Nel cuore di Trastevere ieri sera l’evento per festeggiare i quattro anni alla guida della Provincia. «Concluso questo mandato sono a disposizione per aiutare la città a voltare pagina». In un angolo Alfredo Reichlin ed Ettore Scola discutono del futuro della città eterna. «Speriamo che questa stagione sia finita», si augura il regista, intonando il de profundis sulla Roma di Alemanno.«Non sono mai stato pessimista», si schermisce Riechlin, «le energie per cambiare ci sono, manca la testa». Ecco, Zingaretti, per esempio, andrebbe benissimo, assicurano i due anziani testimonial. Mentre attorno è tutto un via vai, di donne con i passeggini, giovani, anziani. La «festa popolare» di Nicola Zingaretti, futuro candidato sindaco della capitale, può cominciare. A dire il vero, nel cuore di Trastevere, a piazza San Cosimato, restituita ai bambini e alle mamme, con parco giochi e il mercato sullo sfondo, si festeggiano i quattro anni di governo della Provincia di Roma, prossima a cedere il passo alla nuova area metropolitana. «Ne abbiamo combinate di tutti i colori», recita la brochure (stampata con i soldi della fondazione «Spazio alle Idee», s’intende, e non con quelli pubblici della Provincia) che ripercorre le cose realizzate fin qui. Il wi-fi gratuito, i pannelli solari sulle scuole, i parchi-gioco, la raccolta differenziata “porta a porta”, che quattro anni fa era un esperimento per pochi (25mila persone) e ora ha raggiunto quasi un milione di abitanti, il centro per l’impiego, nel cuore del quartiere Testaccio, aperto anche la sera per fronteggiare la crisi e il mercato del lavoro, i centri antiviolenza, le attività nelle scuole. Ma anche l’attenzione ai conti, lo sforzo di salvaguardare gli investimenti e pagare i fornitori non oltre i 60 giorni.
Cose fatte dalla postazione di Palazzo Valentini, ma anche idee su come cambiare la città, una volta riconquistato il Campidoglio. Perché quella ormai per Zingaretti, sempre assai prudente nell’uscire allo scoperto, è una sfida aperta. «Concluso questo mandato, sono a disposizione con la mia candidatura per aiutare Roma a voltare pagina, è tempo di ricostruire un progetto, una comunità, un patto per Roma a partire dalla società civile», ripete davanti a una piazza piena di futuri sostenitori, i comitati di quartiere che ha incontrato in questi mesi, i giovani imprenditori che hanno dato vita a «Vocazione Roma». Pezzi di una città, insofferente e non rassegnata al degrado della capitale – passa anche l’assessore De Palo, della giunta Alemanno, e il montezemoliano Giuseppe Cornetto che già da tempo si è raccolta attorno al futuro candidato sindaco. Un percorso iniziato, a dirla tutta, più o meno il giorno della sconfitta di Rutelli nel 2008, forse anche prima. «Se il centrosinsitra avesse candidato Zingaretti…», era il refrain all’indomani del voto. Di certo, da allora, mentre il Campidoglio andava assomigliando sempre più al ring di un Pdl rissoso e assetato di posti, Palazzo Valentini per molti è diventato una specie di rifugio.
In tutti questi anni, Zingaretti è stato una sorta di antagonista naturale di Alemanno. L’uno invocava l’esercito, per coprire il flop della sua «Roma sicura», l’altro spiegava che far vivere la città era l’antidoto migliore. L’uno faceva di tutto per privatizzare Acea, l’altro difendeva l’acqua «bene comune». L’uno continuava a collezionare indagati di ogni rango tra i suoi collaboratori, l’altro apriva le porte a Libera di don Ciotti. Uno gridava contro i rom, l’altro continuava a lavorare per l’integrazione, i nuovi diritti, contro l’omofobia.
Le cose fatte in questi anni sono state infondo anche il laboratorio di un’altra idea di città, che si vedrà nei prossimi mesi, se vedrà davvero la luce. E se reggerà al giudizio degli elettori. Messi a dura prova da questi anni di amministrazione Alemanno. Ma anche spaventati dalla crisi. Disamorati della politica.
Non a caso, Zingaretti pensa anche a una lista civica che possa traghettare anche i più scettici o estranei alla politica dentro la campagna elettorale. È anche a loro che Zingaretti si rivolge quando dice che vuole aiutare la città a voltare pagina. Non solo con Alemanno e i disastri della sua amministrazione. Ma anche con il passato. Perché riproporre il «modello Roma» come se nulla fosse accaduto, davvero non si può.
L’Unità 17.07.12