È una notizia che non è una notizia, la decisione dell’Associazione dei Costituzionalisti italiani, presieduta da Valerio Onida, di impugnare davanti al Tar il regolamento sui criteri e parametri per la valutazione dei candidati e sulle modalità di accertamento della qualificazione dei commissari a fini dell’attribuzione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e seconda fascia dei professori universitari. Una non notizia perché le motivazioni di ricorso per illegittimità erano del tutto prevedibili e ampiamente note e annotate ai soggetti interessati all’estensione del regolamento, il ministero innanzi tutto, o coinvolti come “prestatori d’opera” (di criteri, parametri o altro), sostanzialmente l’Anvur. Era del tutto prevedibile che si potesse ritenere lesivi dei principi di eguaglianza e ragionevolezza, come oggi annotano i costituzionalisti, la scelta, per le materie umanistiche, di dividere le riviste in fasce di merito, deducendo, da quelle in classe A, mediane di accesso alla valutazione; ma più in generale, e questo vale per tutti i settori, definire criteri retroattivi definiti ora per allora, alla cui luce giudicare carriere di studiosi costruite in decenni di lavoro in assenza, e ignoranza soggettiva ovvia, di quei criteri; la cui definizione per altro è controversa, per la spinta che può dare al conformismo scientifico a scopi di carriera accademica. A parte i rilievi del Cun che pure ci sono stati, in Commissione cultura della Camera il Pd è giunto a votare contro il regolamento nel parere di legge previsto, anche per i motivi succitati. E sempre il Pd, su iniziativa di chi scrive, ha organizzato mesi fa un importante convegno sulla valutazione della ricerca in ambito umanistico, presenti ministro, vertici Anvur e Crui, dove i rilievi mossi all’iter del regolamento furono, e per tempo, quel li che oggi per iniziativa dei costituzionalisti saranno oggetto di pronuncia del Tar. Bisogna dire che il ministro Profumo se ne era reso conto, proponendo di sospendere le previsioni di legge della Gelmini per il conseguimento dell’abilitazione nazionale fino al 2014, e nel frattempo di sperimentare un nuovo meccanismo concorsuale. Condivisibile la preoccupazione, molto meno l’ennesima implementazione normativa, che avrebbe innestato altri motivi di contenzioso e al di là di questo contribuito di fatto ad un irrigidimento del blocco delle carriere dei ricercatori e dei docenti già in atto da troppi anni. Se si fosse dato ascolto a chi sosteneva che non si poteva giocare una partita di calcio con la regola che per vincere bisognava mandare la palla in rete, e solo dopo venire a sapere, a reti fatte, che quelle valide erano solo quelle segnate a seguito di corner, forse non si sarebbe arrivati a questo nuovo rischio che si fermi tutto: scorrimenti di carriera e nuovi ingressi nell’ università – ciò di cui c’è disperato bisogno. Allora cosa fare? Penso si possa esplorare una correzione ministeriale a tambur battente che sospenda il vincolo dei criteri contestati per accedere all’abilitazione. Sarebbe un esercizio di buon senso ex post in grado di farci ripartire.
l’Unità 27.06.12