La scuola italiana si è misurata la febbre per il quarto anno di fila e ha capito di stare un po’ meglio, sia pur all’interno di una diffusa patologia, particolarmente grave nelle regioni del Sud. Ieri mattina è stato presentato il Rapporto dell’Invalsi (l’istituto del ministero dell’Istruzione che si occupa della valutazione) e questo è il dato di sintesi. L’Istituto ha valutato «i livelli di apprendimento» in italiano e in matematica raggiunti nelle classi seconda e quinta elementare, in prima e terza media e nel secondo anno delle superiori.
Un lavoro immane, effettuato da valutatori esterni, che ha coinvolto 31 mila istituti, per un totale di 141 mila classi e 2 milioni e 900 mila studenti: non una campionatura, dunque, ma un vero screening. Per quanto riguarda l’italiano «gli studenti sembrano trovare più facili le domande relative ai testi narrativi, rispetto a quelle dei testi espositivi e argomentativi, in cui viene richiesto anche di interpretare dati e grafici funzionali all’esposizione dei contenuti del testo».
Quando però si tratta di ricostruire il significato globale di un testo, assemblando più elementi, gli studenti italiani si arenano: ricordano, intendono, ma non elaborano con altrettanta facilità.
Per quanto riguarda la matematica le difficoltà emergono «soprattutto in geometria, nell’ambito denominato “relazioni e funzioni” e nei processi che richiedono competenze di argomentazione».
L’Invalsi ha poi rilevato come i ragazzi stranieri nelle nostre scuole presentino una difficoltà maggiore dei loro coetanei italiani nello scrivere e nell’intendere la nostra lingua, ma solo se immigrati di prima generazione. Nel caso della seconda, invece, le differenze tendono a scemare.
Il dato di sintesi, tuttavia, ha una sua declinazione geografica che penalizza il Sud. La qualità degli apprendimenti è, infatti, sensibilmente più apprezzabile nel centro-nord e, in questo, l’Invalsi conferma un trend già rilevato nelle precedenti valutazioni. Tuttavia qualcosa di nuovo è accaduto: la Puglia, la Basilicata e l’Abruzzo hanno compiuto notevoli passi avanti e per la maggior parte delle loro scuole lo standard nazionale è raggiunto o comunque prossimo a essere raggiunto.
«In genere – dice il rapporto le regioni seguono i risultati delle macroaree di appartenenza. Tra le eccezioni, al Nord c’è la Liguria, che non si discosta dalla media italiana. I risultati meno soddisfacenti invece sono quelli della Campania. In Matematica la regione con il risultato più elevato è il Veneto, che supera di 35 punti la media della Sardegna, la regione che consegue il risultato più basso».
Ora questi risultati verranno trasmessi là dove sono stati prelevati, cioè alle singole scuole con i dati disaggregati per istituto, per classe e per singola domanda: ciascuna scuola, ma anche ciascuna classe, saprà quali sono le sue eccellenze ma anche le sue lacune. E su che cosa lavorare da settembre in poi. La migliore scuola d’Italia? Quella del Trentino.
La Stampa 21.07.12
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“Così dovrà ripartire l’ascensore sociale”, domande a Elena Ugolini sottosegretario
Elena Ugolini,sottosegretario all’Istruzione, sono quattro anni che l’Invalsi valuta la scuola italiana. È servito a qualcosa questo lavoro? «È servito moltissimo. Esiste ancora un forte divario NordSud, anche se alcune regioni come la Puglia, la Basilicata e l’Abruzzo hanno fatto dei passi in avanti fino a raggiungere i livelli medi del Paese. Il dato a mio parere più significativo riguarda l’esistenza nelle regioni meridionali di una forte variabilità di risultati tra scuole dello stesso livello».
Quali sono le criticità forti su cui occorre lavorare? «È stato rilevato che in matematica le maggiori difficoltà sono in geometria e nella capacità di dare ragione delle soluzioni proposte. In italiano i ragazzi hanno difficoltà nelle prove che chiedono capacità interpretative e argomentative. Sono quindi queste le due aree principali su cui lavorare nell’immediato futuro. I dati sugli studenti stranieri dimostrano che la scuola non cambia. Inoltre abbiamo capito che occorre dedicare una cura specifica ai ragazzi stranieri di prima generazione».
Questi dati come possono essereutilizzatidallesingole scuole ? «Le singole scuole possono riflettere sul proprio lavoro, avendo a disposizione un sistema organico di dati e di strumenti che le aiutino a paragonarsi con un punto di riferimento esterno a livello nazionale e regionale per individuare i propri punti di forza e di debolezza, per migliorare».
Quali sono gli obiettivi di medio e lungo termine? «La scuola deve poter essere un ascensore sociale, senza nascondere dietro il manto dell’indistinto lacune che possono tradursi in una diminuzione di possibilità di successo nel proseguimento degli studi e nell’inserimento nel mondo del lavoro. In prospettiva è fondamentale precisare meglio i traguardi essenziali da raggiungere alla fine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, puntare sulla formazione iniziale e in servizio dei docenti e ripensare alla proposta della scuola secondaria di primo grado, che rimane sicuramente uno dei punti più problematici della nostra scuola».
La Stampa 21.07.12