Cifre dettagliate ancora non esistono, ma al ministero per i Beni e le attività culturali il terremoto emiliano si sta lentamente traducendo in euro. E sono in tanti a scommettere che, tra qualche settimana, il costo dei danni legati al patrimonio culturale sarà prossimo al miliardo di euro, calcolando interventi di restauro, ricostruzione, o consolidamento a seconda dell’entità del crollo. Pochi giorni l’Unità di crisi e la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna, affidate entrambe a Carla Di Francesco, ha inviato una memoria informativa alla commissione Cultura della Camera dei Deputati.
L’analisi è dettagliata, la relazione porta la data del 21 maggio: sono lontani i tempi in cui la burocrazia culturale si muoveva come un elefante. Eccole, le cifre: 1335 segnalazioni di danni a beni culturali, 332 sopralluoghi già effettuati in complessi di vario tipo. Tra le segnalazioni, 239 riguardano complessi storico-artistici di proprietà pubblica, 382 complessi di proprietà ecclesiastica (in questa cifra rientrano 147 campanili segnalati come pericolanti in un incontro operativo tra direzione regionale dei Beni culturali e Conferenza Episcopale), 90 complessi di proprietà privata, 25 archivi pubblici, 807 beni mobili (opere d’arte) recuperati e messi in sicurezza, soprattutto al palazzo Ducale di Sassuolo ma anche in molti depositi sicuri di proprietà ecclesiastica. Attenzione, chiarisce la relazione: l’espressione ufficiale «complesso architettonico» indica appunto più edifici separati e autonomi tra loro (nel caso ecclesiastico chiesa/canonica/campanile/convento, nel caso privato villa/cappella/edificio padronale). Dunque i numeri indicano sinteticamente una realtà assai più ampia.
Una situazione gravissima, e bastano i numeri a dimostrarlo. Ma nella relazione appare, nero su bianco, il forte disagio del personale utilizzato nell’opera di ispezione, catalogazione e schedatura affidata a 31 architetti, 20 storici dell’arte, 4 archeologi, 9 assistenti tecnici, 2 fotografi, in organico agli uffici emiliano-romagnoli dei Beni Culturali. Un lavoro straordinario, e non solo nell’accezione burocratica della parola. Ma per ora del tutto gratuito, affidato quasi a una forma di volontariato in attesa che il governo si decida a permettere al ministero di utilizzare non fondi straordinari ma quelli già a disposizione autorizzando semplicemente una rimodulazione di spesa.
Si legge così nella relazione affidata alla commissione Cultura della Camera: «Non si può non segnalare che dal 20 maggio, giorno della prima scossa, dirigenti e tecnici del ministero sono accorsi per esaminare, capire, constatare, far fronte alle emergenze. Ma a tutt’oggi, impegnandosi anche di sabato e domenica, non hanno alcuna certezza di pagamento di missioni e straordinari. Lavorano anticipando le somme necessarie. Il confronto con il personale della Protezione civile è palesemente punitivo per quello di un settore, i Beni culturali, evidentemente considerato accessorio o inutile». In sostanza storici dell’arte, tecnici, archeologici raggiungono il luogo da ispezionare con la propria auto (la burocrazia ministeriale imporrebbe l’uso dei mezzi pubblici, impensabile in questo caso) pagando di tasca propria la benzina. Lavorano per intere giornate fino a sera, inclusi sabato e domenica. Ma al momento non ci sono fondi nemmeno per compensare professionisti che stanno tentando di salvare una parte importante del nostro patrimonio culturale. E cioè della nostra identità nazionale. Al ministero dei Beni culturali hanno visto sparire improvvisamente, nel decreto legge 74 del 6 giugno scorso e dedicato proprio ai primi interventi sul terremoto, la possibilità di convogliare energie economiche già esistenti e a disposizione su questo capitolo di spesa.
Altro appunto nella relazione: «Le strutture del ministero non dispongono di dotazione economica per prima sicurezza (a parte quelli già impegnati, equivalenti a 500 mila euro) né vedono prospettive per gli ulteriori interventi di ricostruzione. Il decreto legge 74 assegna alla Regione tutti i fondi: e l’accordo ministero-Regione è ancora da studiare. Non è chiaro se si potrà procedere condividendo piani, priorità, progetti né come saranno erogati i fondi per i Beni culturali…»
Il pericolo è quello di sempre: che il patrimonio storico-artistico resti il fanalino di cosa. Persino nell’elenco di priorità legato al terremoto emiliano, che ha invece colpito al cuore i simboli architettonici di intere collettività.
Il Corriere della Sera 02.07.12