Sui «fondi neri» che sarebbero stati ottenuti «gonfiando» i costi degli acquisti dei diritti tv da parte di Mediaset ci sono «le impronte digitali» di Silvio Berlusconi. Con queste parole il pm Fabio De Pasquale ha motivato ieri, nel corso della sua requisitoria, la richiesta di condanna a tre anni e otto mesi di reclusione per l’ex presidente del Consiglio, accusato di frode fiscale. Richiesta definita «assurda» dal Cavaliere: «Durante il mio mandato da premier per i Pm avrei avuto la voglia e il tempo di interferire in una società quotata».
Davanti ai giudici della prima sezione del tribunale di Milano, De Pasquale ha chiesto altre dieci condanne. La pena più alta (sei anni) è per il fondatore di Banca Arner, Paolo Del Bue, accusato di riciclaggio. Cinque anni, invece, De Pasquale li ha chiesti per Erminio Giraudi e quattro anni per Carlo Rossi Scribani. Per Daniele Lorenzano e Frank Agrama la richiesta è di tre anni e otto mesi mentre per Fedele Confalonieri la pena richiesta per frode fiscale è di tre anni e quattro mesi. Infine, tre anni per Marco Colombo, Giorgio Dal Negro e Manuela De Socio, e due anni e sei mesi per Gabriella Galetto.
Per De Pasquale le prove contro Berlusconi sono «completamente univoche». Fininvest, infatti, «è interamente posseduta dalla famiglia Berlusconi e il controllo è di Silvio Berlusconi, ed è stata Fininvest che ha organizzato la frode» sui diritti tv. Secondo De Pasquale, Berlusconi «è il beneficial owner delle società off shore maltesi» che hanno avuto un ruolo importante nella compravendita dei diritti. Non solo. Sempre secondo l’accusa, «i conti bancari dove sono stati versati i fondi neri realizzati mediante le frodi sono riconducibili a Berlusconi»: si tratta dei «conti svizzeri e delle Bahamas» e di quelli «gestiti dal fiduciario Del Bue». Dalle «società maltesi alla Silvio Berlusconi Finanziaria», ha spiegato De Pasquale, sono transitati 500 milioni di dollari: «la metà è servita a pagare i veri fornitori, l’altra metà, circa 250 milioni, è rimasta nel comparto riservato di Fininvest».
Le irregolarità avrebbero riguardato «circa tremila titoli di film che hanno dato origine a circa 12mila passaggi contrattuali», quattro passaggi per ogni titolo. Con questo sistema, secondo il pm, tra il 1994 e il 1998 gli acquisti dei diritti tv sarebbero stati gonfiati di circa 90 milioni di dollari l’anno, per un totale di 368 milioni di dollari. Per i bilanci 2001-2003, l’imputazione è di circa 40 milioni di dollari di costi gonfiati.
Il Sole 24 Ore 19 giugno 2012