Si parla troppo di elezioni anticipate, in autunno, per non prenderle sul serio. Anche e tanto più se – nell’attuale maggioranza – nessuno afferma di volerle davvero. Bersani, nei giorni scorsi, ha allontanato
l’ipotesi come una iattura. Una prospettiva a cui penserebbe Berlusconi, per non venire emarginato dal suo stesso partito – che ormai non c’è più. Questa soluzione, però, non risolverebbe nulla. Anzi: aggraverebbe la crisi italiana, di fronte all’Europa, all’euro e ai mercati internazionali. Eppure se si parla di possibili elezioni in autunno il rischio c’è. Perché, comunque, nessuno è in grado di garantire la tenuta e la stabilità della maggioranza parlamentare che sostiene l’attuale governo.
1. L’attuale governo, anzitutto, designato dal Presidente nello scorso novembre e accolto con soddisfazione dai cittadini, da qualche mese ha perduto consensi. Il premier, Mario Monti, dispone ancora del sostegno di oltre il 45% dei cittadini (dati Ipsos). È il più accreditato fra i leader. Ma è in calo sensibile, rispetto agli scorsi mesi. In marzo superava il 60%. In aprile: al di là del 50%. D’altronde, è difficile governare con una maggioranza parlamentare di “emergenza”. Che riassume forze e personalità politiche da sempre ostili, reciprocamente. È difficile fare riforme, assumere decisioni che la maggioranza precedente non era stata in grado di affrontare. Senza generare insoddisfazione. Politica e sociale. Tanto più se la posizione italiana, in ambito europeo e internazionale, resta debole. Perché, allora, tanti sacrifici? Perché “morire per l’euro”? Sono le voci, insistenti, che agitano la scena politica. E trovano ascolto crescente anche fra i cittadini.
2. È difficile, d’altronde, affidare all’attuale maggioranza il compito di sostenere il governo e la legislatura fino in fondo. Perché, semplicemente, è una maggioranza fittizia, matematica, parlamentare. Politicamente divisa e, anzi, attraversata da fratture irresolubili, su molte questioni politiche essenziali. Giustizia, informazione, televisione. I partiti: condizionati dal malessere degli elettori sulle principali riforme: pensioni, lavoro, fisco. 3. Per contro, non si vede come potrebbe emergere una nuova, solida maggioranza, da nuove elezioni. Proviamo a fare un po’ di conti, in base alle stime dei sondaggi condotti dai principali istituti demoscopici. Il centrodestra non c’è più. Pdl e Lega sono divisi. Ma anche se tornassero insieme non andrebbero oltre il 23-24%. Circa il 17-18% il Pdl e il 4-6% la Lega. Forza Italia, da sola, faceva di più. Il centrosinistra, però, non pare in grado di offrire un’alternativa valida. Perché fra il Pd e l’Idv (sempre più all’opposizione di Monti) il solco è divenuto un abisso, di mese in mese. Perché i tre volti di Vasto, Pd, Idv e Sel, insieme non raggiungerebbero il 40%. Mentre il Terzo polo appartiene al passato, liquidato da Casini. Ma l’Udc non va oltre il 7-8%. E i suoi elettori sembrano riluttanti ad allearsi con uno dei due poli.
4. Così è cresciuto e cresce ancora il quarto polo. Il partito di coloro che ce l’hanno con i partiti. Con il governo Monti, appoggiato dai partiti. Con le oligarchie dei partiti. Il partito di coloro che ce l’hanno con l’Europa dell’euro (marco). Interpretato, oggi, dal Movimento 5 stelle, ispirato da Beppe Grillo. Alle recenti amministrative ha ottenuto un grande successo, che ha diverse spiegazioni. Locali e no. Ma è cresciuto a dismisura, nel corso delle ultime settimane, trainato dall’insoddisfazione degli elettori. Di sinistra, ma anche e sempre più di centrodestra. In primo luogo, della Lega. Il M5s, attualmente, è accreditato di oltre il 20%. Secondo partito, dopo il Pd. In Veneto, tradizionale laboratorio del cambiamento politico nazionale, il M5s è divenuto il partito che dispone della maggior base di “fiducia” fra gli elettori il 26%. A causa della “sfiducia” nei confronti di tutti gli altri, in crollo di credibilità, negli ultimi mesi (Dati dell’Osservatorio Nordest per il Gazzettino, maggio 2012). D’altronde, un larga maggioranza degli elettori (il 43% in ambito nazionale, sondaggio Demos, maggio 2012), vedono nel M5s un mezzo per esprimere “la protesta contro tutti i partiti”.
Il problema del sistema politico italiano, dunque, è il “vuoto” che si è aperto al suo interno. Perché non ci sono partiti e tanto meno coalizioni in grado di aggregare una solida maggioranza di consensi. Tale da garantire non solo la vittoria alle elezioni, ma anche e soprattutto legittimazione, capacità di governare.
5. In questa fase, però, non ci sono neppure santi e protettori, in grado di offrire ai cittadini un riferimento, una luce, una sponda. O almeno un appiglio a cui aggrapparsi. Negli ultimi anni, questo ruolo è stato svolto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Che ha guidato il Paese, in tempi tanto duri, affidandone il governo a Monti e ai tecnici. Aristocrazia democratica di una democrazia rappresentativa sempre meno rappresentativa. Ora, però, neppure Monti riesce più a garantire il consenso popolare, intorno a sé. E Napolitano, il suo sponsor principale, ne risente, come mostrano gli indici di fiducia nei suoi, confronti. In calo significativo.
6. Il Vuoto. È la sensazione che provano i cittadini, in questa fase. Di fronte alle vicende dell’economia e dei Mercati. Difficili da comprendere e, quindi, da affrontare. Perché non è chiaro come difendersi – né chi ti può difendere – da minacce sconosciute. Fitch, Standard & Poors, Moody’s e per primo il famigerato spread. L’euro e la Germania.
Così tutto e tutti perdono fiducia. Tutte le istituzioni, non solo i partiti. L’Unione europea, lo Stato, il Parlamento. Ma anche la magistratura, la Chiesa, i sindacati. Così cresce il “Vuoto intorno a noi”. La sensazione di essere soli. Contro tutti. E, insieme, cresce la tentazione di affidarsi a chi è in grado di gridare al mondo la nostra insofferenza e la nostra rabbia. Poi, si vedrà.
7. Per questo le elezioni in autunno sono possibili, se non probabili. E, comunque, le elezioni alla loro scadenza naturale, nella primavera del 2013, non sono una soluzione. Semmai, una deroga, una pausa ulteriore, prima della resa dei conti. Nell’attesa che qualcun altro, oltre a Grillo, si proponga e ci proponga di colmare il Vuoto politico intorno a noi. Perché, echeggiando Aristotele, in politica, ancor più che in natura, il vuoto non può esistere.
Per questo non dobbiamo chiederci se e quando si voterà. Ma per quali partiti – vecchi e nuovi – e per quali leader – vecchi e nuovi. Con quale legge elettorale. Chi ha qualcosa da dire, al proposito, è meglio che lo faccia subito…
Se il Vuoto incombe, la colpa non è di Beppe Grillo.
La Repubblica 25.06.12