"Ma chi ha spento la radio pubblica?", di Giovanni Valentini
La radio è il primo risultato di quella tecnologia che via via si è sviluppata a grandissima velocità ben oltre le aspettative dei suoi fondatori. (da “Storia della radio e della televisione in Italia” di Franco Monteleone – Marsilio, terza edizione, 2003 pag. 4). Quando si parla di Rai, e negli ultimi tempi le occasioni non sono mancate, in genere si parla di televisione pubblica e raramente di radio pubblica. La “grande sorella” e la “piccola sorella”. Eppure, per riconoscimento comune, la radio fa più servizio pubblico della tv. È più pluralista; meno schierata; offre mediamente un “prodotto” di qualità superiore, sia sul piano dell’informazione sia su quello dell’intrattenimento. Non è un caso che in campo radiofonico la concorrenza in Italia sia di gran lunga maggiore in confronto al mercato della televisione. Senza la suggestione delle immagini, senza la spettacolarizzazione e l’imbonimento televisivo, la radio privilegia la sostanza rispetto all’apparenza: qui è più importante che cosa si dice, di come si dice. E poi, è uno strumento più capillare, meno invasivo, che consente di ascoltare …