È vissuto come un fuggiasco per sessantasette anni, dalla fine della seconda guerra mondiale all’altro ieri. Si è nascosto alla sua coscienza e alla giustizia del mondo per due terzi della sua vita. Braccato da Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal per la caccia ai criminali nazisti, odiato e ricordato dalle sue vittime e dai loro discendenti sparsi nel mondo, per ben oltre mezzo secolo è riuscito a farla franca. Solo l’altro giorno, messi sulla buona pista da Zuroff, gli investigative reporter del Sun hanno bussato alla sua porta, la porta d’un bell’appartamento in un elegante palazzo di Buda, la zona più chic della capitale magiara, sulla riva ovest del Danubio. Lui ha aperto sorpreso e tranquillo. Lo spazio d’un attimo, ha capito che la vita da fuggiasco stava finendo: col campanello della porta s’annunciava la Nemesi, la resa dei conti finale con il mondo.
Questa è la storia di Laszlo Csizsik Csatary, 97 anni ben portati, ex alto ufficiale della Magyar Kiralyi Rendorség, la polizia ungherese sotto Horthy. Ha sulla coscienza almeno quindicimila ebrei catturati a Kosice, la città dove lui comandava gli agenti, e spediti ad Auschwitz. Ma nega tutto: «Sono innocente, quelle accuse sono false», ha detto subito agli inviati. Devi saper rimuovere, se vuoi vivere da fuggiasco attraverso le epoche del mondo. Devi tenerti dentro l’orgoglio tutto tuo per gesta che tu e il tuo governo ritenevano eroiche, devi saper fingere d’essere un signor nessuno, un vecchietto dalla memoria ormai debole in un mondo dove la Memoria dell’orrore è ancora viva, anzi minaccia di sopravviverti. Devi saper diventare un tranquillo signore di Buda, senza nemmeno uniformi e ricordi appesi al muro, braccato da decenni e arrivato infine al viale del Tramonto della vita cui le sue vittime, e le vittime dell’Olocausto, non poterono mai giungere.
Con le liste nere in tasca, bussavano all’improvviso a casa degli ebrei. Arrivavano armati, fieri e spavaldi con le loro uniformi verdeoliva o grigio blu, e il pennacchio o lo scudo nazionale sui rigidi cappelli. Parlavano ungherese,
non tedesco. Militari, gendarmi e poliziotti magiari furono i servitori fedeli dell’ammiraglio Horthy, il dittatore alleato di Hitler che adesso il potere sta riabilitando, e del suo effimero erede ultrà Szalasi. Divennero gli esecutori zelanti dell’Olocausto. Degli oltre sei milioni di ebrei assassinati per ordine del Reich millenario, almeno 564mila li ebbero loro sulla coscienza. Il fuggiasco Csatary era uno dei preferiti dai vertici della dittatura. E così ancora una volta, nella Budapest dove il premier-autocrate Viktor Orbàn definisce il comunismo unica macchia nera del passato nazionale, riemergono col Fuggiasco le colpe rimosse d’Europa. «Era il più sadico di tutti. D’una crudeltà bestiale, impazziva di gioia a frustare in pubblico le donne ebree», hanno narrato gli ultimi superstiti a Zuroff e agli altri investigatori del Centro Wiesenthal. «Rubava tutto, soprattutto quadri, soprammobili pregiati, ogni oggetto d’arte, ogni gioiello o preziosità, si arricchì togliendo tutto ai miei avi cui rubò la vita, prendetelo a ogni costo», hanno detto alcuni discedenti. Kosice, oggi seconda città slovacca, fu annessa nel 1938 dall’Ungheria di Horthy quando Hitler occupò Vienna e Praga. Dieci anni dopo un tribunale cecoslovacco condannò Csatary a morte. Ma in contumacia. Il delitto perfetto forse non esiste, il Fuggiasco quasi perfetto sì: con quell’istinto di sopravvivenza a se stessi, alle vittime, ai misfatti che trasforma molti criminali, quel giovane capo della polizia aveva fatto perdere le sue tracce.
La Memoria corre lontano indietro nel tempo inseguendo le tracce del Fuggiasco, nella splendida capitale sul Danubio. Esercito, polizia e Csendorség (Gendarmeria) servivano entusiasti e convinti il dittatore Miklòs Horthy. Antisemita e anticomunista da sempre, era al potere dal 1919. Odiava la capitale cosmopolita, che chiamava “Judapest”, la città degli ostili ebrei. Fu lui, nel 1920, a varare le prime leggi razziali: limiti durissimi all’accesso all’università per gli ebrei. In lui, nella pura nazione magiara, nella riscossa dalla “Vergogna del Trianon” (il trattato di pace con cui dopo la prima guerra mondiale l’Ungheria, ex parte dell’Impero asburgico, aveva perduto i territori abitati in maggioranza da slovacchi, romeni, serbi), Csatary credette fin dall’inizio. Crebbe in quel clima, e per vocazione e con rabbia scelse la carriera nella polizia.
Anche quando, nella primavera del 1944, le sorti della guerra apparivano già segnate, tanti ufficiali come Csatary si sentivano ancora i crociati della causa giusta. A Kosice, dove lui appunto comandava la polizia, l’ordine arrivò
dall’alto, dalla Budapest occupata dalla Wehrmacht ma con Horthy ancora al potere: rastrellate la città, arrestateli tutti. Csatary e i suoi passarono subito all’azione: la gloria della purezza etnica magiara non ammetteva dubbi. Nel campo di raccolta, lui era il Terrore. Frustava a sangue donne e bambini, picchiava i vecchi indifesi, li spaventava con la roulette russa. Poi li fece caricare tutti sui treni per Auschwitz. Nessuna pietà, gli ebrei sono solo “idegen vér” (sangue straniero, alieno) pensavano il Fuggiasco e i suoi sbirri. Dei 725mila ebrei ungheresi, 564.500 non sopravvissero alla Shoah. Per 67 anni, chi sa se tranquillo o in preda a improbabili rimorsi, il Fuggiasco ha vissuto con quei ricordi, cercando di celarli a se stesso, al prossimo, a chi lo inseguiva.
Solo nella primavera del 1945, dopo mesi di battaglia, Budapest cadde presa dai russi. Tre anni dopo, a Kosice tornata cecoslovacca, il comandante della polizia reale magiara Csatary fu condannato a morte. Ma in contumacia. Riuscì a fuggire, a scampare alla giustizia e agli alleati vincitori. Come, non lo sa o non lo dice nessuno. Forse grazie alla rete dell’Odessa, l’organizzazione segreta nazista che portò in salvo oltre Oceano tanti gerarchi massacratori e tanti loro sottoposti. Forse con falsi documenti procurati con tante complicità. Da Fuggiasco come si deve, il camerata Csatary seppe ricominciare da zero. Con l’astuzia metodica, e probabilmente anche con l’esperienza di ex ufficiale della polizia in fatto di documenti, certificati e timbri, si creò una nuova, falsa identità. Si spacciò per anonimo, tranquillo ungherese vittima della guerra, deciso a non restare nella patria comunistizzata. Le autorità canadesi gli credettero. E in Canada, da mercante d’arte, divenne ricco, sempre più ricco.
Per decenni, nel mondo diviso e poi nel dopo-guerra fredda, il Centro Wiesenthal gli dette la caccia invano. Invano superstiti e loro familiari chiedevano giustizia, invano Zuroff aveva posto una taglia di 25mila dollari sulla sua testa. Solo nel 1997, il Fuggiasco fu scoperto dal Centro Wiesenthal. Il governo di Ottawa gli tolse la cittadinanza, ordinò il suo arresto immediato. Poveri giudici canadesi, non avevano fatto i conti con l’astuzia dell’ex poliziotto di Horthy che era riuscito ancora a fuggire. Protetto forse da complicità oscure, certo dal suo talento di latitante eterno della Storia. E da almeno 17 anni, era tornato a Budapest. Non si sa se sotto una terza identità, o recuperando quella originaria. Un anno fa, Zuroff, scovatolo, aveva pregato la magistratura magiara di agire. Ottenne solo l’annuncio che un’inchiesta era stata aperta, ma senza risultati.
Un informatore, intascati i 25mila dollari della taglia, ha fornito l’indirizzo, ma nessun poliziotto è andato ad arrestare l’ex collega, il fuggiasco-figliol prodigo tornato in patria. Alla sua porta hanno bussato solo quei reporter britannici. Adesso opposizione ungherese e governo francese chiedono arresto e processo per Csatary, perché «i crimini nazisti non possono essere prescritti». Ma chi sa se Orbàn e la magistratura da lui epurata (via le “toghe rosse”) fermeranno o no la lunga corsa del Fuggiasco.
La Repubblica 17.07.12