Qualcuno si è «autosfollato» al mare, tra Rimini e Cesenatico, concedendosi qualche ora di relax prima di rientrare nelle tendopoli. Altri, approfittando delle verifiche d’agibilità effettuate dai vigili del fuoco, hanno recuperato abiti e oggetti dalle loro abitazioni lesionate. A quasi un mese dalla prima delle tre scosse superiori al quinto grado di magnitudo che hanno piegato questo angolo di Emilia (era il 20 maggio, le altre due il 29 e il 3 giugno), sono oltre 15 mila gli sfollati, centinaia le piccole e grandi aziende ancora ferme, moltissimi i centri storici transennati, per non parlare di scuole e chiese. I morsi del terremoto, stando alle rilevazioni dell’Istituto nazionale di geofisica, si stanno gradualmente riducendo sia come frequenza che intensità. Tra sabato e domenica, sono state una dozzina le scosse, tutte attorno a magnitudo 2, praticamente avvertite soltanto dai sismografi.
Qui incrociano le dita, nessuno si azzarda a fare previsioni, anche perché, in queste ore, i maggiori disagi non provengono dal sisma, ma dall’afa. «Nelle tende si arriva anche a 50 gradi» afferma una signora nel campo di Mirandola. Ieri, nel Modenese, la temperatura ha superato i 32 gradi. «È impossibile resistere durante il giorno e anche di notte sta diventando un problema». La Protezione civile ha inviato 1.400 condizionatori nei campi, ma per motivi di tenuta della rete elettrica non tutti sono ancora stati installati. In compenso, sono state aperte alcune vie del centro storico di Mirandola, riducendo la zona rossa e consentendo ad alcuni commercianti di entrare nei negozi. «È un primo passo — dice il sindaco Maino Benatti — che dà morale all’intera comunità». A Mantova sono state riaperte alcune sale del Palazzo ducale. Resta invece ancora chiusa la Camera degli sposi del Mantegna.
Il prossimo passo, qui atteso come manna, è la conversione in legge del decreto per la ricostruzione, a cominciare dalla riapertura di quei capannoni industriali rimasti illesi. Dopo gli impegni presi dal premier Mario Monti venerdì a Bologna («Siamo vicini alle popolazioni e non faremo mancare nulla»), il pallino è tornato nelle mani del governatore dell’Emilia-Romagna, il pd Vasco Errani, nel ruolo di commissario straordinario: «Con il governo abbiamo costruito una prima risposta — ha detto —, ma bisogna andare avanti. Non chiediamo nulla di più, ma neanche nulla di meno, di quanto è stato fatto in altre emergenze». Ricordato che la produttività di questa area è pari al 2% del Pil, Errani ha aggiunto: «Se non riusciremo a ripartire da qui, non ripartirà nemmeno il Paese». Anche il governatore lombardo Roberto Formigoni ha chiesto al premier Monti, per il Mantovano, «provvedimenti più forti rispetto a quelli assunti finora».
Il Corriere della Sera 18.06.12