Citazione ironica, perché Berlusconi non se n’è mai andato. Abbandonare così: non gli è possibile. Non solo perché è “costretto” a difendersi. Dai magistrati, i nemici di sempre. E di fronte alle minacce contro i suoi interessi media-televisivi. Non se ne poteva andare così, soprattutto perché non gli è possibile immaginare la politica italiana — oltre che il centrodestra — altrimenti. Senza di lui. D’altronde, è difficile per tutti concepire l’ultimo scorcio della nostra storia. Senza di lui. Basta scorrere i dati del sondaggio di Demos- Coop per “la Repubblica delle Idee”. Tra gli avvenimenti che hanno segnato positivamente l’Italia, negli ultimi trent’anni, il 55% degli intervistati indica “la fine del governo Berlusconi”. Il 25% “la discesa in campo del Cavaliere”. Secondo il 33% degli italiani, si tratta degli avvenimenti che — nel bene e nel male — hanno cambiato maggiormente la storia del Paese. In particolare, la (prima) discesa in campo. Berlusconi ha contribuito a scrivere la biografia della Nazione degli ultimi trent’anni, più di Tangentopoli, dell’immigrazione, della Padania. In misura minore, solamente, della crisi economica e dell’Euro. Certo, si tratta di opinioni espresse “oggi”. E, com’è noto, il presente orienta il nostro sguardo sul passato. Tuttavia nell’autobiografia collettiva del Paese Berlusconi occupa uno spazio importante. Basti considerare le classifiche dei personaggi che hanno cambiato l’Italia negli ultimi trent’anni. Realizzate in base alle opinioni espresse dagli italiani liberamente, senza liste
di nomi preconfezionate. Nel bene come nel male, al primo posto c’è lui. Con misure ben diverse, certo. Il 13% degli intervistati indica Berlusconi come uno dei due personaggi che hanno caratterizzato positivamente la nostra storia recente. (Un punto in più rispetto al Presidente Napolitano). Mentre sono molto più numerosi quanti lo considerano l’uomo che ha cambiato “in peggio” il Paese. Oltre una persona su due. Per la precisione: il 54%. Mentre Monti, Prodi, Di Pietro, Bossi, perfino Craxi — unico sopravvissuto della Prima Repubblica, nella memoria — sono al di sotto del 10%. Berlusconi. Al tempo stesso, il più amato e il più odiato. Della Seconda Repubblica. Al punto da dilatarla nel tempo. Oltre la caduta del muro di Berlino. D’altronde, Berlusconi l’ha rimpiazzato con un nuovo muro. Il muro di Arcore. Tenendo vivo l’Anticomunismo
senza il Comunismo. Oggi Berlusconi conta di risorgere di nuovo. Come dopo la sconfitta del 1996. Come nel 2006, quando tutti lo davano per finito, per primi i suoi alleati. E lui trasformò una sconfitta sicura in un quasi-pareggio. Cioè, viste le previsioni, in un grande successo. Conquistato, di larga misura, due anni dopo.
Come nelle precedenti resurrezioni, Berlusconi sottolinea la svolta cambiando il nome. Da Forza Italia alla Casa delle Libertà. E ancora, al Popolo delle Libertà. Domani
si vedrà. Non Forza Italia. Significherebbe un “ritorno alle origini”. Mentre Berlusconi intende annunciare un “ritorno al futuro”. E poi, FI decreterebbe la fine senza appello di AN. Potrebbe sollevare ulteriori risentimenti, nel centrodestra. Berlusconi sceglierà un nome nuovo, che evochi il “suo” passato ma anche il cambiamento. Utilizzerà, come sempre, le tecniche del marketing — sondaggi, ricerche di mercato — per testare il marchio più efficiente. Lo slogan più efficace. Ma alla fine deciderà lui. Come sempre. Anche per quel che riguarda la squadra. Sceglierà persone fedeli e “significative”. Che “significhino” la nuova svolta. La fine del Cavaliere Gaudente. Per questo la Minetti se ne deve andare. Subito. Per spezzare l’anello di congiunzione con le Olgettine, i Bunga Bunga, Ruby, Noemi, le Feste di Arcore e Villa Certosa. Una stagione
finita. Berlusconi cercherà di scrivere una nuova “Storia Italiana”. Coerente con il sentimento del tempo. Sospeso fra paure economiche e insofferenza politica. Nonostante sia un’impresa impensabile, anche per lui, assumere un profilo misurato. Da “peccatore pentito”.
Berlusconi: cercherà la sintesi del Grillo-Montismo. Tendenze di successo di questa fase. La domanda di competenza e di democrazia diretta. Il Tecnico e il Blogger Predicatore. Berlusconi proverà a mixarli, a intercettarne
il segno. (Una novità che altri soggetti, e non lui, annuncino le novità. E che lui sia costretto a inseguire.) Una missione complicata. Conquistare la credibilità dei mercati, il rispetto dei leader internazionali. Per primi, quelli europei. Che ne temono il ritorno più di molti italiani. E ancora, andare oltre la sua professionalità. Oggi retrò. Perché lui è il leader della democrazia mediale. Non digitale. Lui: sa controllare la televisione. La Rete è estranea alla sua cultura. Perché perfino a Grillo risulta difficile governarla verticalmente. Personalizzarla. E poi è troppo diretta. Ve lo immaginate il Cavaliere comunicare in Rete e dunque “senza rete” con chiunque? Senza “mediazioni”?
Ci proverà, Berlusconi, a risorgere di nuovo. Intanto, ha esibito un sondaggio. Come nel 2006, quando si affidò all’agenzia americana PSB. Serve a dire che è ancora competitivo.
E tanto più gli altri lo inseguiranno, con altri sondaggi di segno opposto, tanto più la profezia demoscopica rischia di avverarsi. Perché la stessa “smentita” del dato con altri dati appare una conferma (lo osservato Nando Pagnoncelli). E poi Berlusconi conta sui tradizionali alleati. La memoria corta degli italiani. La loro indulgenza. (Chi è senza peccato…) La vocazione del centrosinistra a farsi del male. (Ci sta provando il PD, proprio in questi giorni.) Dopo il 1996 e il 2006, d’altronde, non sono stati i leader
e gli uomini del centrosinistra a metter fuori gioco Prodi?
Berlusconi ritorna perché non ha e non può avere eredi. Senza di lui questo centrodestra rischia la dissoluzione. Spolpato da altri soggetti. Più o meno nuovi. Comunque ostili al Cavaliere. Liste ispirate da Monti e da Montezemolo. Perfino da Grillo.
Berlusconi ritorna per auto- difesa. Ma soprattutto perché non riesce a uscire di scena. Perché la scena, senza di lui, gli pare impossibile. Perché immagina il futuro come il passato. Berlusconi, insomma, è prigioniero del proprio passato. Che però è passato. Il berlusconismo è una storia chiusa, su cui la crisi degli ultimi anni ha posto la parola fine. Le dimissioni della Minetti, le strategie di marketing creativo, la nostalgia diffusa in molti ambienti, perfino nel centrosinistra: non basteranno a riaprirla.
La Repubblica 16.07.12