L’insulto violento e la volgarità sessista sono qualcosa di intimo, connaturato allo sguardo verso il mondo. Sono un modo di relazionarsi con il prossimo e di vivere i rapporti con la propria comunità. Con la battuta su Rosy Bindi, Beppe Grillo ci ha fornito così un ulteriore disvelamento del suo vero animo: un animo becero, indecente, irrispettoso, capace di qualsiasi parola (e chissà, qualora avesse il potere, di quali atti) pur di fare notizia. Forse preoccupato dall’annuncio del ritorno in campo di Berlusconi, Grillo ha pensato bene di occupare subito lo spazio del populismo più volgare, quasi a rendere quel ritorno inutile. D’altra parte finora, nel panorama politico italiano degli ultimi vent’anni, Berlusconi era stato il protagonista assoluto di un linguaggio sboccato, di comportamenti sessisti, di atteggiamenti insultanti per tutte le donne. Da oggi è in buona compagnia. Da oggi Grillo farà decisamente più fatica a presentarsi come paladino delle libertà, di un Paese più equo, di una tensione che rompe e ribalta le gerarchie di potere. Il bene dell’Italia, nuove regole democratiche e rispettose di tutti, un confronto civile ed educato anche quando diventa aspro, il merito delle posizioni e non i tratti personali come oggetto del dibattere: quelli che a tutti i sinceri democratici appaiono come principi basilari di chi vuole rappresentare gli altri e giocare un ruolo positivo nel dibattito pubblico sono valori estranei a Grillo. E non ci si nasconda ipocritamente dietro la difesa delle libertà delle coppie gay, che Grillo sembra usare solo strumentalmente per condurre un attacco che fa notizia, per continuare ad insultare il prossimo, cosa che gli riesce davvero bene. Sono favorevole al matrimonio tra coppie omosessuali e ad una sincera e positiva apertura della società italiana verso le libertà di ciascuno. E ho trovato non corrispondente al mio sentire la stessa gestione della presidenza durante l’assemblea nazionale del Pd. Ma discutere di merito e di opinioni differenti, non può mai essere un pretesto per offendere la persona. Ma quella di Grillo non è una battaglia di merito e sul merito. Il suo successo si fonda sulla rendita di un capopopolo che insulta, che non accetta il confronto democratico, che si presume portatore di verità infusa (le stesse cose che hanno caratterizzato la lunga egemonia berlusconiana sul Paese): Grillo non attacca la Bindi per sostenere i gay, ma usa i gay per attaccare la Bindi. E non si dica che si tratta solo di una dichiarazione sfuggita al politicamente corretto. Non è una correttezza solo formale quella che ci si aspetta dai protagonisti del dibattito pubblico, che possono anche concedersi sfumature di linguaggio ironiche provocatorie. Ma nessun insulto può essere giustificato. Gli insulti, l’attacco alla sfera intima, lo scherno dei difetti fisici, non devono trovare alcun posto in un confronto che vogliamo democratico, civile, fondato sul rispetto. Insomma Grillo può alzare il dito medio contro la casta, per quanto qualcuno può trovarlo sgradevole, ma non può insultare una persona per le proprie scelte di vita. Chi sceglie questa strada si mette da solo fuori dal contesto democratico. Chi insulta le donne e non ha rispetto delle persone sceglie di stare sulla scia del peggiore berlusconismo, con una concezione antiquata della cultura di genere, con le scelte di libertà e autonomia personale, con un sessismo che ha fatto male al Paese negli ultimi vent’anni e che dobbiamo e vogliamo superare. Occorre quindi stigmatizzare, indignarsi, protestare, contrastare. Le donne l’hanno fatto con il 13 febbraio del 2011 e successivamente ogni giorno. Le donne italiane sono pronte e in campo per contrastare sempre chi le offende. Chiunque lo faccia. Vale anche per Grillo e per chiunque altro mostrerà di non rispettare le donne. Perché, come in tante abbiamo detto, la dignità delle donne è la dignità del Paese.
L’Unità 17.07.12