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"Sul lavoro ora servono scelte chiare", di Luigi Mariucci

Può apparire singolare che si discuta di una sorta di scambio tra la soluzione del problema dei cosiddetti «esodati» e l’approvazione definitiva della riforma del mercato del lavoro. Eppure tra questi due temi esiste una evidente connessione.Infatti tra gli ambiziosi propositi della riforma Monti-Fornero vi è quello di «realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ecc.» (articolo 1, primo comma). Ora non vi è dubbio che vi sia un certo contrasto tra tali propositi e la condizione di quelle persone che avendo accettato una uscita anticipata dal lavoro nelle diverse forme (accordi collettivi, individuali, cassa integrazione, mobilità, dimissioni ecc.) in vista di una prospettiva pensionistica ravvicinata, si sono viste mutare d’improvviso le regole del gioco e quindi allontanarsi l’età pensionabile, talora per un numero considerevole di anni. Persone che quindi a causa di una modifica unilaterale delle regole da parte dello Stato si sono trovate in un singolare limbo: né lavoratori attivi né pensionati, ma disoccupati involontari e senza reddito. Si può immaginare qualcosa di meno «inclusivo»? Quindi la soluzione del problema degli esodati dovrebbe essere considerata una condizione se non preliminare quanto meno coessenziale alla approvazione di una riforma che si vuole appunto «inclusiva». Il che può farsi con una chiara norma definitoria delle situazioni in oggetto e non sulla base di approssimative stime numeriche derivate, alquanto arbitrariamente, per deduzione dalle cifre stabilite in copertura finanziaria. È dunque positivo che il ministro Elsa Fornero riconosca ora che le misure fin qui adottate, riferite a una quota di 65.000 interessati, sono insufficienti. Ma il ministro ora dovrebbe fare un passo in più: individuare una soluzione chiara e definitiva del problema. La vicenda degli esodati appare per altro verso emblematica dell’errore di fondo che è stato compiuto nell’impostare la riforma del mercato del lavoro. Si sarebbe dovuti partire fin dall’inizio dalla individuazione dei problemi reali più che dal proposito di produrre messaggi simbolici di dubbia efficacia pratica. Invece si sono persi dei mesi a discettare sulla riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e sono rimasti in ombra i problemi veri: il sostegno al reddito e le politiche attive del lavoro per quanti hanno perso il posto negli anni della crisi e per quanti, soprattutto giovani, cercano davvero lavoro e non lo trovano, o lo trovano solo di cattiva qualità ovvero precario. Questi erano i due punti essenziali da affrontare, da collegare a misure orientate a stimolare lo sviluppo. Invece si è messo mano a un complesso costrutto regolistico, i cui stessi aspetti positivi (come le misure introdotte per contrastare il ricorso abusivo a contratti di tipo precario) potranno determinare un effetto solo nel medio-lungo periodo, a condizione che si riattivi una dinamica di sviluppo. Ora pare che la riforma debba essere comunque approvata prima del Consiglio europeo del 28 giugno, per dare – si dice – una risposta ai mercati finanziari. Ma qui nasce un dubbio più profondo. Cosa sono questi mercati finanziari? Soggetti pensosi e occhiuti, ansiosi di conoscere il modo in cui in Italia si riformano l’articolo 18, i Cococo e le partite Iva, oppure un vasto e causale assemblaggio di istituzioni che si limitano a perseguire l’interesse immediato degli investitori, oppure una congrega di biechi speculatori, ovvero, ancora, come sostiene Scalfari nell’editoriale di domenica di Repubblica, addirittura un insieme di forze determinate a cancellare «ogni regola che miri a incanalare la globalizzazione in un quadro di capitalismo democratico e di mercato sociale»? Ardui interrogativi, questi, che esigono risposte politiche. E non si accontentano di complessi marchingegni, dai tratti talora bizantini, in materia di regole del mercato lavoro

l’Unità 20.06.12

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“ELSA DÀ NUOVI NUMERI. RIFORMA, SI CERCA LA QUADRA”, di Mariantonietta Colimberti

Alla fine il Pd ha trovato (forse) la quadra. Almeno per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’accelerazione sulla riforma del lavoro e dell’esigenza di tutelare la platea degli esodati. Al momento in cui andiamo in stampa è ancora in corso una riunione alla camera tra il ministro Fornero e i capigruppo di maggioranza, ma la posizione dem è sostanzialmente chiara: sì a consegnare a Mario Monti la dote della nuova legge da portare con sé a Bruxelles al consiglio europeo del 28, a fronte di assicurazioni «non verbali» (secondo le parole di Pier Luigi Bersani) sulla questione dei lavoratori rimasti senza stipendio e senza pensione.
Erano volate parole grosse. Toni secchi, un po’ imperativi, quasi anche definitivi. La velocità con cui l’altra sera Stefano Fassina aveva escluso che il disegno di legge sul lavoro potesse essere approvato entro la data auspicata dal premier non era piaciuta a Francesco Boccia, coordinatore dem delle commissioni economiche alla camera, vicino al vicesegretario Enrico Letta. «Che Stefano Fassina avesse l’inclinazione a prendere posizioni solitamente di pertinenza del segretario, da un po’ di tempo l’avevamo capito. Oggi scopriamo che il compagno Fassina ha deciso di sostituire anche il capogruppo Franceschini» aveva tuonato Boccia. Il tema, al di là dei toni usati dai singoli esponenti dem, era di quelli potenzialmente deflagranti.
In un’intervista al Sole 24Ore, il capogruppo in commissione lavoro della camera ed ex ministro, Cesare Damiano, aveva detto che senza una soluzione contestuale sugli esodati il via libera anticipato non ci sarebbe stato. Ieri mattina, in una riunione del gruppo convocata da Dario Franceschini, alla quale è andato anche il segretario, sono state esaminate le ipotesi di “negoziato”, e individuate le priorità sulle quali vincolare la trattativa: esodati, nonché qualche miglioramento su singoli punti della riforma, tipo gli ammortizzatori sociali e le partite Iva; modifiche da introdurre o nel decreto sviluppo o con decreto a parte. Uscendo dalla riunione, Bersani rispondeva ai giornalisti che gli chiedevano se il Pd fosse pronto a votare l’eventuale fiducia: «Le fiducie le abbiamo sempre date».
Nel pomeriggio, l’apertura di Fornero in senato, sia con l’ammissione dell’errore sui numeri – sarebbero 55mila gli esodati in più aventi diritto ad essere salvaguardati – sia con l’impegno a trovare una soluzione attraverso un confronto con le parti sociali hanno facilitato il compito del Pd. Intervenendo nel dibattito, Nicola Latorre ha mostrato apprezzamento per la comunicazione di Fornero, definendola «un significativo passo avanti», per aver individuato la platea dei lavoratori per i quali si rende necessario un provvedimento urgente, «andando ben oltre i termini dal ministro stesso definiti nei giorni scorsi».
Secondo i criteri illustrati dal ministro, ha sottolineato Latorre, gli operai della Fiat di Termini Imerese sarebbero «salvi». Nelle parole del vicepresidente del gruppo dem al senato anche una importante disponibilità sui tempi: «Agire per tutelare tutti i lavoratori. È un impegno che richiederà la paziente ma indispensabile ricerca di un nuovo patto sociale e di un tavolo governo-sindacati che resta il luogo indispensabile per gestire un processo così complesso». «Parole utili » quelle della Fornero secondo Anna Finocchiaro.
Non sono state, invece, particolarmente positive le reazioni dei sindacati. Di «un ennesimo colpo di scena peraltro ancora confuso» hanno parlato esponenti della Cisl, la cui organizzazione dei pensionati manifesterà oggi con le analoghe della Cgil e della Uil. E il 2 luglio le confederazioni saranno ancora insieme a Napoli per reclamare misure per lo sviluppo, soprattutto nel Mezzogiorno. Non è convinta delle cifre della Fornero la Cgil: «Ricomincia la danza dei numeri, ma per la soluzione del problema siamo ancora in alto mare – dice Vera Lamonica, segretaria confederale – Il ministro ora parla di 55mila persone e annuncia un censimento che non si capisce quando si farà e soprattutto perché non è stato fatto finora. Non si inverte però la logica che ci ha condotti fino a qui. Non ci sono lavoratori che meritano di essere salvaguardati, ma una certezza del diritto che va ricostruita riparando all’errore».
Sulla questione dei numeri, il ministro, che ha negato di aver mai «mentito», è tornata ad accusare l’Inps, colpevole di aver fornito delle cifre senza distinguo, mettendo insieme categorie e numeri.
Sempre nella giornata di ieri, un’indagine della Fondazione studi dei consulenti del lavoro sosteneva che gli esodati non scendono sotto i 370mila. Il ministro non ha ritenuto di farne cenno. Un attacco a sorpresa, durissimo nei toni, contro la riforma del mercato del lavoro è stato sferrato dal presidente degli industriali, Giorgio Squinzi. «Una boiata che dobbiamo approvare così com’è entro il 28 giugno» ha detto, suscitando l’immediata risposta del ministro: «Sono certa che il presidente di Confindustria si ricrederà».
È noto da tempo che gli imprenditori ritengono insufficiente la flessibilità in entrata garantita dalla riforma e non sono soddisfatti neanche della mediazione trovata sull’articolo 18. Anche i dem vorrebbero introdurre delle modifiche alla riforma, in particolare facendo slittare di almeno un anno l’introduzione dell’Aspi, il nuovo ammortizzatore sociale, allo scopo di non creare ulteriori problemi e drammi sociali in piena crisi economica. Ieri Fornero si è detta disponibile a modifiche, alla luce di una verifica dei risultati che potrà essere fatta entro l’anno.
Ora l’importante è che la riforma passi e che Monti possa andare a Bruxelles con il risultato promesso in tasca. Poi, attraverso un monitoraggio permanente, si potranno individuare correttivi, insieme alle parti sociali. Basterà?

da Europa Quotidiano 20.06.12