Affrontare questioni etiche non è facile, ma abbiamo trovato una sintesi alta tra culture diverse. E questo è un grande risultato
Così si afferma il rispetto delle differenze e dell’autodeterminazione nelle scelte sulla salute. Non è facile oggi legiferare su questioni etiche. Non lo è perché una destra che ha dimostrato scarsa autonomia nel quasi ventennio in cui ha governato ha fatto aggravare ogni questione che in altri Paesi europei è già regolamentata da tempo, dalle unioni civili anche tra persone dello stesso sesso alla procreazione assistita, dal testamento biologico alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Con le maggioranze che si sono susseguite non si sarebbe mai raggiunto quel livello di capacità riformatrice degli anni 70 che ha rivoluzionato la sfera dei diritti civili col divorzio, la legge 194, la riforma del diritto di famiglia. Ma non è facile affrontare questi temi neanche per il Pd, un partito giovane, ma che è nato con una grande ambizione: riunire le culture riformatrici che hanno segnato la storia della Repubblica, forze laiche e cattoliche, credenti e non credenti.
Una scommessa difficile, che è entrata in crisi già in diversi momenti. Costruire un gruppo che ne discutesse in libertà, senza remore, per produrre una sintesi «alta» è stata una scelta coraggiosa. Se fosse fallita, sarebbe stato un boomerang che avrebbe compromesso la stessa vita del partito. Così non è stato. Abbiamo messo a disposizione degli iscritti e degli elettori, dell’opinione pubblica tutta, il frutto di una discussione lunga e approfondita, nella quale non sono mancati momenti di tensione, ma che costituisce un esempio di come sia possibile governare le differenze nelle scelte politiche. La nostra è l’epoca delle grandi rivoluzione tecnologiche e della ricerca genetica, che hanno modificato il concetto di «vita» e reso più labile il confine tra «naturale» e «artificiale».
Viviamo sempre più intensamente in società multiculturali, nelle quali si moltiplicano le concezioni del bene a confronto. Come può la politica legiferare su temi cruciali che riguardano la coscienza e le credenze di ciascuno rispettandole tutte e senza assumerne nessuna in particolare? Certamente, la nostra Carta costituzionale è una stella polare; garantisce eguaglianza, libertà, diritti individuali, coesione sociale. Ma le novità sono tali che richiedono strumenti nuovi. La cultura liberale, con John Rawls, ci insegna che sui temi di maggior conflitto si può decidere solo fino al punto in cui si registra condivisione. Questo il gruppo, ciascuno e ciascuna con le sue competenze, ha cercato di fare, indicare direttrici possibili, momenti più elevati di sintesi fra culture diverse, a partire dalla condivisione di un valore fondamentale: la centralità dell’essere umano e della sua dignità. Troviamo allora riconosciuti cultura e diritti delle donne, rispetto delle differenze, diritto alla legalità, autodeterminazione nelle scelte che riguardano la propria vita e la propria salute, riconoscimento dei legami differenti da quelli matrimoniali, «ivi comprese le unioni omosessuali».
Si poteva fare di più? Sicuramente. Su questioni specifiche ognuno avrebbe fatto scelte diverse. Io sicuramente sarei stata più esplicita sulla possibilità di ricerca su embrioni soprannumerari, che invece restano inutilizzati e inutilizzabili, che farebbe segnare progressi nella cura di molte malattie. Tuttavia, valorizzare il lavoro che il gruppo, col contributo di tutti, ha portato a termine è esempio di buona politica, un’apertura su un’Italia più moderna e inclusiva.
l’Unità 17.06.12
******
Sui diritti serve più coraggio. Non capisco la timidezza dei democratici sul testamento biologico e la ricerca sulle staminali
di Ignazio Marino
Il documento elaborato dal comitato Pd è un passo avanti, ma occorrono posizioni più nette,
a partire da temi come le unioni tra omosessuali
I diritti civili non sono una concessione. Questa è la chiave, l’essenza su cui si fonda uno Stato laico. Laicità significa riconoscere l’uguaglianza tra le persone, difenderne la parità e la libertà di scelta. Questi principi nei giorni scorsi mi hanno spinto a non accettare il documento finale elaborato dal comitato diritti del Partito democratico, un organismo che era stato creato nel febbraio 2011, dopo una lunga discussione promossa da me e da molti altri nell’assemblea nazionale di Roma. Il documento rappresenta un passo avanti rispetto al passato poiché il partito ha finalmente dimostrato una volontà di confronto che prima era mancata. Come tutti i democratici, credo in una società proiettata verso il futuro e basata su principi come la libertà, il rispetto, l’uguaglianza, il diritto. Per il Pd, che ha nel suo carattere distintivo il sostegno di questi valori, è fondamentale non fermarsi mai e operare scelte sempre più chiare e innovatrici, altrimenti le sue esitazioni diverranno la sua più grande debolezza.
Prendere una posizione netta su un tema specifico non significa negare le diversità o non ammettere il pluralismo e la libertà di coscienza. Significa solo non avere alcuna indecisione nel momento in cui c’è bisogno di schierarsi dalla parte della libertà e dei diritti civili. Viviamo un momento di grande difficoltà, in cui gli italiani stanno sopportando il carico di pesanti scelte economiche e fiscali; il lavoro e l’economia, dunque, sono due settori importantissimi, ma non dobbiamo cadere nell’errore di rimandare le decisioni sui diritti. Da che parte stiamo? Pensiamo che due persone che si amano, se sono dello stesso sesso abbiano il diritto di sposarsi? Io penso che dovremmo, come accade nel resto d’Europa, dove ben venti Paesi, dal Portogallo, alla Finlandia, dalla Francia alla Germania, alla cattolicissima Irlanda e alla Slovenia, hanno adottato normative che garantiscono e tutelano i diritti di tutte le coppie, comprese quelle omosessuali.
Il Pd ritiene che si debba garantire anche ai single e alle coppie omosessuali il diritto ad adottare un bambino? A mio parere, la capacità di crescere un figlio non è una prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma in alcune circostanze può avvenire con l’amore e l’affetto di un single o di una coppia gay. Ciò che è veramente essenziale nel concedere l’adozione è soltanto l’esclusivo interesse del minore.
Qual è davvero la nostra idea di famiglia? Io penso che la famiglia cosiddetta tradizionale sia una istituzione straordinariamente solida: non ha bisogno dunque di essere difesa con politiche restrittive o proibizioni, ma semmai da un welfare efficiente, da asili nido e fondi per l’infanzia.
Le aggressioni contro le donne e gli omosessuali si sono intensificate in questi anni e rappresentano un esempio odioso, inaccettabile, di discriminazione e violenza: credo perciò che il Pd dovrebbe pretendere adesso, subito, una legge che punisca in maniera esemplare l’omofobia, oltre a pretendere un inasprimento delle pene nel caso di violenza sulle donne. Non sono temi meno importanti dello spread, semmai hanno maggiore rilevanza, perché non riguardano aspetti contingenti al tempo che viviamo ma valori essenziali per un democratico, in ogni tempo.
Non comprendo, poi, le timidezze di alcuni settori del Partito democratico sul testamento biologico. La politica e i partiti eletti in Parlamento non devono scegliere se proseguire o interrompere le terapie, devono solo permettere a ognuno di noi di decidere con i nostri affetti, quali cure riteniamo appropriate per noi stessi e quali no. Io credo che una legge amica della
vita debba rispettare le scelte delle persone: coloro che vogliono tutte le terapie che esistono oggi e quelle che esisteranno domani, dovranno essere protetti e dovranno averle, mentre coloro che non le vogliono dovranno poter accettare liberamente la fine naturale della vita.
Infine, la scienza. L’umanità seguirà la propria evoluzione, anche senza l’endorsement della politica italiana. Se non riusciremo a comprendere e governare il cambiamento, lo subiremo. Come facciamo già con il turismo riproduttivo, nel caso della legge sulla fecondazione artificiale, e come avviene con la ricerca scientifica sulle cellule staminali. Negli Stati Uniti, una sperimentazione sull’uomo basata sull’utilizzo di cellule staminali di origine embrionale per curare alcune forme di cecità ha dato, poche settimane fa, i primi sorprendenti risultati positivi, permettendo ad una paziente colpita da degenerazione maculare della retina (la più importante causa di cecità nel mondo industrializzato) di ritornare parzialmente a vedere.
Di fronte a prospettive di questa portata, chi potrà opporsi all’utilizzo delle cellule prelevate dagli embrioni congelati nelle cliniche per l’infertilità, non utilizzati a scopo riproduttivo e destinati alla distruzione? Sono davvero convinto che sia urgente trovare un equilibrio tra il mondo della scienza e le diverse sensibilità etiche e religiose. La via peggiore è quella di ignorare o negare ciò che sta avvenendo e non stimolare un dibattito libero da pregiudizi ideologici e che conduca alle scelte migliori per la nostra vita e la nostra salute.
l’Unità 17.06.12