Quante altre biblioteche italiane sono nelle condizioni di quella dei Girolamini? Nessuno osi far la parte dell’offeso. Se dalla biblioteca napoletana di Giovanni Battista Vico sono spariti almeno 2.202 libri antichi, ritrovati dalla magistratura in tre differenti garage o depositi di Verona e dintorni legati a Marino Massimo De Caro, l’uomo che si spacciava per laureato e non lo era, si spacciava per professore e non lo era, si spacciava per il principe di Lampedusa e non lo era, vuol dire che poteva succedere.
C’è chi dirà: è stato un caso eccezionale. No: nessun asino si è mai levato in volo, nessun uomo è mai rimasto incinto, nessuna gazzella ha mai sbranato un leone. Se a Napoli è successo che un trafficante di libri antichi sia stato nominato direttore di una delle più importanti biblioteche italiane, cioè del mondo, vuol dire che nel nostro sistema può accadere. Esattamente come era già accaduto che l’elettricista Claudio Regis detto «El valvola», sedicente ingegnere (poi processato e condannato per questo) fosse nominato per meriti leghisti ai vertici dell’Enea o il sedicente dottor Francesco Belsito, con un diploma e due lauree taroccate, venisse piazzato ancora per meriti leghisti (sia chiaro: molti altri partiti non possono scagliare la prima pietra) alla vicepresidenza di Fincantieri. Ha dunque perfettamente ragione Tomaso Montanari, lo storico dell’arte che per primo denunciò la stupefacente gestione di De Caro raccontando di strani movimenti notturni che facevano pensare all’asportazione di volumi preziosi, a insistere nel chiedere conto di quanto è accaduto al ministero dei Beni culturali. E sbaglia Lorenzo Ornaghi ad affidarsi solo all’inchiesta della magistratura senza avviare, da quanto si capisce, un monitoraggio a tappeto su come avvengono certe nomine. Proprio l’inchiesta infatti dimostra quanto sia indispensabile capire esattamente «cosa» è successo per impedire che capiti di nuovo. Nell’ordinanza di custodia cautelare contro De Caro e i suoi complici, il gip Francesca Ferri scrive che la nomina del direttore della biblioteca dei Girolamini fu fatta «ad onta di ogni regola e grazie all’influenza politica correlata all’incarico fiduciario di consigliere del ministro per i Beni e le attività culturali Gian Carlo Galan», il quale si è scusato dicendo: «Me lo aveva presentato un uomo al quale devo tutto nella vita: Marcello Dell’Utri». Che «appare davvero semplicistica la rappresentazione della vicenda come una conseguenza della circostanza del tutto casuale che un soggetto, amante dei libri antichi e da tempo interessato al loro commercio (legale e illegale) si sia ritrovato, ad un tratto, alla direzione di una delle biblioteche più antiche e preziose d’Italia, e che, per la perdurante assenza di controllo e vigilanza da parte degli organi del ministero a ciò deputati era facile bersaglio di mire predatorie». Che l’ex direttore generale per le biblioteche del Mibac, Maurizio Fallace ha raccontato ai giudici di «insistenti pressioni» «affinché provvedesse alla ratifica» della nomina «nella stessa giornata». Il nodo è questo: servono nuove regole perché non accada più. Mai più.
Il Corriere della Sera 20.06.12