Bersani dice che vuole un centrosinistra diverso da «quello di una volta» e che non vuole «arruolare» Monti. Due precisazioni, una per rispondere a chi (Di Pietro in primis) grida all’«inciucio» con Casini e una per porre un freno a chi (dentro e fuori il suo partito) parla di un presidente del Consiglio connotato politicamente.
La discussione sulle alleanze non è argomento che il leader Pd vuole tenere in primo piano, almeno quanto non voglia parlare adesso di primarie: «Abbiamo detto che le faremo, non che si aprono adesso, perché altrimenti saremmo da ricovero, chiamerebbero il 118». Adesso per Bersani si deve discutere dei «problemi dell’Italia» ed è partendo da qui che deve aprirsi anche il confronto sull’alleanza che si candida a governare nella prossima legislatura. Per questo liquida con poche battute chi lo avvicina al teatro Goldoni di Livorno, dove si svolge una conferenza programmatica del partito, mostrandogli le ultime dichiarazioni di Di Pietro sulle «alleanze innaturali» a cui starebbe lavorando il Pd: «Io non sto facendo inciuci con nessuno, io voglio partire da un centrosinistra, ma non da un centrosinistra di una volta, voglio partire da un centrosinistra di governo, dove non esistono teorie a scavalco, o di proprietà transitive per cui se ci sta uno deve starci anche l’altro finché si arriva a Grillo. No, perché c’è da governarlo questo Paese».
NO A OGNI TENDENZA POPULISTA
Bersani sta lavorando a una prima bozza della «carta di intenti» che dovrà servire da base programmatica e valoriale del nuovo centrosinistra. Si tratta di un testo breve, nella forma di decalogo, che poi verrà integrato dopo una serie di incontri con personalità del mondo della cultura, del lavoro, dell’associazionismo, e che dopo l’estate verrà ulteriormente elaborato insieme alle altre forze che intendono far parte dell’alleanza progressista. Ci sarà il no a ogni «tendenza populista», oltre al rispetto di un vincolo di maggioranza in Parlamento, e se un dialogo con Vendola è ritenuto possibile, con Di Pietro il rapporto è sempre più complicato.
Non ci sono solo gli attacchi al Quirinale e allo stesso Pd a non andar giù ai Democratici («noi mai abbiamo avuto una parola men che rispettosa e abbiamo preso insulti tutti i giorni si è sfogato Bersani pensiamo di metterci insieme a gente che ci insulta? Non esiste»), o il continuo flirtare con Grillo. C’è anche il veto messo dal leader Idv nei confronti di Casini «carnefice del centrosinistra» (come ha detto nell’intervista a Left), in questo differenziandosi anche da Vendola, che pur chiedendo un confronto programmatico proprio come Di Pietro dice di non avere «pregiudiziali verso un allargamento».
Per Bersani la prossima legislatura dovrà ancora fare i conti con i tanti problemi dell’Italia ed avviare una fase costituente, e questo potrà essere possibile soltanto se a guidare i processi sarà un’alleanza «di tutte quelle forze democratiche, moderate, costituzionali ed europeiste che possono dare una mano a sconfiggere il populismo e le derive di destra che si stanno muovendo in Europa». L’appello è a Vendola, a Di Pietro («dicano se anche per loro questo è il punto o no perché da qui non si prescinde», manda a dire il segretario Pd) e a Casini.
Con il leader dell’Udc il dialogo continua. E il fatto che dopo il successo del vertice di Bruxelles Casini si sia detto pronto a lavorare insieme a un governo guidato tanto da Monti quanto da Bersani («è il segretario del più grande partito italiano», ha sottolineato facendo anche capire che il «patto» progressisti-moderati è legato a una vittoria del leader Pd alle primarie di centrosinistra), è una importante novità di cui tener conto.
Il Pdl, ormai rassegnato all’impossibilità di un’alleanza con i centristi, ha reagito soprattutto all’ipotesi di una candidatura di Monti, nel 2013, alla guida dell’asse progressisti-moderati. Anche l’intervista a l’Unità di Enrico Letta, che ha parlato della necessità di una «forte continuità di programma e di uomini» tra questo e il prossimo governo, ha fatto scattare l’altolà nel Pdl, con Crosetto che accusa Pd e Udc di provocare elezioni anticipate e Gasparri che evoca i rischi insisti nel dare «connotazioni politiche» a questo esecutivo.
Bersani, oltre a far capire che la continuità con questo governo non sarà totale dal punto di vista programmatico («Vogliamo un’Imu più bassa e affiancata da un’imposta sui grandi patrimoni immobiliari, se non si farà ora si farà quando saremo al governo», e poi checché ne dica il governo «gli esodati per noi sono 270-280 mila e su questo non molliamo») mette anche un freno al tentativo di tirare per la giacca Monti. Un po’ per non rischiare di indebolirlo, un po’ perché il successo del premier a Bruxelles dipende da più fattori, non ultimo perché adesso a guidare la Francia c’è Hollande. «Che sia una risorsa lo vedrebbe anche un bambino, ma Monti non voglio arruolarlo», risponde a chi lo avvicina a Livorno. E poi: «Come mai si è riusciti a fare un patto al vertice Ue? Perché Monti ha giocato bene le sue carte, ma anche perché non c’era Sarkozy».
l’Unità 03.07.12