«L’ennesimo regalo a Mediaset» (Vincenzo Vita, Pd). «Un danno alle casse dello Stato e alle future aste per il digitale terrestre e la banda larga mobile» (Paolo Gentiloni, Pd). «Il governo ha gettato le basi per una situazione ad alto rischio conflittualità, interna ed internazionale» (Roberto Rao, Udc). Stavolta il governo ha fatto arrabbiare in tanti, tra schieramenti bipartisan dove il solo grande assente sembra essere il Pdl. E per un attimo sembra di essere tornati ai tempi del governo Berlusconi, perché tante polemiche sono dettate da una mega assegnazione gratuita di frequenze alle tv. Si tratta dei provvedimenti con cui, qualche giorno fa, il ministero allo Sviluppo economico ha assegnato per vent’anni alle tv 19 frequenze (di cui quattro a Rai, quattro a Mediaset, tre a Telecom Italia Media e cinque ad altri soggetti).
Tutto nasce dalla Finanziaria 2010 di Tremonti che prevede “l’obbligo di trasformare i titoli provvisori (rilasciati a livello regionale dal 2008 al 2012) in definitivi entro il 30 giugno 2012, in coincidenza con il passaggio al digitale su tutto il territorio nazionale”, spiega il ministero in una nota. Secondo molti critici invece si trattava soprattutto di aiutare le emittenti tivù, che ora potranno mettere in bilancio un bene prezioso come le frequenze. Ma ad avvantaggiarsene è in particolare Mediaset, perché riceve il pacchetto più generoso; le frequenze di Rai sono di pari numero, ma sono a rischio di interferenze con i Paesi vicini (per un mancato coordinamento internazionale).
Il primo a sollevare il problema, a chiedere una proroga per l’assegnazione definitiva, è stato Nicola D’Angelo (consigliere uscente Agcom, Autorità garante delle comunicazioni); seguito poi da Vincenzo Vita (PD) e Felice Belisario (Idv), che sull’argomento hanno presentato un’interrogazione parlamentare, Roberto Rao (Udc), Marco Perduca (Radicali) e altri.
Perché era necessaria una proroga? Perché – rispondono concordi le voci critiche – sarebbe stato i necessario aspettare un nuovo piano nazionale delle frequenze da parte di Agcom e così evitare una situazione esplosiva per i progetti dello Stato sullo spettro italiano: ci sono in ballo infatti molte questioni e il governo avrebbe potuto gestirle meglio senza il vincolo di un’assegnazione ventennale che riduce assai gli spazi di manovra. La più questione urgente è l’ex beauty contest, un’asta con cui il ministero dovrà assegnare altre sei frequenze per il digitale terrestre (il bando è previsto, da decreto, a fine agosto ma è prevedibile una proroga a ottobre per attendere che la nuova Agcom stabilisca i criteri di gara). «L’ex beauty contest potrebbe procedere su un binario separato e quindi forse, mi auguro, potrebbe non essere condizionato da quest’assegnazione ventennale», dice Antonio Sassano, docente alla Sapienza, uno dei massimi esperti dell’argomento: «Mi sembra che la proroga pregiudichi piuttosto il coordinamento internazionale e la futura asta della banda larga mobile», aggiunge. «Come faremo infatti a trattare con i Paesi vicini su quali frequenze accendere e spegnere per evitare interferenze, quando ne abbiamo già bloccate 19 per vent’anni?», spiega: «Ecco perché sarebbe stato meglio aspettare un piano frequenze Agcom, coordinato internazionalmente, prima di assegnarle a titolo definitivo».
L’altra questione è la banda larga mobile: le istituzioni internazionali (di recente anche l’Itu, l’agenzia Onu per le tlc) stabiliscono che dal 2016 alcune frequenze ora in mano alle tivù dovranno andare agli operatori telefonici per i servizi di banda larga mobile. E guarda caso è Mediaset ad avere il maggior numero di frequenze che il governo dovrà liberare a questo scopo: «Almeno avrebbe dovuto limitarne al 2015 il diritto d’uso», osserva Gentiloni. «Adesso invece lo Stato si troverà costretto a risarcimenti ingenti alle tivù, in cambio di quelle frequenze da dare all’asta». Il ministero spiega che c’è la possibilità di dare alle tivù frequenze alternative, con “capacità trasmissiva equivalente”, al posto di quelle da liberare per l’asta banda larga mobile: «Però purtroppo non esistono frequenze libere alternative», corregge Sassano. Ma si tratta probabilmente di problemi che saranno lasciati in eredità al prossimo governo: come (e se) tirarsi dall’impaccio creato con quest’assegnazione ventennale, è capitolo ancora tutto da scrivere.
L’Espresso 16.07.12