero di nuovi permessi rilasciati nel 2011, 361.690, si ha un elemento indicativo: sono il 40% in meno rispetto al 2010. Solo nel Nordest, i permessi di soggiorno rilasciati tra il 2010 e il 2011 per motivi di lavoro sono crollati del 65%. E i primi dati dell’ultimo censimento aumentano gli indizi di una fuga in atto dall’Italia: il 9 ottobre 2011 erano «scomparsi» un milione di stranieri rispetto all’iscrizione anagrafica.
Ma l’appeal dell’Italia sembra destinato a diminuire ancora: secondo un’indagine della Fondazione Ismu, in Lombardia, la regione che ospita un quinto degli immigrati in Italia, dieci stranieri su cento dichiarano l’intenzione di volersi trasferire entro 12 mesi. Proiettando questi dati a livello nazionale, ci ritroviamo con un esercito di 150 mila immigrati pronti a fare le valigie entro l’anno prossimo. Alcuni si appoggiano alla Rete italiana per il ritorno volontario assistito, che fa parte di un progetto cofinanziato dal Fondo europeo rimpatri e dal ministero dell’Interno. Nel 2012 gli stranieri che aderiranno al programma saranno appena un migliaio, ma «le richieste sono aumentate e i posti disponibili sono stati quintuplicati rispetto al 2009», sottolinea il fondatore dello sportello. Può darsi che qualche leghista esulti di fronte a questi dati, ma in realtà ci sarebbe da piangere: la fuga degli immigrati, è l’amara considerazione finale di D’Agata, «rischia di farci perdere preziosa forza lavoro».
Il Corriere della Sera 10.08.12