Un messaggio al governo: con l’approvazione della spending review, la prossima settimana, i «compiti a casa» sono stati tutti fatti, si chiude la fase delle manovre e si deve aprire la stagione dello sviluppo, del sostegno all’economia reale. E un messaggio a chi lavora per impedire a chi vincerà le prossime elezioni di governare e quindi per rendere obbligata anche nella prossima legislatura la strada delle larghe intese: «Vedo che in molti ci stanno provando, ma resteranno vittime delle loro macchinazioni».
Chi ha parlato in queste ore con Bersani ha trovato il leader del Pd da un lato preoccupato per la situazione economica, dall’altro soddisfatto per l’intesa siglata con Vendola per un nuovo centrosinistra, «di governo», disponibile a promuovere con l’Udc un «patto di legislatura».
Il buon risultato con cui ieri ha chiuso la Borsa e il calo dello spread hanno fatto tirare il fiato, però dall’Europa arrivano ancora «parole forte e fatti deboli» e secondo il leader democratico, che in questo fine settimana si sta muovendo tra Feste del Pd a Pisa, Cassano Magnago, Varese, anche in Italia il rischio di un «avvitamento tra rigore e recessione» rimane alto. Per questo Bersani è convinto che il governo ora debba da un lato avviare un’iniziativa politica a livello comunitario per applicare le decisioni assunte a Bruxelles, dall’altro aprire anche in casa nostra una fase nuova.
Incontri a breve a Palazzo Chigi non ci saranno, ma i contatti con il governo sono costanti. E il messaggio indirizzato a Monti dal leader Pd è questo: «Non si possono chiedere altri sacrifici, i compiti a casa li abbiamo fatti. Con l’approvazione della spending review va chiusa la fase delle manovre e aperta quella del sostegno allo sviluppo, delle politiche industriali per dare un po’ di lavoro, senza trascurare il fatto che senza un welfare efficiente non ci può essere crescita».
Ora si deve voltare pagina e non a caso, nell’ambito delle attività del Pd, Bersani ha conferito a Marco Minniti l’incarico di «Responsabile per la verifica dell’attuazione del programma del governo».
Ora serve un cambio di fase, è il ragionamento del leader Pd, perché altrimenti si lascia girare a pieno ritmo anche da noi quella «macchina infernale» vista all’opera in Grecia e Spagna, che «devono stringere sulla finanza pubblica, sul welfare e approvare manovre e ancora manovre, che provocano recessione e fanno crescere i fenomeni di rifiuto, di ribellione e i populismi di chi ritiene che non c’è più destra e sinistra».
A complicare le cose, da noi, c’è anche il fatto che a fianco di questi «populismi» si vedono all’opera movimenti per obbligare alle larghe intese anche nella prossima legislatura. Di fronte a un Pdl allo sbando e a una Lega che fatica a risollevarsi, sono questi fautori della grande coalizione anche nel 2013 i veri avversari da battere.
Dopo l’«eccezionalità» del governo Monti, sostiene Bersani, si deve tornare a un confronto bipolare, e dopo le prossime elezioni, «serve una maggioranza politica univoca, che prenda una strada e la percorra fino in fondo». Tanto che a chi gli domanda se ritenga possibile un Monti-bis, il leader Pd risponde in questo modo: «Se Monti fa outing e dice “sono del Pd”, ammazziamo il vitello grasso».
E gli impegni europei? «Non servono le larghe intese per mantenerli, non c’è bisogno di un governo di unità nazionale. Una destra che parla di ritorno alla lira non dà alcuna garanzia. È il centrosinistra che è sempre stato un pilastro del patto europeo».
La strategia di Bersani per sbarrare la strada alle larghe intese passa per l’approvazione di una legge elettorale che garantisca la governabilità con un premio sostanzioso, ma anche per la definizione di una coalizione «non settaria» e chiamata a rispettare impegni vincolanti in Parlamento.
Da qui l’intesa con Vendola e il lavoro per arrivare a un «patto di legislatura» con Casini, le primarie per dare una forte investitura popolare al candidato premier, l’apertura al mondo dell’associazionismo laico e cattolico che ora si gioca sul piano della discussione della «carta d’intenti» e poi in una rappresentanza nelle liste elettorali.
l’Unità 04.08.12
Ma siccome vincere le elezioni non basta per avere la certezza di «percorrere la strada fino in fondo», Bersani chiede anche ai futuri alleati di siglare precisi impegni vincolanti: sostenere per tutta la legislatura l’azione del premier, affidargli la responsabilità di formare il governo, decidere con un voto a maggioranza come dovranno esprimersi in Aula i gruppi che sostengono l’esecutivo.