Cambiare le norme decise dal Cdm sulla spending review ai capitoli «sanità» e «enti locali». Al Nazareno stavolta c’è grande preoccupazione perché i tagli previsti da Giulio Tremonti (8 miliardi nel triennio) sommati a quelli stabiliti da Mario Monti, 4,5 miliardi, rischiano di essere una stangata ulteriore per i cittadini in termini di assistenza sanitaria e servizi erogati dagli Enti Locali. Ieri il segretario Pier Luigi Bersani ha lanciato un vero e proprio allarme: «Si rischia il bis della vicenda esodati». Al governo la richiesta è di cambiare le norme rimodulando le misure e gli interventi anche sulla base delle indicazioni che arriveranno dai governatori delle Regioni.
«Nel decreto dice il segretario Pd che l’altro ieri aveva parlato di una «mazzata al servizio sanitario» ci sono cose buone e le appoggeremo con convinzione. Ci sono anche cose da correggere, quello che soprattutto non va riguarda il taglio delle risorse agli enti locali, già troppo indeboliti e l’intervento sulla sanità, in particolare, per ciò che riguarda la sanità, l’errore è prima di tutto tecnico. Non c’è sufficiente comprensione di come funzioni nella realtà il servizio sanitario». Il ministro della Salute Renato Balduzzi risponde a stretto giro di posta: «Una mazzata al servizio sanitario nazionale io proprio non la vorrei dare, proprio perché voglio bene al servizio sanitario nazionale. Si tratta di riuscire, in condizioni che non sono
facili e nelle quali anche alla sanità è stato chiesto di fare la propria parte nella revisione della spesa, a fare, come dice il titolo del decreto legge, una “revisione della spesa a invarianza di servizi per i cittadini”. È una sfida importante in cui sono coinvolti tutti: dai livelli di governo a tutti noi come utenti del servizio sanitario nazionale, agli operatori e ai professionisti della sanità, ai quali stiamo chiedendo molto, ed è giusto che il Ministro della Salute lo faccia presente».
TAGLI LINEARI
Ma il Pd definisce le misure previste nel decreto niente altro che tagli lineari, in stile Tremonti, e su questo punto Bersani non intende cedere e non è vero, come hanno fatto sapere da Palazzo Chigi che sul tema sono stati sentiti i partiti. Dal Nazareno precisano che l’unico contatto tra il Cdm e il segretario è avvenuto «per altre materie oggetto del provvedimento» anche se il ministro Renato Balduzzi conosceva bene la posizione e le preoccupazioni del Partito democratico. Di questo si discuterà anche lunedì, nella sede del Pd a Roma, per un’iniziativa nazionale sulla Sanità alla quale è stato invitato lo stesso ministro oltre a diversi governatori tra cui quelli di Toscana e Umbria. Già in quella sede gli stessi presidenti di Regione avanzeranno le proprie proposte alternative tra cui quella di lasciare a loro la facoltà di intervenire per raggiungere sì l’obiettivo di risparmio fissato dal decreto ma potendo decidere dove e in che modo tagliare e razionalizzare.
Critica anche la presidente del Pd, Rosy Bindi: «Non basta resistere sui piccoli ospedali ed averli salvati è stato il commento perché in questi anni la Sanità ha già dato. Noi faremo le nostre proposte in Parlamento ma il governo deve capire che c’è bisogno di modificare il provvedimento». Beppe Fioroni proprio su servizi e sanità traccia la linea: «Ben vengano la lotta allo spreco e allo sperpero, e il dimagrimento dello Stato: Monti ha tutto il nostro appoggio. Ma non è pensabile che dietro il motto “non aumentare le tasse al cittadino” gli si mettano pesantemente le mani in tasca per fargli pagare la propria salute e la propria assistenza».
Intanto martedì è fissata anche la segretaria durante la quale Bersani deciderà la linea da tenere in Parlamento e con Palazzo Chigi. È un passaggio delicatissimo quello che si consuma sulla spending review: da un lato l’Udc di Pier Ferdinando Casini che appoggia senza dubbi il provvedimento, dall’altra Sel e Idv sul piede di guerra. E tutti guardano a come il Partito democratico gestirà il passaggio in Parlamento del decreto da approvare prima della pausa estiva delle Camere. I probabili, possibili, futuri alleati anche su questo tema sono agli opposti. Bersani stretto tra la pressione che arriva dagli Enti locali, la sua stessa base elettorale e le forze del futuro centro-sinistra lancia un appello: «Siamo pronti a ragionare su altre soluzioni discutendo con il governo e le regioni e in Parlamento. Ci auguriamo che tutte le forze politiche vogliano impegnarsi costruttivamente su un tema così delicato e che in particolare il Pdl sia disposto ad occuparsi, oltre che della Rai, anche della salute degli italiani». Dal Pdl è Osvaldo Napoli a rispondere: «L’altolà di Bersani sulla sanità appare prematuro e incomprensibile. Il segretario del Pd continua nella sua politica di sostegno basata sul “sì, ma…” e rischia di vanificare l’azione dell’esecutivo sul capitolo della spesa pubblica ritenuto, in Europa e negli organismi economici, decisivo per la credibilità del Paese». Pronto a fare le barricate Antonio Di Pietro: «Tra tutte le porcherie che questo governo ha fatto con tanta sobrietà, il decreto sulla spending review è una delle peggiori. Monti ha fatto l’esatto opposto di quello che aveva promesso: è andato giù con l’accetta». E promette proteste in «piazza, in Parlamento e con i lavoratori».
L’Unità 08.07.12
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“Bersani: sulla sanità misure confuse”, di Ugo Magri
Il segretario del Partito democratico attacca il governo: c’è il rischio di fare il bis della vicenda esodati
Stefano Fassina, Responsabile economico Partito democratico: «I risparmi siano fatti sugli acquisti di armi e sia introdotta un’imposta sui grandi patrimoni». Certi tagli Bersani proprio non li manda giù, quelli alla sanità in modo speciale. Dopo aver denunciato in un crescendo che mordono la carne viva della gente, ora il segretario Pd ne fa pure una questione di efficacia, solleva il dubbio che le misure del governo siano in grado di colpire gli sprechi.
«C’è il rischio di fare il bis della vicenda esodati», mette in guardia Bersani, «cioè di creare più confusione che risparmi». Già nei giorni scorsi aveva cautamente suggerito ai professori di non fare pasticci e magari di chiedere consiglio «visto che un po’ di competenza ce l’abbiamo anche noi…. Inascoltato, il leader democratico contesta l’«errore che deriva dalla insufficiente comprensione di come funziona il servizio sanitario».
In pratica dà degli ignoranti a coloro che hanno materialmente redatto il decreto. Dietro di lui c’è tutto un partito in rivolta, particolarmente duro Beppe Fioroni. È un po’ come se giorno dopo giorno il segretario del Pd volesse marcare le lacune dei tanto acclamati «tecnici», e preparare il terreno al grande ritorno dei governi eletti dal popolo.
A Palazzo Chigi nessuno si altera. Porta aperta a eventuali correzioni del decreto, approdato l’altra notte in Senato. Per rispettare i tempi, serve il varo entro il 25 luglio, insomma non c’è spazio per discussioni interminabili. Comunque il governo darà l’ok, se ne può ragionare. A patto che restino invariati i saldi (tanto entra, tanto esce), e che il Partito democratico avanzi proposte concrete. Martedì si riunisce la segreteria, qualche idea verrà senz’altro estratta dal cilindro. Le due al momento più gettonate, come le anticipa il responsabile economico del partito Fassina, consistono nei «risparmi sugli acquisti di armamenti» e in «un’imposta ordinaria sui grandi patrimoni».
Entrambe le proposte piaceranno moltissimo all’elettorato più di sinistra, e faranno da scudo contro gli attacchi di Vendola e di Di Pietro ( il quale si lancia a sostenere che «tra tutte le sobrie porcherie di questo governo, la spending review è una delle peggiori»). Si può bene immaginare lo scetticismo dipinto sulla faccia di Monti, il giorno che questi emendamenti saranno formalizzati. Specie sulla patrimoniale, il Prof sostiene di avere già fatto il possibile con l’Imu e non solo, andare oltre sarebbe molto molto difficile…
Il pressing di Bersani è a tutto campo. Considerato che a Palazzo Madama la maggioranza ce l’ha il Pdl, eccolo pungolare Alfano, «ci auguriamo che da quella parte siano disposti ad occuparsi, oltre che della Rai, della salute degli italiani…. Lo sfottò è bonario, ma di questi tempi i berlusconiani hanno poco da ridere, cosicché le risposte sono state piccatissime.
Cicchitto: «Non siamo un partito a sovranità limitata che fa da sponda al Pd». Il governo non si faccia intimidire da Bersani, protestano la Gelmini e Osvaldo Napoli.
Decisamente sopra le righe il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: «Bersani avrebbe dovuto fare la spending review al suo amico Penati a Milano, scoprendo cose interessanti». Si affida «all’intelligenza degli italiani» Pier Ferdinando Casini perché stavolta «ci sono costi da pagare, e forse voti da perdere….
La Stampa 08.07.12