Al Senato non fanno breccia gli emendamenti per evitargli il declassamento tra gli Ata e la penalizzazione previdenziale. Cisl: mandiamoli in pensione coi vecchi requisiti. Flc-Cgil: così si mortificano, servirebbe la dispensa dal servizio. Anief: impieghiamoli nelle biblioteche scolastiche. Lo Stato invece li metterà a sbrigare pratiche. Mentre il Governo per i 3.500 pensionandi rimasti bloccati dalla riforma Fornero sembra aver trovato i fondi per concedere la deroga e salvare quelli che con il servizio fino ad agosto raggiungeranno “quota 96”, la commissione Bilancio del Senato sembrerebbe aver respinto l’emendamento che diversi schieramenti politici avevano chiesto di per salvare dal depennamento tra gli Ata di una quota analoga di docenti non più inidonei all’insegnamento.
Durante la giornata è stato così un crescere di comunicati sindacali, che tanto avevano spinto verso i parlamentari perché caldeggiassero l’emendamento salva idonei. Tutti colmi di delusione verso un governo insensibile per questa fetta di lavoratori che se trasferita d’ufficio tra gli Ata rischierebbe fortemente di aggravare le proprie problematiche di salute: se, infatti, un docente ha dei problemi a insegnare la materia che dovrebbe conoscere, per la quale ha acquisito un’abilitazione e vinto un concorso, come potrebbe trovarsi quando a settembre verrà posto dietro ad una scrivania ad occuparsi di pratiche didattiche o amministrative? Come se non bastasse, il passaggio tra il personale non docente produrrebbe anche riflessi negativi sull’assegno di pensione, poiché i contributi che lo Stato verserebbe sarebbero inferiori agli attuali.
Secondo Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, i segnali negativi che arrivano da Palazzo Madama confermerebbero una sorta di “accanimento sui docenti inidonei per motivi di salute. Non basta l’inquadramento forzoso in mansioni di tipo amministrativo, nei loro confronti è in atto una vera e propria discriminazione anche in materia previdenziale. Non si capisce perché il Governo si ostini a negare quello che consentirà a tutti i lavoratori pubblici in esubero, ossia la possibilità di andare in pensione in base ai requisiti precedenti la riforma Fornero. Sarebbe il minimo dovuto a chi ha rinunciato, a suo tempo, al diritto di andare in pensione per inabilità”. Il sindacalista rende pubblica una versione che se confermata avrebbe del clamoroso: il governo avrebbe “timore di dover sostituire con supplenti eventuali docenti inidonei che cessino dal servizio. Chi sostiene questa tesi, a dir poco stravagante, evidentemente non sa di cosa parla: mai e poi mai – sottolinea Scrima – si potrebbe ipotizzare la sostituzione di personale che non è più all’opera come docente ed è per questo collocato fuori dai ruoli. Ci auguriamo che equivoci così grossolani siano presto chiariti”.
L’appello della Cisl è anche quello della Flc-Cgil. Che tramite il suo segretario generale, Mimmo Pantaleo, per gli inidonei ha chiesto “la necessità di attivare la dispensa dal servizio. Non si può tollerare che si utilizzano docenti con gravi problemi di salute, accertati da visite fiscali, in funzioni di servizi amministrativi. Oltre a mortificare la dignità di quei docenti, la conseguenza – sostiene Pantaleo – sarebbe licenziare 3.500 lavoratori precari attualmente occupati da tanti anni in quelle mansioni creando ulteriori forti disfunzioni nel funzionamento delle scuole”.
Per l’Anief la soluzione sarebbe a portata di mano: impiegare questi lavoratori non più in grado di insegnare nelle “biblioteche esistenti nelle sedi di direzione degli istituti scolastici, dove quasi sempre il patrimonio culturale e librario non viene valorizzato proprio per mancanza di personale”. Una soluzione, quella prospettata dall’Anief, che non minerebbe nemmeno più di tanto la dignità degli inidonei. I quali rimarrebbero comunque nelle scuole, ma mantenendo un ruolo più vicino a quello primario: operare per gli studenti.
La Tecnica della Scuola 27.07.12