Un forte pregiudizio grava sul debito e fa apparire i debitori come dei viziosi e i creditori come dei virtuosi. La verità è che la responsabilità del debito deve essere ripartita in modo equivalente tra debitori e creditori poiché il debito non è stato imposto ai creditori; anzi, questi ultimi hanno spesso alimentato l’indebitamento per lucrare sui prestiti. Lo stesso John Maynard Keynes a Bretton Woods aveva proposto che ci fosse pari responsabilità tra debitori e creditori per contrastare gli squilibri finanziari con un impegno comune e con delle soluzioni solidali. Occorre perciò rovesciare una mentalità che ci sta facendo regredire verso una situazione precapitalistica in cui il debitore insolvente subiva torture e vessazioni oppure diventava schiavo del creditore. Nell’antichità il modo autoritario e violento di regolare i rapporti interpersonali comportava la paralisi dell’attività economica, non diversamente da quanto sta accadendo oggi tra gli Stati europei. La punizione dei Paesi debitori si è rivelata una strategia fallimentare che sta pregiudicando la ripresa dell’economia del Vecchio Continente.
La riduzione degli squilibri non può essere affrontata senza che ci sia un piano per lo sviluppo. Su questi temi sono state sollevate due questioni importanti che riguardano il finanziamento diretto delle imprese da parte della Banca Centrale Europea e la nazionalizzazione del debito pubblico per ridurre i tassi di interesse (Alesina e Gavazzi, Corriere della Sera).
In merito alla prima questione, che si ricollega all’esigenza di alimentare la ripresa economica attraverso un’adeguata offerta di moneta, non è chiaro in che modo la Bce possa finanziare direttamente le imprese, specialmente quelle piccole e medie in crisi di liquidità, senza passare attraverso l’intermediazione del sistema bancario. Su questo punto ci sembra utile richiamare l’esperienza di Hjalmar Schacht, ministro dell’Economia e Presidente della Banca Centrale del Terzo Reich. Schacht lanciò le obbligazioni Mefo, a circolazione interna, emesse da una compagnia statale concepita dal Terzo Reich per finanziare la ripresa economica tedesca senza gravare sul bilancio pubblico e senza stampare moneta. Gli effetti Mefo furono usati dagli industriali tedeschi come mezzo di pagamento tra loro senza che ci fosse una conversione rapida e massiccia in moneta, che avrebbe fatto aumentare il circolante e l’inflazione. La creazione di una moneta speciale per le imprese funzionò grazie alla fiducia che il regime hitleriano riscuoteva nel Paese e permise di rilanciare la crescita di un’economia in bancarotta. Oggi, se si volesse attuare un intervento analogo non si potrebbe naturalmente contare su questa “fiducia” (per fortuna). La Banca Centrale e i Governi europei dovrebbero esserne i garanti e bisognerebbe prevedere incentivi e disincentivi fiscali per scongiurare la conversione.
La nazionalizzazione del debito pubblico potrebbe consentire di ridurre lo spread, però, secondo i due economisti, l’esperienza del Giappone non è un esempio da seguire poiché da vent’anni l’economia di quel paese ha smesso di crescere. Eppure il Giappone ha un debito pubblico in rapporto al Pil doppio rispetto al nostro, beneficia di tassi di interesse molto più bassi e non viene attaccato dalla speculazione finanziaria. I tassi contenuti frenano l’incremento della spesa per interessi ed hanno perciò effetti positivi sulla politica di bilancio che può essere più espansiva. Ma i benefici di una nazionalizzazione del debito pubblico non si fermano qui poiché si avrebbe anche un maggiore controllo sui titoli e si potrebbe stabilizzarneilvalore, creando così le condizioni per usare tali titoli come strumenti di pagamento sul mercato interno. La possibilità che i titoli pubblici non costituiscano solo una riserva di valore ma possano essere utilizzati negli scambi e negli investimenti sostituendo la moneta non è stata compresa appieno sul piano teorico; sul piano pratico invece si era capito molto bene visto che con i titoli pubblici si pagavano anche le tangenti! Questa idea è stata presa in considerazione dal ministro dello Sviluppo Economico, Passera, per pagare il corposo debito della Pubblica amministrazione – circa 70 miliardi di euro – nei confronti delle imprese, ma è stata abbandonata in seguito alle perplessità della Ragioneria Generale. In conclusione, è urgente trovare delle soluzioni solidali per risolvere il problema del debito pubblico e per ridurre gli squilibri finanziari tra i vari paesi europei. Inoltre, in questa fase di scarsità di moneta nell’economia reale, dobbiamo ragionare anche su interventi non ortodossi, come la creazione di una moneta speciale per le imprese e la possibilità di utilizzare i titoli del debito pubblico come strumenti di pagamento. Ed è indispensabile definire una regolazione del settore finanziario che impedisca ad un numero limitato di grandi banche e fondi d’investimento di esercitare una vera e propria dittatura sui mercati e un’influenza sulla politica dei governi. Non si capisce perché, diversamente dal mercato del lavoro, la finanza non sia stata ancora sottoposta ad una nuova regolazione mondiale.
La Repubblica 09.08.12