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"Rischio Italia Monti acceleri", di Paolo Guerrieri

È stato un venerdì nero per la moneta europea, col crollo verticale delle Borse, gli spread alle stelle, gli investitori esteri e europei che hanno accelerato il loro esodo dalla zona euro. La Spagna, in particolare, ha vissuto una delle peggiori giornate sui mercati finanziari negli ultimi anni e ora rischia di finire commissariata, trascinando con sé anche l’Italia.
E sì che il tanto temuto mese di agosto deve ancora cominciare. Il commento più diffuso è stato che questa tempesta di vendite sia avvenuta nonostante il varo da parte dell’Eurogruppo del piano di salvataggio, fino a 100 miliardi di euro, per le banche spagnole. In realtà, è proprio questa decisione che può aver provocato il tonfo delle Borse e dei mercati dei titoli spagnoli e italiani, in quanto ha vanificato le residue speranze degli investitori in decisioni più efficaci e coraggiose da parte dei paesi della eurozona. Va ricordato come il summit europeo di fine giugno avesse illuso molti – e per un po’ anche i mercati – che le misure varate fossero finalmente il riconoscimento da parte dell’Europa della natura sistemica della crisi dell’euro. Quest’ultima non era dunque imputabile solo agli eccessi di debito e spesa dei Paesi della periferia meridionale. Quanto avvenuto nelle ultime due settimane e alla riunione dell’Eurogruppo dell’altro ieri, ha ridimensionato fortemente la portata di quelle decisioni, sia in riferimento agli aiuti diretti alle banche sia allo strumento cosiddetto salva spread. Anche le posizioni di molti Paesi, tra cui la Germania, a favore di una soluzione a lungo termine in chiave di più integrazione dell’Europa (sul piano fiscale, bancario e anche politico), al centro del Rapporto che sta coordinando il Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, rischiano di rimanere vuote promesse, ponendosi in aperto contrasto con scelte di breve periodo, tardive e insufficienti, quali quelle effettuate ieri l’altro. Il risultato è che l’Eurogruppo continua a non avere una strategia efficace e coerente per contrastare la crisi, al di là delle fallimentari politiche di austerità fin qui perseguite.
Una prima seria conseguenza riguarda la Spagna, una delle quattro grandi economie dell’Eurozona. Alla luce degli andamenti più recenti potrebbe non bastare più l’intervento a favore delle banche spagnole. È infatti probabile che a questi tassi (7%) il governo di Madrid finirà per perdere l’accesso al mercato dei capitali e in assenza di una rete di salvaguardia di liquidità europea (il meccanismo salva spread) si vedrà costretto a ricorrere ai finanziamenti e alle cure dell’Eurogruppo, al pari di quanto avvenuto per la Grecia, il Portogallo e l’Irlanda. Serviranno a questo scopo molto di più dei 100 miliardi già stanziati, ponendo problemi seri alle finanze del nuovo fondo Salva stati (ESM), peraltro fino al 12 settembre ancora sotto scrutinio della Corte costituzionale tedesca. A quel punto, è evidente che problemi altrettanto seri si porranno per l’Italia, come si è già visto lo scorso venerdì con l’impennata degli spread e dei tassi di interesse dei nostri titoli. Si dice spesso che l’Italia ha fondamentali più robusti e solidi di Madrid. È vero. Ma se la Spagna dovesse finire col chiedere aiuto all’Europa, tutto ciò difficilmente potrà evitarci l’effetto contagio e la firma, anche da parte nostra, di un vessatorio protocollo di assistenza. Oltre a vantare il terzo più elevato stock di debito nel mondo, il nostro Paese condivide oggi con la Spagna quella camicia di forza, impostale dalla cura dell’Eurogruppo e della Germania, in particolare, chiamata trappola dell’austerità. È un circolo vizioso in cui una volta entrati si rischia un peggioramento del deficit e dello stock di debito pubblici a causa degli effetti recessivi indotti dalle politiche di austerità, così da vanificare larga parte dei potenziali miglioramenti legati a queste stesse politiche. A quel punto lo spread può aumentare senza sosta, imponendo nuove misure restrittive e chiudendo il circolo vizioso. La drammatica deriva greca – che minaccia da vicino l’economia spagnola – al di là delle peculiarità del Paese è nata proprio così. Tanto più che la recessione si prolungherà in Spagna e Italia anche per tutto il 2013 e non si scorgono per ora segnali a medio termine di miglioramento, al di là di vaghi e confusi auspici.
È necessario un grande sforzo da parte di tutti nei prossimi mesi per scongiurare la drammatica eventualità di un drastico peggioramento delle condizioni economiche e un commissariamento del nostro Paese. A cominciare, in primo luogo, dal governo, che può e deve fare di più per fronteggiare l’attuale fase di emergenza. In primo luogo sul fronte europeo, dal momento che non possiamo salvarci da soli. Va dunque intensificata la pressione sugli alti Paesi, a partire dalla Germania, perché venga perseguita con più forza e in varie direzioni l’obiettivo dichiarato da tutti di una maggiore integrazione, cercando di valorizzare l’originario contenuto dei due provvedimenti varati nel summit di fine giugno – aiuto diretto alle banche e fondo salva spread – che sono per noi fondamentali, pur se per ragioni diverse.
Poi c’è il fronte interno. È giusto preoccuparsi dei futuri assetti istituzionali e dei programmi di qui alle elezioni. Ma ancor di più lo è un cambio di passo nell’azione del governo, che sia diretta, da un lato, a fronteggiare il crollo del mercato interno e il rilancio di meccanismi di crescita, con misure in grado di agire a sostegno contemporaneamente della domanda e dell’offerta. Bisogna dall’altro pensare a come affiancare al percorso programmato di aggiustamento e consolidamento fiscale un piano straordinario di rientro dal nostro debito, più consistente e accelerato di quanto fin qui ventilato. Le varianti sono più d’una e di fronte all’aggravarsi della situazione va mantenuto un ampio portafoglio di opzioni. Tanto più che l’eventualità che l’Europa lasci i Paesi a fronteggiare da soli il mare in tempesta dei mercati è purtroppo molto concreta e il tempo a disposizione per prepararsi è davvero poco.

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L’Unità 22.07.12