Davvero, il terremoto, in Emilia ha spostato le montagne se è vero che domani allo stadio dell’Ara di Bologna accadrannno come mai visti. L’appuntamento con l’imprevisto, con tutto ciò che avreste voluto ma non avete mai osato chiedere è, com’è ormai noto, alle ore 21. Benché si tratti di una iniziativa destinata ad alleviare i dolori prodotti dal sisma, lo spirito che la circonda è tutt’altro che mesto. E non basta la musica, tutta emiliana e buona come i tortellini e il Parmigiano a spiegare questo particolare clima di avvento. Vediamo di essere più chiari. 1) Conoscete Guccini abbastanza per sapere con certezza cosa avrebbe risposto se qualcuno lo avesse invitato a tenere un concerto nel corso dell’estate? Lui è gentile e avrebbe sicuramente risposto sorridendo: «No, grazie, non ce la faccio, non mi sento, non mi va…». Avrebbe risposto così anche a chi gli avesse chiesto di presentarsi sul palco di Woodstock, in fondo così vicino alla Via Emilia e al West, sgusciando così, per santa pigrizia da una foto di gruppo che lo avrebbe piantato nella storia accanto a Jimi Hendrix. Infatti, quel che non si percepisce immediatamente di questo gran poeta italiano è che è fantasticamente schivo, benché dai palchi che frequenta da mille anni a questa par- te dialoghi molto con il suo pubblico. Invece, ecco che non solo Francesco Guccini c’è, ma figura con i Nomadi tra i promotori del concertone di solidarietà. Patriota? Nel senso dell’Emilia, ovviamente? Anche. Lui che da quando era magro cantava in modenese, anzi, “bluesava” in modenese stretto e chi non lo conosceva faceva fatica a capire che non era uno slang del delta del Mississippi, ma una lingua imparentata col tortellino e con le pendici dell’ Appennino, e dalla rima non si scappa.
A proposito di Appennino: Guccini sta, in genere, a Pavana, e da lì non schioda, dalla sua casa, dalle sue canoe; al massimo, quando decide di espatriare, si spinge ai confini del suo mondo, e cioè Porretta che sta a un tiro di fionda, e già questo sforzo gli costa. Invece scende a Bologna, con quaranta gradi all’ombra. Diciamo queste cose non per spargere odiose retoriche o per spiegare quanto sia generoso – perché è generoso – ma per misurare, possibilmente con freddezza, la materia che l’appuntamento di Bologna è riuscita a spostare. E, se si può, per far modestamente apprezzare la qualità dello spostamento. 2) Ora, Guccini, abbiamo convenuto, è un poeta, autore di bellissimi racconti, padrone di un italiano limpido quanto lo era il latino di Tito Livio. Secondo noi non si è ancora arreso al fatto che un cantautore, bravo, conta più ( “di un laureato”) di uno scrittore oppure di un poeta che si esprime solo con le parole scritte, madovrà pensarci, soprattutto adesso che la sua presenza sul palco di domani ha “convinto” Caterina Caselli a cantare. Questo è il punto due: Caterina Caselli canta.
A qualcuno potrà sembrare inessenziale e sarà perdonato per la sua giovane età, ma è una notizia commovente: Caterina Caselli non è nata come talent scout, forse la più “in palla” della storia musicale italiana del Dopoguerra: Elisa è “farina” del suo sacco, come Andrea Bocelli. È nata interprete, e che interprete. Era (è) bellissima, aveva i capelli a caschetto biondissimi, si muoveva poco e cantava come una piccola dea senza fronzoli, senza moine, senza gorgheggi all’italiana.
Era moderna, si potrebbe dire se l’aggettivo non fosse, per certi aspetti legati al peggior vocabolario politico, rivoltante. In più, aveva avuto la ventura e anche il fiuto di andare a sbattere su brani fenomenali che sono rimasti nella rastrelliera degli standard della musica tricolore. Nessuno mi può giudicare (erano gli anni Sessanta), divenne subito una sorta di bandiera della lotta di liberazione delle donne e Caterina da questo fronte non si staccò mai più. Anzi, aggiunse tremenda: Insieme a te non ci sto più, un pezzo davvero meraviglioso ripreso nel corso dei decenni in mille salse, nessuna delle quali in grado di ingrigire la versione smagliante, roca, lenta ma potente messa in scena da Caterina Caselli. Canterà assieme a Guccini, glielo ha chiesto lei, Per fare un uomo, un vecchio brano che aveva arricchito il carnet dei Nomadi ai tempi del nostro adorato Augusto Daolio. Canterà, quindi, – dopo 42 anni di assenza dai microfoni – che «per il dolore è abbastanza un minuto», passaggio del pezzo quasi pennellato sul disastro che ha colpito questa bellissima terra nel giro di pochi secondi.
3) Non bastassero queste due montagne, il patriottismo emiliano sta per rovesciare sul palco dello stadio bolognese quasi tutte le sue risorse musicali, ed è impressionante fare i conti, tutti in una volta, con il ruolo di questa regione nella storia del cantautorato italiano. Nomadi, Pausini, Cremonini, Zucchero, Morandi – anche lui sceso dalle stelle -, Nek, Samuele Bersani, Carboni, Modena City Ramblers con Cisco, Stadio, Ligabue, Belli, Mingardi. E ci hanno scippato Lucio Dalla, destino fascista.
l’Unità 24.06.12