"Quelle domande impossibili fatte ai ragazzi di terza media", di Mariapia Veladiano
Qualcosa di minuscolo. Minuscolo rispetto alla battaglia che si combatte ormai ogni anno primadurante- dopo le prove Invalsi, soprattutto quelle di terza media, la cosiddetta quarta prova (Prova nazionale per l’Esame di stato della scuola secondaria di primo grado: un po’ borboniche e spagnoleggianti le parole dell’ufficialità, forse su questo si può essere tutti d’accordo). Non si parla qui dell’opportunità: è davvero difficile sostenere che non sia opportuna, utile, assolutamente necessaria una valutazione nazionale, condivisa, degli apprendimenti che ci restituisca un’immagine di quel che la scuola fa. Valutazione e non giudizio. Che tenga conto dei contesti, dei mezzi, del valore aggiunto, che serva a portare risorse al posto giusto, ovvero dove ci son maestre e professori che fanno miracoli col nulla che hanno a disposizione, e non dove i risultati sono già garantiti dal contesto sociale degli studenti. Non si parla quindi di prove Invalsi in generale. Solo delle parole. Quelle che i ragazzi di terza media hanno trovato sulla loro prova Invalsi di italiano lunedì scorso. Un racconto di Carlo Castellaneta: bello, malinconico, drammatico, …