Sulla scena cupa della crisi europea s’avanza da qualche giorno in Italia un nuovo e vecchio partito dello sfascio che gioca con gli scenari del possibile disastro. La disfatta dell’Unione europea? Il fallimento della missione di Monti e la caduta del governo tecnico? La bancarotta di Stato e l’uscita dall’euro? Sarebbero tragedie senza rimedio per milioni di cittadini. Ma per un pugno di oligarchi, l’occasione di tornare alla ribalta e forse al potere. C’è sempre uno che ride dopo un terremoto. Ed è contro questo partito dello sfascio che il presidente Napolitano oggi è intervenuto con un paio di chiari messaggi.
Non esiste in Parlamento, prende atto Napolitano, il clima, lo spirito costituente e il coraggio di fare vere riforme. Ma questo non impedisce che i partiti lavorino al programma minimo di riforme, in particolare a una legge elettorale decente. Il secondo messaggio è a chi vuole le elezioni a ottobre, ovvero Berlusconi. Il Quirinale, cui spetta il compito di sciogliere le Camere, farà il possibile per evitare la caduta anzitempo del governo Monti e il conseguente, prevedibile bagno di sangue sui mercati internazionali del Paese.
È il contrario di quanto vuole il partito dello sfascio, che ha affidato infatti a Fabrizio Cicchitto una querula replica. L’asse Pdl e Lega, che ha dominato il decennio, è rinato negli ultimi giorni proprio intorno alla volontà di boicottare le riforme, accorciare il più possibile la vita al governo Monti e
impedire il ricambio dei vertici Rai. Questo fronte del “no” oggi conta un quarto dell’elettorato, ma è ancora maggioranza in Parlamento e intende usare fino alla fine il diritto di veto sul cambiamento. Su qualsiasi cambiamento. I gruppi dirigenti di Pdl e Lega non hanno anzitutto alcun interesse a riformare le istituzioni, sulle quali mangiano benissimo così come sono, e tantomeno a cambiare la legge elettorale. Negli incontri con Napolitano, Berlusconi e la Lega hanno sempre ribadito la volontà di cambiare il Porcellum. Ma nei fatti e con l’aria che tira, restituire ai cittadini la possibilità di scegliersi i rappresentanti significherebbe manda-
re via i gruppi dirigenti di quasi tutti i partiti, a cominciare da quelli del centrodestra. Il Porcellum conserva invece ai capibastone la facoltà di nominare in Parlamento le rispettive bande. L’altro vantaggio dell’attuale sistema elettorale è di produrre maggioranze fragili e quindi ben disposte a trattare con l’opposizione. Un vantaggio, s’intende, per gli sfascisti e soltanto per loro.
Sulla questione Rai la strategia di Berlusconi è altrettanto ovvia. Le aziende televisive del Cavaliere nell’ultimo decennio hanno campato del fatto di esprimere il presidente del consiglio e ora sono in caduta libera sul mercato, in Borsa e nella raccolta pubblicitaria.
Manca soltanto che il governo nomini alla concorrenza Rai un vertice capace e indipendente. Senza contare il puro panico scatenato nel sottobosco televisivo dalla possibilità che uno come Gherardo Colombo possa mettere il naso nel favoloso mondo degli appalti.
Berlusconi ha deciso di uscire dall’angolo con l’unica cosa che ha dimostrato di saper fare bene, un’altra lunga e spregiudicata campagna elettorale. Accada quel che deve accadere. La bancarotta, lo spread a mille, l’uscita dall’euro e dall’Europa. Può sembrare una strategia disperata di morti che camminano, il berlusconismo, i rimasugli di bossismo, l’asse del Nord. Ma nella terra dell’eterno ritorno tutto è possibile. Conforta l’esito del voto in Grecia, dove gli elettori sono tornati a premiare Nuova Democrazia, il partito di centrodestra che ha le maggiori responsabilità del fallimento nazionale. Quello che con Kostas Karamanlis aveva governato dal 2004, portando in soli cinque anni la percentuale del debito dal 100 al 170 per cento di Pil, truccando i bilanci di Stato, imbrogliando l’opinione pubblica sull’entità della crisi. Hanno abboccato i greci, possono ricaderci anche gli italiani, pensano ad Arcore e dintorni. Tanto alla fine, pure se italiani e greci hanno votato per anni leader impresentabili e truffatori, sarà sempre colpa della Germania.
La repubblica 29.06.12
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Domina il timore che ogni mediazione fallisca”, di MARCELLO SORGI
Espresso da Napolitano insieme con la speranza che un ripensamento dell’ultima ora possa consentire un recupero ormai molto improbabile, il timore che il voto Lega-Pdl sul Senato federale rappresenti la pietra tombale sul progetto di riforme costituzionali faticosamente concepito in Senato s’è diffuso a macchia d’olio tra tutte le forze politiche.
Le dimissioni del presidente della commissione in cui l’accordo era maturato, Carlo Vizzini, già mercoledì sera avevano fatto scendere un velo di pessimismo. Ed anche se Berlusconi, ieri a Bruxelles, ha cercato di minimizzare la portata dell’allarme lanciato dal Capo dello Stato, la sensazione è che anche per questa legislatura la Grande Riforma sia tramontata di nuovo.
Napolitano non si rassegna, anche perché il cambiamento della Costituzione, dopo quasi vent’anni di transizione, era stato il più importante obiettivo dichiarato della sua presidenza. E tuttavia il Capo dello Stato può spingere, stimolare, pungolare, ma alla fine tocca ai partiti in Parlamento discutere e approvare i testi.
Stavolta il programma limitato (rafforzamento dei poteri del premier, differenziazione dei compiti delle Camere e riduzione del numero di senatori e deputati, nuova legge elettorale), condiviso da centrodestra e centrosinistra, sembrava destinato a realizzarsi. Ma a farlo saltare, prima ancora dell’iniziativa a sorpresa di Berlusconi sul semipresidenzialismo alla francese, valutata da tutti come un modo di far saltare il tavolo, sono arrivati i risultati delle elezioni amministrative, con quel boom dell’antipolitica e del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo che ha fatto dilagare il panico tra le forze politiche. A quel punto, è scattato una specie di «si salvi chi può».
Per la stragrande maggioranza degli attuali parlamentari, che non sanno più se saranno ricandidati e rieletti e se i loro partiti continueranno ad esistere tra qualche mese, accostarsi all’idea di una riduzione per legge del numero dei loro scranni è diventato impossibile
L’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in altre parole, non si sa quanto ingenuamente, è stato solo il killer finale di una Grande Riforma già moribonda.
La cui archiviazione adesso, – a meno che non si trovi la strada per un salvataggio in extremis – rischia di trasformarsi nell’ennesimo tentativo suicida di una classe politica agli occhi di un’opinione pubblica sempre più scettica.
La Stmapa 29.06.12