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"Editoria, nuove regole per il finanziamento pubblico", di Roberto Monteforte

Sono legge i nuovi criteri per l’assegnazione dei fondi pubblici per l’editoria alla stampa no profit, di idee, politica, cooperativa e delle minoranze linguistiche. Ieri la Camera ha convertito in legge il decreto del governo predisposto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo. A favore hanno votato 454 parlamentari, i contrari sono stati 22 (idv e minoranze linguistiche) e 15 gli astenuti.
Tra le principali innovazioni introdotte dal decreto vi è la correlazione tra contributi e vendite effettive delle testate. Passa al 25% (attualmente è al 15%) la percentuale relativa al rapporto tra le copie vendute e quelle distribuite necessaria per accedere ai contributi. Per le testate locali la quota è del 35%. Vengono considerate testate nazionali quelle che vengono distribuite in almeno tre regioni. Il 50% del contributo alle testate è calcolato in base ai costi per il personale dipendente, per l’acquisto della carta, della stampa e per gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa. Tra i criteri per accedere al contributo vi è l’occupazione: il numero dei dipendenti, in prevalenza giornalisti, assunti a tempo indeterminato.
«La legge rende finalmente chiaro che l’editoria è un settore che merita sostegno pubblico soltanto sulla base di criteri di trasparenza e di qualificazione professionale espressa e misurata attraverso il lavoro giornalistico regolarmente inquadrato secondo contratto collettivo, diritto del lavoro e obblighi previdenziali» commenta il segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi. «Contributi sì, ma a giornali veri, fatti da giornalisti e solo se espressione di idee politiche, culturali, cooperative vere, minoranze linguistiche o destinati alle comunità italiane all’estero» osserva e mette il dito nella piaga: quella del finanziamento. «Tale legge sarebbe sprecata e inutile se resterà senza adeguata copertura di fondi, visto che per l’esercizio in corso, sinora, sono previsti solo 57milioni di euro». Chiede al governo di dare seguito all’ordine del giorno presentato dall’onorevole Giulietti e approvato, che prevede un’adeguata copertura finanziaria alla legge. Siddi chiede anche di dare esecuzione all’ordine del giorno sull’«equo compenso» del lavoro dei giornalisti autonomi e precari, presentato dagli onorevoli Moffa e Carra.
Non nasconde la sua soddisfazione anche il senatore Pd, Vincenzo Vita. Parla di «una piccola luce nel cielo plumbeo della concentrazione e dell’omologazione dei media». «Naturalmente si tratta del primo atto aggiunge che si completerà attraverso l’approvazione della più complessiva riforma del settore. Sono state introdotte novità assai significative, volte a moralizzare i criteri di erogazione del vecchio Fondo per l’editoria. Essi, d’ora in poi, si baseranno sui fondamentali criteri dell’occupazione e delle copie effettivamente vendute. Inoltre, viene garantita la modalità on-line di diffusione dei giornali permettendo continuità nei finanziamenti. Si delegificano i blog di piccole e medie dimensioni e si tutelano le testate per gli italiani all’estero». Vita, che ringrazia il sottosegretario Peluffo «per il suo impegno e la sua determinazione», sottolinea che ora l’obiettivo oltre alla riforma, è quello di «rimpinguare il fondo dell’editoria, ridotto e non adeguato alle necessità minime di sopravvivenza delle tante testate interessate».
Il prossimo passaggio sarà l’esame del provvedimento che conferisce al Governo una delega, da esercitare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per la definizione di nuove forme di sostegno all’editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale.

l’Unità 13.07.12