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«Ai terremotati 2,5 miliardi» Il miracolo degli aiuti bipartisan, di Alessandro Trocino

Il dibattito alla Camera e la passione dei deputati della zona. Due miliardi e mezzo di euro in un triennio, allentamento del patto di stabilità interno e dilazione dei termini di pagamento sulla fiscalità. È quanto prevede il decreto legge sul terremoto del 20 e 29 maggio che ha colpito tre regioni, sei province e decine di comuni.
Un testo per l’emergenza, che è stato definito da molti «un primo passo», sul quale il governo ha deciso di mettere la fiducia. Dopo la devoluzione della tranche di luglio dei rimborsi elettorali alla ricostruzione, ieri c’è stato un altro passo dei partiti: per iniziativabipartisan, un gruppo di deputati delle zone colpite dal sisma ha chiesto che il taglio di spesa di 150 milioni effettuato dalla Camera per il prossimo triennio sia destinato a favore delle popolazioni colpite dal terremoto. Iniziativa subito accolta dal presidente di Montecitorio Gianfranco Fini, che si farà promotore della richiesta con il governo.
I voti favorevoli alla fiducia sono stati 466, i contrari 66 e gli astenuti sei. Il voto finale sul provvedimento è previsto per oggi, poi il decreto passerà all’esame del Senato. La fiducia non è stata votata dalla Lega e dall’Italia dei Valori. Silvana Mura (Idv) ha espresso «il rammarico per il ricorso ingiustificato alla fiducia per un provvedimento che avrebbe potuto assumere un carattere trasversale». Ancora più duro Angelo Alessandri (Lega), che contesta la scarsità di fondi messi a disposizione, «una vergogna», e chiede «autonomia piena» per l’Emilia. Ma il Parlamento è stato sostanzialmente unito e il dibattito di lunedì — appassionato, intenso, molto meno svogliato e deserto del solito — ha colpito molti. Tra loro il deputato pd Ricardo Franco Levi: «È stata una bella pagina di politica, che ha fatto vedere la competenza e la passione civile di molti deputati e ha messo in luce anche l’azione degli amministratori locali».
Tema ribadito da molti, come il pd Pierluigi Castagnetti: «Chi visita quelle zone tutti i giorni e parla con i sindaci si rende conto che siamo di fronte a delle testimonianze di vero e proprio eroismo civile. Pensiamoci quando tagliamo freddamente le risorse agli enti locali, perché involontariamente tagliamo le radici dello Stato».
Appassionato anche l’intervento di Manuela Ghizzoni (Pd), di Carpi, che ha citato il motto dei suoi concittadini: «A tiam bota», teniamo botta. Si tratta, ha spiegato, di intervenire anche sul patrimonio storico artistico: «In ogni comune del Modenese c’è un teatro realizzato alla fine dell’800 con il concorso di tutta la cittadinanza, teatri sociali che sono il senso della nostra comunità».
Ma le critiche e le difficoltà non mancano. Il terremoto ha colpito una zona che produce il 2,5 per cento del Pil nazionale, interessando 5 mila imprese e 25 mila lavoratori. Ci sono stati 27 morti e gli sfollati sono 11 mila, con 18 mila studenti senza aule scolastiche. I 2 miliardi e mezzo di euro in un triennio (due in arrivo dai tagli della spesa pubblica e mezzo dall’aumento della benzina) sono soltanto la metà di quanto necessario. C’è stata la proroga dello stato di emergenza al 31 maggio 2012. Ma molto altro servirebbe e viene chiesto da più parti: la possibilità di escludere dal patto di stabilità le spese degli interventi, la detrazione dall’Ires delle spese di ricostruzione, il differimento dei termini fiscali oltre i limiti dell’attuale esercizio finanziario.
Tra i critici c’è la Confindustria dell’Emilia Romagna: «Le imprese fanno fatica a comprendere la decisione del governo di non inserire nel decreto legge sul sisma né il rinvio dei termini tributari, fiscali, contributivi a giugno 2013, né la detrazione del 50% delle spese di ricostruzione». Parole che seguono a quelle del presidente Giorgio Squinzi, secondo il quale la strada scelta dal governo «rischia di frenare la volontà di ripartenza delle aziende messe in ginocchio».

Il Corriere della Sera 11.07.12