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"Bologna trentadue anni dopo. Il ricordo viaggia in un tweet", di Giuliana Sias

«Mia zia avrebbe dovuto iniziare a lavorare in Stazione, quella mattina, ma non andò. Fu inserita nella lista dei dispersi». Questione di mezz’ora, di un piede rotto oppure di uno sciocco imprevisto. Storie al condizionale passato che sono sospiri di sollievo strozzati verso la fine, visto che «pensarci è un dolore riflesso, per chi non ebbe la nostra fortuna». A trentadue anni dalla strage di Bologna, la sfida è quella al ricordo indotto, al racconto del racconto che scivola da una generazione all’altra e lentamente diventa Storia. In occasione dell’anniversario dello scoppio della bomba fascista alla stazione Centrale, sotto le Due Torri ci si è domandati in quale modo continuare a raccontarlo, quel 2 agosto. Quello del 1980 in cui rimasero uccise 85 persone. Quello delle 10.25, che chiunque passi da qui può ancora vederlo, fermo, inchiodato all’orologio che si affaccia su Piazza Medaglie d’Oro.

La risposta del Comune di Bologna alle negligenze della mente, e dell’Italia e spesso della politica, è stata un blog, visitabile sul web all’indirizzo «dueagosto.tumblr.com». Le immagini di repertorio e i file audio dei giornali radio. Le prime pagine dei quotidiani e le storie di ogni singola vittima. Ma anche quelle di chi, in un modo o nell’altro, sente d’averla scampata. Un racconto lungo e in continuo divenire che assomiglia ad un gioco ad incastro.

Una specie di tetris in cui ad ogni blocco corrisponde la storia di una vita spezzata oppure quella di un sopravvissuto. Blocchi che tuffandosi l’uno nell’altro formano una base solida, compatta, a partire dalla quale costruire una nuova memoria condivisa. Chiara ricorda che il padre fuggì alla strage per una mezz’ora, appena trenta minuti e probabilmente tutto sarebbe stato diverso. Lucio, invece, scrive che il suo, di padre, quel giorno avrebbe dovuto portare un treno a Bologna «ma non partì mai dalla Stazione di Venezia».
Simone da Milano all’epoca aveva solamente tre anni e non ricorda niente. Ma sa che assieme alla sua famiglia si trovava lì, vicino a quei binari maledetti, un’ora prima che scoppiasse l’inferno: «Una coincidenza della quale ho saputo molto più tardi». I messaggi provengono tutti da Twitter, dove nell’ultima settimana numerosi utenti hanno utilizzato gli hashtag «ioricordo» e «2agosto1980», contribuendo in questo modo ad arricchire di racconti spontanei il blog dedicato alla Strage, nel quale vengono quotidianamente linkati.

A scegliere, per tutti, furono il caso, il destino e la sorte. Un appuntamento sbucato fuori all’ultimo minuto, un improvviso cambio di programma. Quel giorno, la differenza tra l’avere un largo anticipo e l’essere arrivati in ritardo fu incolmabile. Fece una differenza enorme, l’essersi allontanati per un momento, solo uno, per andare a prendere un caffè oppure, da tassisti, l’aver timbrato per il turno 8-20.

È questo il filo che lega le storie di chi c’è ancora a quelle di chi non c’è più. Un filo speciale, di quelli che non si spezzano, che racconta al resto del Paese che nel migliore dei casi, alla strage di Bologna e a quella miscela di tritolo e T4 piazzata all’interno di una valigia nella sala d’aspetto di seconda classe, si è sopravvissuti. Ad esempio c’è Gabsy che all’epoca aveva 7 anni e che quel giorno sarebbe dovuta partire in vacanza con la madre, «ma lei si ruppe il piede 3 giorni prima e così rimanemmo a Bologna».

E c’è Simone, che ricorda della moglie Anna, bolognese: «Doveva andare in stazione per fare un biglietto. Ritardò di 30 minuti per un appuntamento mancato». E ancora Marco, che scrive: «Mia madre non prese il solito Bologna – Reggio Calabria perché incinta all’ottavo mese», e Chiara, che invece racconta: «Mia madre doveva prendere quel treno ma poi l’uomo che ora è mio padre si offrì per accompagnarla in auto».

Oppure c’è chi aveva dieci anni ed era partito per le ferie il giorno prima, da quella stessa stazione che «poi era sul giornale, dilaniata». Della maggioranza dei tweet è autore un giovane che si fa portavoce di una storia spesso non vissuta in prima persona ma comunque intima. Lo spiega bene «Warrior» quando scrive che «mia madre quel 2 agosto era in un bar vicino alla stazione, ha assistito a tutto. Per lei, come per tutti qua da me, è un giorno importante». Per lei come per tutti.

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