La buona notizia è che, secondo Bankitalia, nel 2013 la nostra economia riprenderà. Per intanto il Pil viaggia verso meno 2% e la disoccupazione a meno 11%. Ma, c’è da augurarsi che abbia ragione la nostra Banca centrale, perché la notizia cattiva è che la speculazione non smette di insidiarci. Il diffuso timore che il mese di agosto rappresenti una occasione ghiotta per gli speculatori sta assillando il governo e accentua la incertezza del quadro nel quale siamo chiamati ad operare e che il ministro Grilli non ha nascosto nel suo intervento alla camera. Come se non bastasse, il presidente Monti ha dichiarato, nei giorni scorsi, che più ci avviciniamo alle elezioni più l’attacco speculativo contro l’Italia aumenterà. Il che sposta esplicitamente sul quadro politico la querelle finanziaria.
Ciò che appare più preoccupante, per noi, infatti, non è tanto la adozione di politiche rigorose di risanamento, che condividiamo, ma lo scarto, che c’è, tra le fatiche che stanno facendo i governi e i popoli per risanare i conti e rilanciare l’economia e il non riconoscimento di questi sacrifici da parte dei mercati. Ogni sforzo sembra insufficiente a placare la loro sete di guadagno o le paure di rimetterci.
Ad ogni risultato raggiunto (il pareggio di bilancio, l’aumento dell’età pensionabile, la flessibilità) che sembravano gli obiettivi inderogabili da raggiungere, la posta aumenta, ci si propone un nuovo, più sofisticato livello. Viene davvero in mente l’esempio del videogioco più volte citato da Tremonti, il quale, però, ha dimostrato di non saperci giocare. Questa spirale va spezzata con una strategia europea ed italiana più aggressiva, coraggiosa, non subalterna alla arbitrarietà dei criteri di Moody, ma, al tempo stesso, attentissima ai segnali che gli investitori ci mandano.
Innanzitutto facendo fino in fondo la nostra parte per abbattere il debito e risanare i conti. Il nostro 123% è insostenibile e almeno in parte dobbiamo risolvercelo da soli , prima di ricorrere, eventualmente, al fondo salva-stati. L’approvazione in questi giorni, nel parlamento italiano del fiscal compact (mentre la Germania lo rinvia), il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio, una più coraggiosa politica di riduzione e riqualificazione della spesa pubblica e di dismissioni del patrimonio, sono i capisaldi di questa linea.
Contemporaneamente, è ormai inderogabile adottare una politica di investimenti pubblici e di incentivi per quelli privati per invertire la tendenza recessiva in atto. Dunque: ci si accontenti del pareggio di bilancio e si destini alla crescita l’avanzo previsto; tutto ciò che si recupera dall’evasione vada subito a ridurre il peso delle tasse su impresa e lavoro; si estendano ad altri settori, a partire dalle infrastrutture, incentivi fiscali come il 50% per l’edilizia; ampliare alle reti di impresa i project bond, destrutturare il patto di stabilità… le idee non mancano.
Infine, bisogna tenere alta la pressione italiana nei confronti dell’Europa per favorire una maggiore attenzione alla crescita ed adottare nuove regole europee di controllo dei mercati finanziari, sull’onda di quanto si fa in America sui derivati e istituire, finalmente, una agenzia europea di valutazione. Serve dunque, un disegno unitario. Affrontare i vari decreti uno per volta è una esigenza tecnica, ma, ormai, ci vuole il quadro generale. Il tempo passa e le elezioni si avvicinano. Dunque, dobbiamo chiedere a Monti, Grilli, Passera, Fornero & Co. di mettere tutto sul tavolo. Spending review 1, 2, 3; salva e cresci-Italia, delega fiscale, esodati e pubblico impiego, Province e dintorni, ecc. sono tutti tasselli di un unico mosaico che dovrà approdare alla ormai imminente legge di stabilità.
Se tenere insieme crescita economica, stabilità finanzaria e politica è la sfida che ci viene lanciata dai mercati nel nuovo livello del grande videogioco il cui traguardo è la governabilità, noi, che vogliamo governare, solo così facendo possiamo sperare di vincere, non solo le elezioni.
da Europa Quotidiano 19.07.12