Stamattina gli scavi di Pompei rimarranno chiusi. Anche mercoledì mattina sono rimasti chiusi. E i sindacati, la Cisl in prima linea, giurano che continueranno così, a tenerli sbarrati un giorno sì e un giorno no, fino a quando non avranno quello che vogliono. Competenze accessorie non pagate da due anni. Ma pure un piano di riorganizzazione del personale. Sembra la ciliegina su una torta avvelenata.
Anche stamattina i turisti che da ogni parte del mondo arrivano qui per ammirare le rovine della città antica soffocata dal Vesuvio troveranno i cancelli serrati e faticheranno a capire perché un patrimonio dell’umanità possa essere gestito come il cortile di un condominio di periferia. Non sembra cambiato nulla, neanche adesso che sono arrivati 105 milioni di euro dall’Europa, tutti per gli scavi più invidiati del mondo.
Ieri, giovedì 12 luglio 2012, a chiedere all’ingresso quante domus era possibile visitare la risposta era secca: quattro. Nella cartina della Soprintendenza a disposizione per la visita (aggiornata, dicono) sono segnalate (con la possibilità dell’audioguida) una quarantina di domus aperte al pubblico. In realtà la casa dei Vettii, per esempio, è chiusa da almeno tredici anni, proprio come la casa degli Amorini dorati.
Forse basterebbe fare un salto nell’unica toilette presente negli scavi, lì all’interno del punto di ristoro, per capire. O per non capire affatto. Due mesi fa quei bagni si intasarono, i liquami fuoriuscirono, scivolarono giù e raggiunsero le pareti del Tempio di Giove. Non sono ancora stati riparati, i bagni. Difficile stupirsi. Girando per gli scavi si scopre che nessuno si è ancora premurato di proteggere affreschi che svaniscono giorno dopo giorno e mosaici che si sgretolano gonfiati dall’acqua e seccati dal caldo.
Un mosaico per tutti? Il più simbolico, forse. Il Cave canem, attenti al cane, con la bestiola che vi accoglie all’ingresso della domus del Poeta tragico: quell’avvertimento è finito in tutti i testi di storia e di latino e almeno lì avrà la dignità della memoria. Nel suo originale di Pompei la scritta non si legge praticamente più.
«Hanno a disposizione 105 milioni di euro ma non si preoccupano di fare una semplice manutenzione ordinaria. E decidono invece di partire con i restauri di case praticamente sconosciute». Antonio Irlando, direttore dell’Osservatorio del patrimonio culturale regionale, guarda e riguarda la lista dei primi cinque appalti commissionati con i fondi europei e non capisce: «La casa del Marinaio? Neanche le guide qui a Pompei sanno dov’è. E quella delle Pareti rosse o del Sirico o del Criptoportico: perché andare a scegliere queste che non sono nemmeno segnalate sulle piante della Soprintendenza?». La quinta casa scelta per il restauro è la casa dei Dioscuri, una delle più importanti, che ieri era aperta al pubblico insieme alla casa del Fauno e a guardarle tutte e due veniva un senso di tristezza per tanto splendore lasciato allo sbaraglio.
Dalla casa del Fauno a vicolo Storto è una passeggiata piccola: non ci sono case importanti in questi vicoli che sono a pochi metri da via Vesuvio e da via Stabiana, il cuore della città antica, ma lo spettacolo del civico 37 basta da solo. È crollato un muro e non soltanto le macerie sono lì indisturbate, ma nessuno si è nemmeno premurato di denunciarlo.
«A Pompei ci sono soltanto 138 custodi divisi in cinque turni per 730 mila metri quadrati e quasi 3 milioni di visitatori l’anno», lamenta Antonio Pepe, il leader della Cisl locale. E aggiunge: «Questo a fronte dei 125 custodi che ci sono soltanto per i 9 mila metri quadrati e i 285 mila visitatori l’anno del Museo archeologico di Napoli. Non ha senso». Giusto. Però ieri, giovedì 12 luglio 2012, a girare di pomeriggio per le rovine di Pompei di custodi se ne poteva vedere uno, forse due. Tre, se qualcuno ci è sfuggito. Ma non di più.
Il Corriere della Sera 13.07.12