La crisi è profonda. E purtroppo non riguarda solo Taranto e la sua Ilva, di Fiat, Alcoa. A luglio è salito a 131 il numero delle vertenze che vengono discusse con maggiore frequenza al ministero dello Sviluppo economico (erano 109 a gennaio 2011) per un totale di 163.152 lavoratori coinvolti (135.839 a gennaio 2011), secondo i dati riportati dallo stesso Mise. Questo quanto emerge da un dossier della Cgil. Cifre è l’allarme della Cgil «che stanno crescendo vertiginosamente, se si considerano gli innumerevoli altri casi di crisi aziendali non ancora giunte al Ministero, ma già avviate a livello territoriale che contribuiscono a mettere in ginocchio il tessuto industriale ed occupazionale di intere Regioni». Per la Cgil «occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico, che non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali». Sono tante, troppe, le crisi industriali che in lungo e in largo attraversano tutto lo stivale. «Dal 2009 ad oggi oltre 30mila imprese hanno chiuso i cancelli lasciando a casa intere famiglie» dice ancora la Cgil, in un dossier «Industria: la crisi non va in vacanza». «Siamo ormai al quarto anno di Cassa integrazione, un ammortizzatore sociale del quale ad oggi usufruiscono circa 500mila lavoratori che, in media, hanno visto diminuire il proprio reddito di circa 4mila euro. Dunque, un quadro decisamente preoccupante quello che si è delineato in Italia sotto tutti i punti di vista e che rende necessario e urgente, come ribadito sempre più spesso in questi mesi dalla Cgil «un disegno di politica industriale con al centro gli investimenti e l’innovazione» senza il quale «c’è solo il perdurare della recessione». «Il governo deve cambiare rotta e indirizzarla verso lo sviluppo e la crescita, ossia verso la creazione di lavoro, che rimane la vera emergenza del paese. Al contrario tutti i provvedimenti varati fin’ora dall’esecutivo basati su tagli lineari non hanno fatto altro che colpire lavoratori, giovani e pensionati, ossia quelle persone già messe a dura prova dalla crisi economica». Per la Cgil infatti «il decreto sviluppo non è all’altezza della gravità della crisi, serve un deciso cambio di rotta, in netto contrasto con le politiche rigoriste e recessive fin qui adottate». Non c’è solo Taranto si diceva. Tra le varie vertenze che investono la siderurgia e la metallurgia, tre in particolare meritano attenzione. La prima è quella che coinvolge l’Eurallumina. E per la quale si attende una svolta. Nello stabilimento sardo di Portovesme si aspettano novità per quanto riguarda la realizzazione degli investimenti utili alla riduzione dei costi dell’energia, condizione necessaria per permettere ai 530 lavoratori tra diretti e indiretti di passare dalla cassa integrazione in deroga a quella straordinaria per ristrutturazione, aprendo così una prospettiva occupazionale per gli operai. I maggiori nodi da sciogliere sono quelli riguardanti la produzione di vapore, il piano per la riattivazione degli impianti e gli investimenti. La seconda riguarda sempre la Sardegna e investe Alcoa. Dopo il ritiro delle annunciate procedure di mobilità con l’accordo raggiunto il 27 marzo scorso, si è aperto un percorso per la possibile cessione ad altre società dello stabilimento di Portovesme. Nella vicenda che riguarda circa mille lavoratori tra diretti e dell’indotto, trai nodi da sciogliere affinché possa avvenire la cessione dell’attività ci sono anche i costi delle bonifiche ambientali e quelli dell’energia, oltre alle garanzie occupazionali. E poi c’è tutta la vicenda che riguarda la Lucchini. Attualmente alle acciaierie Lucchini della Severstal per i 1.943 lavoratori si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà per 12 mesi. I dipendenti lavorano in media 28 ore settimanali, in alcuni casi limite si arriva a 24. L’80% delle 12 ore non lavorate viene integrato dall’Inps e anticipato in busta paga dall’azienda. Per quanto riguarda l’altoforno di Piombino l’azienda ha annunciato la fermata per tutto il mese di agosto e una più breve a dicembre, che con molta probabilità significherà l’apertura della Cig. Anche in questo caso le criticità sono relative agli effetti finanziari e industriali. Quarto anno di cassa integrazione per circa 500mila lavoratori In media hanno visto diminuire il proprio reddito di circa 4mila euro
L’Unità 29.07.12