Se c’è qualcosa di utile nell’escalation della crisi, questo è l’avere mostrato che le misure adottate al vertice europeo del 29 giugno non sono in grado di evitare il peggio. La Spagna, come candidamente riconosciuto dal governo, a queste condizioni non è in grado di finanziare il suo debito pubblico. L’Italia è messa meglio perché grazie all’azione del governo Monti è oggi percepita meno a rischio della Spagna ed ha gestito meglio le sue aste di titoli. Ma è chiaro che uno spread che non solo non si riduce, ma addirittura si allarga, nonostante una manovra di più di 80 miliardi, è socialmente insostenibile e neanche troppo alla lunga. È bene esserne consapevoli: lo scudo antispread accolto in Italia trionfalmente non può funzionare. Non tanto perché la Corte Costituzionale tedesca si pronuncerà a riguardo a settembre, quanto perché non ha la potenza di fuoco per invertire le aspettative dei mercati. Il nuovo fondo ha in dotazione solo 60 miliardi in più di quello già esistente. Anche quando il nuovo fondo diventasse operativo, sarebbe un invito a nozze per chi scommette sul fallimento dell’Euro, pronto a testare i limiti evidenti nell’azione del fondo. Ciò che può, nei tempi impostici dai mercati, scoraggiare questi comportamenti, è solo l’intervento della Banca Centrale Europea. È l’unica istituzione che ha, sulla carta, possibilità di intervenire senza limiti acquistando titoli dei paesi in difficoltà. Ha l’autorità e l’indipendenza per farlo perché è in discussione l’esistenza stessa dell’Euro. Basterebbe l’annuncio da
parte della Bce di un intervento massiccio, incondizionato nel caso in cui Spagna e Italia non fossero in grado di finanziarsi, a rendere in gran parte non necessari questi acquisti.
Mario Draghi ha oggi la maggioranza nel board per operare in questa direzione. Bisogna che la sua azione sia accompagnata da impegni cogenti dei governi che potenzialmente beneficeranno dei suoi interventi. Ciò che davvero ostacola l’iniziativa dell’Eurotower è il timore degli elettori dei paesi con la tripla A, che i governi che beneficeranno del sostegno della Bce interrompano i piani di rientro del debito. È un timore comprensibile. Anche l’opinione pubblica italiana ha reagito alle notizie sulla crisi del debito della Regione Sicilia temendo che gli aiuti che verranno concessi vengano utilizzati a Palazzo dei Normanni per continuare a tenere a libro paga di “mamma Regione” qualcosa come il 10% degli occupati nell’isola spesso in servizi privi di alcuna utilità sociale, anziché utilizzare le risorse per ridurre il debito.
Cosa si può fare per rassicurare gli elettori dei paesi con la tripla A? Innanzitutto smetterla di prendersela con Angela Merkel che ha, in realtà,
mostrato una certa duttilità nel proporre una via d’uscita e che continua a godere della fiducia di tre quarti dei tedeschi. Il Cancelliere sostiene, a ragione, che non può esserci solidarietà senza controllo, che non possono esserci interventi verso i Paesi deboli senza che questi cedano sovranità. Il punto è proprio questo: definire quali tipi di cessione di sovranità possano rassicurare gli elettori dei paesi con la tripla A risultando al tempo stesso accettabili nei paesi che hanno perso ogni A nei rating. Non si tratta tanto di definire nuove regole di bilancio più stringenti a livello europeo, ad esempio il voto dei Parlamento Europeo sui bilanci dei paesi coinvolti. Queste regole sono facilmente aggirabili dalla politica, come si è visto in Europa con il Patto di Stabilità e Crescita.
Quello che serve è creare le condizioni per cui in futuro il fallimento di uno Stato, anche grande, non metta in discussione le sorti dell’intera Unione Europea. I paesi devono poter fallire, come può fallire la California o lo stato di New York e nessuno si aspetta che Washington intervenga in loro aiuto. Il fatto è che quegli stati possono fallire senza che le loro banche chiudano, senza che i poveri smettano di ricevere assistenza sociale, senza che i dipendenti pubblici che perdono il lavoro possano cercare lavoro in altri Stati. Sono queste cessioni di sovranità – la gestione europea della sorveglianza bancaria, l’assistenza sociale di ultima istanza gestita dalla Ue, la rimozione di molte residue restrizioni alla mobilità della manodopera fra paesi – quelle che potrebbero rassicurare i cittadini con la tripla A senza spaventare quelli dei paesi del contagio. Perché si vada in questa direzione è oggi necessario che i leader europei con investitura popolare più recente, Hollande e Rajoy, preparino le loro opinioni pubbliche a questa evenienza. È anche fondamentale che da noi di questo si parli, anziché aspettare un intervento tedesco che non verrà mai se non ne prepariamo le condizioni. Continuo a sentire appelli a sostenere l’agenda Monti. Fondamentale assicurare gli investitori sulla continuità dell’azione di risanamento dei conti pubblici intrapresa da questo esecutivo. Ma ancor più importante che il governo e i partiti che lo sostengono si pronuncino su quale deve essere la divisione dei compiti fra istituzioni sovranazionali europee e governi nazionali che ci potrà portare fuori dalla crisi dell’Euro.
La Repubblica 23.07.12