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"I pokeristi del Cavaliere al lavoro per favorire Mediaset", di Vittorio Emiliani

Sulla Rai si profila una partita a poker dai tempi lunghi, voluta da Berlusconi e dai suoi. Mentre l’azienda di Viale Mazzini ha bisogno di tempi brevi per ridarsi un assetto imprenditoriale, editoriale, produttivo, tecnologico in grado di farla risalire dal buco nero nel quale è finita, con conti pesanti, canone in caduta libera, pubblicità in crisi profonda (più di Mediaset che fa ascolti inferiori), pluralismo ingessato, conduttori e autori in fuga verso altre tv, ecc.

Il nuovo cda, è vero, ha avallato la designazione di Anna Maria Tarantola alla presidenza, con la sola astensione del berlusconiano Verro, ma il dibattito è stato acceso fra i consiglieri di centrodestra e quelli indicati dalle associazioni e votati dal Pd. La posta in gioco? Naturalmente gli accresciuti poteri del presidente in materia di tetti alla spesa e di nomine. Assente per ragioni «di garbo» la presidente designata, il duro confronto è stato arbitrato dal consigliere anziano Guglielmo Rositani (ex An, più volte deputato, già sindaco, dall’86 al ’92, della Rai stessa, poi suo consigliere, espertissimo in navigazioni clientelari). La partita ora si sposta in commissione parlamentare di Vigilanza, dove a maggioranza qualificata di due terzi (27 voti su 40) dovrà venire convalidata la nomina del presidente Tarantola. Si chiede che tale convalida avvenga giovedì prossimo, ma non è detto che sia così e che anche i tempi di questa votazione non si dilatino. Già il consigliere Antonio Pilati, da sempre uomo di stretta fiducia del Cavaliere, ha presentato una mozione per discutere dei trasferimenti di deleghe – da lui definiti «contra legem» – dal cda al presidente e al direttore generale (pure da eleggere) voluti dal premier per restituire efficienza e speditezza alla Rai appesantita dai lacci ad essa imposti dalla legge Gasparri, fatta apposta per vincolare l’azienda ai partiti, alla maggioranza di governo. Un segnale aggressivo.
Ma perché Silvio Berlusconi ha tanto interesse a rallentare i tempi di insediamento del vertice voluto da Monti a Viale Mazzini? I suoi uomini più fidati, ad esempio l’ex ministro Maurizio Gasparri o il capogruppo in Vigilanza Alessio Butti, sostengono di esercitare soltanto le prerogative di legge assegnate al Parlamento e si stupiscono se qualcuno pensa male di loro. In realtà ribadiscono, in modo solare, il potere dei partiti sull’emittente radiotelevisiva di Stato e lo fanno con una spregiudicatezza da pokeristi collaudati.

Berlusconi alza ostacoli per perdere tempo e poter così trattare alcune faccende (tutt’altro che “ideali”) che gli stanno, dal punto di vista aziendale e famigliare, molto a cuore (specialmente ora che Mediaset versa in grave crisi, di ascolti e di conti). Intanto c’è ancora in ballo la questione delle nuove frequenze che il governo vuol fargli pagare. Già, ma quanto? Traccheggiando, la vecchia volpe conta di portare a casa accordi meno sfavorevoli. Analogamente per le concessioni, cioè per quello che volgarmente si chiama affitto dell’etere. Esse sono ampiamente scadute e vanno rinnovate. Ma come? Trattando sui canoni delle medesime dalle posizioni di forza su cui l’ex premier nonché padrone di Mediaset pensa di attestarsi meglio, rallentando il processo di riassetto della concorrente Rai.
Poi ci sono le nomine “politiche”. Ad esempio, quelle dei nuovi direttori del Tg (urgenti per Tg1 e Tg2) e di altri dirigenti in posti-chiave. O quella che concerne la fiction, settore strategico per il quale competono più direttamente Rai e Mediaset ora che si è indebolita la capacità di fare ascolti dei film (per i quali Berlusconi è stato sempre su posizioni di forza). Rallentando rallentando, egli sa che finirà per aprirsi, su ognuna di queste materie che aziendalmente e politicamente tanto gli premono, una trattativa. Dalla quale ha tutto da guadagnare. Come sempre.

Si è detto che l’ostruzionismo di fondo in cda miri a sfiancare un presidente assai poco abituato in Banca d’Italia a queste sorde guerre di posizione e quindi a creare le condizioni per un commissariamento dell’azienda pubblica. Per il quale sarebbe già pronto il consigliere anziano di lungo corso Guglielmo Rositani. Come può essere messa in crisi questa defatigante tattica pokeristica? In un solo modo: andando a vedere le carte, cioè il bluff. Berlusconi non può permettersi il lusso – coi sondaggi e col partito che ha in mano – di rischiare una crisi del governo Monti per non voler mollare la presa sulla Rai. Se però Monti non “va a vedere”, è possibile che la Rai – che nessun organismo ad essa sovraordinato mette in sicurezza (a differenza di Bbc, di France Télévision o delle pur potenti Ard e Zdf tedesche) – rimanga in questa micidiale palude. Gira e rigira, torniamo sempre lì.

L’Unità 11.07.12

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Il fiato corto del Pdl”, di Fabrizia Bagozzi

Il cda dà il via libera a Tarantola. La vera partita è domani in Vigilanza. Con sette voti a favore, un astenuto – Antonio Verro, Pdl – e un’autorevole assente, Anna Maria Tarantola, il nuovo consiglio di amministrazione della Rai ha eletto il suo presidente nella persona di Tarantola medesima. La partita decisiva si giocherà domani in Vigilanza – la commissione è convocata non già per audirla, come chiedevano il radicale Beltrandi e il Pdl, ma per esprimere il parere vincolante affinché diventi a tutti gli effetti presidente.
Ma già così si capisce che, se pure alla fine il Pdl dovesse suo malgrado adeguarsi all’incremento dei poteri di presidente e direttore generale, venderà cara la pelle. Perché se anche ha scritto al cda convocato di non essere presente «per garbo istituzionale» e per lasciare ai consiglieri la libertà di votarla alla guida della tv pubblica, quella di Tarantola è un assenza irrituale: in genere i presidenti in pectore non votano ma sono presenti.
Un modo per far capire che il punto è la Vigilanza e il via libera al potenziamento delle deleghe. Che per Tarantola sono evidentemente centrali nell’assunzione del ruolo. E del resto la prima riunione del neoconsiglio è stata animata. Due votazioni, telefonate e conciliaboli paralleli (soprattutto fra i consiglieri di area berlusconiana, capitanati da un incontenibile Pilati), la conferenza stampa finale voluta dal consigliere anziano Rositani per presentare i neoeletti annullata. Al centro della discussione, proprio il nodo delle deleghe che non va giù al Pdl. Con Antonio Pilati a ribadire che una cosa di questo genere si può fare solo per legge, che c’è una sentenza della Consulta che specifica la centralità del parlamento. E a proporre un ordine del giorno – per ragioni di regolamento si potrà discutere solo nel prossimo incontro – che chiede al cda di pronunciarsi.
Alla fine, ma solo nel secondo tempo, e con la mediazione del consigliere in quota Udc De Laurentiis, il voto. Il (riconfermato) berlusconiano d’acciaio Verro si astiene. Fra battuta e verità, il sulfureo commento di Paolo Gentiloni: «Pare che per indurre i colleghi Pdl a designare la Tarantola Pilati abbia dovuto spiegargli la legge Gasparri». Ora la palla passa alla commissione di Vigilanza ed è tutto da vedere come Pdl e Lega decideranno di muoversi. Ieri anche il Carroccio chiedeva esplicitamente l’audizione di Tarantola. Per il vecchio centrodestra la strada è stretta: far mancare il numero legale, non votare o tirarla ancora in lungo avrebbe conseguenze importanti sul governo che pure il partito del Cavaliere sostiene. Con un’incombente possibilità di commissariamento che potrebbe vanificare tutti gli sforzi fatti finora perché proprio sulle deleghe andrebbe a incidere.
Nelle more, una ulteriore paralisi operativa della Rai. Tutto questo mentre il Pdl – o almeno una sua parte – coccola l’idea di portare a casa almeno un nucleo di poltrone utili in tempi difficili, in particolare dalle parti delle vicedirezioni e della fiction Rai. Ieri, all’ora di cena, gran conclave a palazzo Grazioli, dove Berlusconi ha riunito i vertici del partito. A quanto pare, però, si è parlato soprattutto di legge elettorale. Come è noto, al Cavaliere il tema Rai è caro, ma rendere burrascosi i rapporti con il governo (e metterlo in discussione) in questa fase non gli conviene. Tanto più che, a proposito di televisioni, ci sono anche altro un paio di cosette che gli stanno molto a cuore: la partita delle frequenze e la ricontrattazione delle concessioni.

da Europa Quotidiano 11.07.12