«La salvezza di Valter Lavitola è la salvezza del mio cliente», disse uno degli avvocati dell’ex premier Silvio Berlusconi per sostenere la necessità di incontrare in Argentina Valter Lavitola. In quel momento l’ex direttore ed editore dell’Avanti! era latitante nell’inchiesta sui soldi versati all’imprenditore barese Giampaolo Tarantini per conto dell’allora presidente del Consiglio. E stava cercando di spillare al Cavaliere 5 milioni attraverso l’uomo d’affari italo-argentino Carmelo Pintabona, facendo leva sul timore che Berlusconi aveva di possibili segreti custoditi da Lavitola. Ora nei confronti di Lavitola e Pintabona è stata emessa, su richiesta della Procura di Napoli, un’ordinanza cautelare per estorsione aggravata ai danni di Berlusconi. Ma nell’inchiesta, con l’accusa di induzione dell’imputato a mentire (senza essere destinatari di richieste di provvedimenti restrittivi) entrano anche due penalisti: Eleonora Moiraghi, sostituto processuale di uno dei difensori di Lavitola, e Alessandro Sammarco, uno dei legali storici di Berlusconi.
Nella ricostruzione della Procura, gli avvocati Moiraghi e Sammarco «avrebbero tentato di avere contatti con il Lavitola e addirittura di raggiungerlo quando era a Buenos Aires». Appuntamento destinato a un «interrogatorio difensivo» di Lavitola ma che, secondo i pm, aveva «l’evidente scopo di far desistere Lavitola dal suo proposito estorsivo» o a fargli rendere dichiarazioni false. La sorella di Lavitola, sentita come teste, racconta di aver appreso dall’avvocato Gennaro Fredella, difensore del giornalista insieme all’avvocato Gaetano Balice, che l’avvocato Sammarco «qualificandosi quale legale di Berlusconi gli riferì che aveva la possibilità di offrire la salvezza a Valter Lavitola perché la salvezza di Lavitola era la salvezza del suo cliente». Circostanza che, a giudizio dei magistrati, è stata «sostanzialmente confermata» dall’avvocato Fredella, sentito come teste. Gli avvocati Balice e Fredella si opposero al viaggio in Argentina, dove poi si sarebbe recato il solo avvocato Moiraghi anche se l’avvocato Sammarco aveva acquistato entrambi i biglietti pagando 6 mila euro in contanti. Di che cosa aveva paura Berlusconi? «Non si può escludere che Lavitola effettivamente ritenga, sulla scorta dei segreti di cui è depositario, di poter ricattare Berlusconi ». E la sorella di Lavitola, sentita come teste, racconta di un messaggio inviato a Berlusconi via mail o per fax: un biglietto aereo per l’Italia con scritto: «Torno e ti spacco il culo». Agli atti è allegata poi una lettera estratta dal computer di un altro testimone, il manager Marco Velocci, che sarebbe stata scritta da Lavitola per Berlusconi. «Carissimo dottore, in primis le confermo che può contare sulla mia amicizia e lealtà come sempre», si legge. Poi prosegue: «Quando questa storia sarà chiarita, qualcuno me la pagherà sul serio…. l’unica cosa che non consentirò è che anziché essere considerato un amico disposto a sacrificarsi senza aver mai ottenuto nulla, venga qualificato come un piccolo truffatore che approfittava della sua fiducia».
A Lavitola l’ordinanza è stata notificata nel carcere di Poggioreale dove è rinchiuso dal 16 aprile.
Pintabona è stato arrestato a Palermo, dove ieri i pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, titolari con il procuratore aggiunto Francesco Greco dell’indagine della Guardia di Finanza, hanno incontrato anche il procuratore aggiunto Antonio Ingroia.
La Repubblica 04.08.12