attualità, politica italiana

"E' l'ora di una grande politica", di Alfredo Reichlin

L’Italia non si farà travolgere dalla speculazione finanziaria. Siamo un grande paese in grado di difendersi in questa lotta feroce innestata (non dimentichiamolo) dalle convulsioni di un sistema che è potente ma non più in grado di governare il mondo. La sinistra deve assumere le nuove ì responsabilità e una più alta coscienza di sé. La proposta politica del Pd è forte perché prima di tutto è un appello alle risorse profonde del Paese, e sono grandi come dimostrano tante cose tra cui la magnifica risposta
dell’Emilia al terremoto. È una chiamata alle armi delle forze democratiche, non solo di sinistra. Ma è anche una scommessa sulla forza e sulla coesione di un partito che deve reggere al peso di ardue responsabilità. C’è poco da dire, siamo noi che garantiamo già oggi in larganparte la tenuta del Paese. È da decenni che io non ricordo un peso che una responsabilità così grandi. Dobbiamo quindi essere molto chiari. Dalla strada del rigore sui conti pubblici e del risanamento dello Stato non si può tornare indietro. Il vecchio Stato italiano non regge da ben prima dell’avvento di Monti. E non regge non solo perché è inefficiente e clientelare, ma perché è esposto alle scorribande di poteri sconosciuti e di disegni eversivi. A cui si aggiunge il fatto che il suo sistema economico è gravato da un coacervo di «consorterie» dove si annida una troppo grande corruzione. Mi pare anche chiaro il senso degli attacchi a Napolitano. È il vertice della Repubblica che si vuole colpire perché sta lì la garanzia
non solo dell’unità nazionale ma delle libertà democratiche. Si tocca l’indipendenza e il prestigio delle istituzioni. Chi getta fango non è innocente.
E alla luce di questa visione del Paese e del nostro rapporto con l’Europa che io misuro il ruolo che ha svolto il governo Monti. Il Professore ha difeso gli interessi nazionali. Non è poco.Ma è su questa stessa base che io misuro anche i limiti e gli errori di questo governo.
Non sto almanaccando sulle combinazioni politiche e future. Il problema che pongo è se non sia giunto il momento di avviare una discussione più chiara sul «dove andiamo».
Che cosa intende il governatore della Banca d’Italia quando ci dice che su 500 punti di divario dai titoli tedeschi solo 200 sono colpa dei nostri guai? E gli altri da dove vengono?
Qui sta il problema. Un problema che i tecnici esitano a chiamare con il loro nome, ma che investe in pieno la responsablità della politica.
La quale, più le cose si complicano, non può sottrarsi al compito di mettere in campo un’idea chiara sul dove va questo Paese e quindi il perché dei sacrifici necessari.
Capita anche ame di partecipare ai dibattiti e agli incontri popolari. È lì che si tocca con mano il fatto più inquietante. Che non è solo o tanto l’impoverimento del Paese ma è il carico di sfiducia che si è accumulato, è l’oscuramento del futuro, soprattutto per i figli. È un
senso di smarrimento e di paura. Un partito
che vuole governare l’Italia non può non partire
da qui, non può stare in attesa della signora
Merkel. Il primato della politica, la sua funzione
storica sta nell’indicare una prospettivaprospettiva.
Questo io penso. Insieme alle giuste proposte
immediate che sono in campo, bisogna
cominciare a indicare quelle che sono le vie
nuove e le condizioni, non solo economiche,
dello sviluppo per un Paese come il nostro in
una possibile trasformazione dell’Europa.
Concordo con molte idee esposte su questo
giornale da Roberto Gualtieri.
La nostra arma più grande è dare un’anima
al movimento politico e ideale che si raccoglie
intorno ai partiti socialisti e democratici.
Ma al di là delle proposte istituzionali e dei
dialoghi politici è necessario mettere in campo
un movimento reale più profondo che cominci
a farsi popolo. E dico popolo non perché
pensi che si possano annullare le grandi
diversità che solcano il vecchio continente,
ma perché confido in un salto, come avvenne
negli anni Trenta con la formazione di una
coscienza antifascista europea. Non impedì
la guerra ma fu quella passione antifascista
che spinse anche i civili a prendere le armi e a
vincere. Ecco cosa intendo quando parlo della
prospettiva di dare un nuovo orientamento
collettivo a grandi masse, spingerle a schierarsi.
Non dobbiamo avere paura di dire che dopotutto
l’Italia non è solo un grande Paese
ma uno dei popoli che hanno fatto la storia
del mondo.Èil luogo dove sono nate due civiltà
universali: Roma e il Rinascimento. L’Italia
non è misurabile col rating di un’agenzia
americana che agisce per conto di determinate
grandi banche che manipolano il movimento
dei capitali e falsificano persino il tasso di
riferimento per i mercati interbancari. Si tratta
di uno scandalo enorme. Riguarda operazioni
il cui valore complessivo ammonta a migliaia
di miliardi di dollari. Non c’è bisogno di
essere un esperto per capire quali poteri sono
in gioco. E quindi perché l’Euro è sotto
attacco ed è così ostacolato il progetto di trasformare
l’Europa in un soggetto politico unitario
con una moneta forte. Sarebbe una rivoluzione.
Verrebbero rimesse in discussione
tante cose. Sono solo accenni, mi rendo conto.
Ma al fondo c’è una esigenza fondamentale.
Quella di dare un nuovo orizzonte alla sinistra
europea. Spingerla a prendere atto che
viviamo nell’epoca del «capitalismo globale».
Una forza che finanzia e guida anche nuovi
grandi processi di sviluppo ma tende (questa
è la sua logica) a rompere la trama su cui si
sono sviluppati finora i diritti politici e sociali.
La trama degli Stati sovrani, delle istituzioni
rappresentative, dei corpi intermedi, di tutto
ciò che è innervato le società fino a ieri.
Dunque? Dunque bisogna prendere atto che
questo è il terreno nuovo della lotta, quello
sul quale si definiscono le forze del progresso
e quelle della reazione.Eallora?Eallora bisogna
aggiungere che questo apre anche nuove
prospettive. Perché è così che si sta creando
anche una mondializzazione della società
umana. Cresce ovunque la coscienza sociale
e con la consapevolezza delle interdipendenze
nasce il bisogno di nuove forme di associazione
e di rappresentanza democratica, e
quindi il bisogno di una politica più lungimirante
e più aperta che sia garante della libertà
degli uomini di esprimere le proprie capacità
creative e di darsi un futuro, un destino.
Questo è il tema su cui un nuovo partito
europeo dovrebbe cominciare a muoversi. È
il tema del ruolo civile dell’Europa rispetto
alla dittatura del denaro fatto col denaro. È
l’orizzonte su cui pensare la ricostruzione
dell’Italia.

l’Unità 24.07.12