La destra ritrovata si accorda con un baratto per mettere mano alla costituzione e curvarla in vista di un disegno di parte, nel perfetto stile dell’occasionalismo politico. Non c’è nulla, in questi ridicoli aspiranti al ruolo di padri costituenti, che li avvicini alla tragica grandezza di Schmitt. Il loro goffo tentativo di innestare il presidenzialismo sregolato su un confuso senato federale aspira solo a gettare scompiglio. Dà la misura della effettiva levatura culturale della destra italiana questo disinibito gioco a mettere la Costituzione al servizio di un meschino calcolo tattico.
Con mosse di inaudita gravità nella loro immediata ricaduta istituzionale, la destra scatena una guerriglia cieca, condotta in Parlamento per farla finita con il mal digerito governo Monti. L’unica sua strategia, impaurita com’è di andare davvero al voto anticipato (la Lega, non meno di Berlusconi, trema alla sola idea di convocare le urne), è quella di far saltare il tavolo. La destra solo per alzare fumo prepara le condizioni di una crisi di legittimazione della Repubblica. Spera cioè di avere qualche chance di rinascere tra le macerie della democrazia.
La destra non aspira neppure al presidenzialismo. Sa perfettamente che, sulla base dei rapporti di forza attuali, la sinistra vincerà le elezioni. E non è certo per dei larvati timori di soccombere nella gara plebiscitaria che rigetta l’avventura presidenzialista. Lo fa per cogenti ragioni di coerenza formale e sostanziale che escludono ogni seria possibilità di trapiantare senza rischi di rigetto il presidenzialismo sull’organico impianto parlamentare disegnato nella carta del 1948. La destra, con un banale emendamento, prevede un presidenzialismo privo di argini e imposto a una carta ispirata ad altri principi. Per calcoli angusti, non disdegna la rottura plateale delle convenzioni costituzionali. Ritorna nella destra una inclinazione stupefacente a tramutarsi in un’area politica sleale. Non solo le fa organico difetto ogni cultura dell’alternanza, che sconsiglia alla maggioranza di imporre con atti di forza le regole che dovrebbero essere comuni. La destra tenta sempre con dei colpi subdoli di posare le mani sporche nell’ingranaggio delicato delle istituzioni.
Nel 2006, poco prima di lasciare il potere, la Lega e il Pdl confezionarono, nella prospettiva di una loro sconfitta ormai annunciata, la bomba del Porcellum e licenziarono il megadisegno di riforma costituzionale, che fu poi bocciato a grandissima maggioranza dagli elettori. Ora la storia si ripete. Che delle forze politiche colpite da un discredito che pare irrecuperabile, e che sono stimate insieme a non più del 20 per cento dei consensi, approfittino del vecchio ceto politico eletto nel lontano 2008 per sabotare la Costituzione è una scelta velleitaria.
Il decisionismo sbruffone della destra perdente è una caricatura miserevole del decisionismo storico, inteso esso sì come il risoluto colpo di mano di una maggioranza pronta a incassare un plusvalore politico dalla sua prevalenza numerica. Il tratto donchisciottesco di un decisionismo esibito da un esercito ormai allo sbando, che non sa neppure cosa farà tra sette mesi, non lo rende tuttavia meno pericoloso. A destra in realtà abitano delle folli pattuglie di guastatori, cioè dei ceti politici al tramonto e privi di ogni senso dello Stato, che, in procinto di abbandonare il seggio parlamentare, giocano alla rissa.
In Francia il generale De Gaulle, per imporre il regime semipresidenziale, ci mise ben 5 anni terribili, con violenze e frequenti forzature rispetto alle stesse regole previste dalla carta del 1958 per la revisione costituzionale. Gli apprendisti stregoni della destra italiana intendono battere ogni record e vogliono mutare con un blitz improvviso la forma di governo e di Stato in appena 7 mesi. In un Paese che rischia di sprofondare nell’emergenza di una crisi economica fuori controllo per la recessione e gli attacchi annunciati dei mercati, quella della destra è una squallida provocazione. Ma anche stavolta non passeranno. C’è un costituzionalismo democratico che per fortuna è molto più ampio delle file della sinistra.
L’Unità 21.06.12