Bersani non si farà tirare dentro il dibattito che si è aperto attorno alle primarie. Né, dopo l’apertura di Casini a un patto per governare tra progressisti e moderati, vuole entrare nella polemica sulle alleanze. «In momenti così importanti ci sarebbe la necessità di stare un po’ più tranquilli», si è sfogato ieri con i suoi quando gli sono stati riferiti i contenuti della conferenza stampa di Vendola e Di Pietro. «Il punto vero è se siamo in grado di costruire un centrosinistra di governo che si allea con un centro moderato per ricostruire il Paese. Bisogna essere all’altezza del compito, e mostrarlo in modo chiaro». Quanto al lamentato veto su Di Pietro, Bersani nega che sia questa l’intenzione del Pd, però ha già avuto modo di far filtrare che non potranno essere siglati accordi né con chi attacca le istituzioni (e gli auguri dell’ex pm a Napolitano non cancellano le bordate dei giorni scorsi) né con chi polemizza con gli alleati per ottenere qualche consenso in più: «Serve una coalizione stabile, non la riedizione degli errori passati».
Ma sono appunto sfoghi che Bersani cerca di mantenere all’interno della sfera privata, perché non intende farsi trascinare in una discussione che a questo punto sarebbe veramente incomprensibile. Il leader del Pd ieri ha focalizzato l’attenzione soprattutto sul Consiglio europeo (e twittato «l’Italia ha giocato bene anche a Bruxelles. Ma la partita non è finita») prima di partecipare in serata a un incontro promosso a Milano da Libertà e Giustizia (e parlare con Sandra Bonsanti e Gustavo Zagrebelsky dei rapporti con la società civile e di come il Pd intenda «aprirsi»). E oggi sarà nel capoluogo lombardo per un’iniziativa del Pd sul Nord e su come far ripartire l’economia italiana.
Questa sarà la prima tappa di una serie di appuntamenti che Bersani ha fissato in agenda per le prossime settimane lungo tutta la penisola. «Pensiamo al Paese, adesso, non alle primarie» è il monito che ha consegnato sabato scorso ai segretari di circolo del Pd, riuniti a Roma per l’assemblea nazionale.
Le primarie per Bersani vanno affrontate al termine di un percorso che prevede prima la definizione di una «carta di intenti» (il leader del Pd presenterà la sua proposta di documento nella seconda metà di luglio, dopo che l’assemblea nazionale di metà mese avrà inserito una deroga allo statuto che consentirà a Renzi di correre): chi la siglerà potrà partecipare alla sfida per la candidatura a Palazzo Chigi. Non solo Bersani e Renzi, dunque, anche se dopo che Vendola ha fatto sapere di non essere interessato alla partita se le primarie dovessero essere un congresso interno al Pd, Salvatore Vassallo ha detto che a questo punto bisogna indire «primarie interne, cioè un congresso secondo le nostre regole», mentre il sindaco di Firenze ha twittato: «Vendola dice che io sono un estremista e quindi niente primarie. Accordo o solo scherzi del caldo?».
Bersani non entra nella discussione, e intanto archivia un sondaggio realizzato dalla Swg per “Agorà”: è dato primo alle primarie col 32%. Seguono Vendola col 23% e Renzi col 15%. Dietro, alla voce «altri», il premier Monti e il ministro Passera.
l’Unità 30.06.12