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"Se la società civile diventa dorotea", di Curzio Maltese

Sono anni che la società civile protesta a ragione contro la lottizzazione. Un rito indegno e ormai intollerabile, come ha dimostrato la reazione popolare all’ultima spartizione della torta apparecchiata fra destra e sinistra sul tavolo delle autorità di garanzia. Ma per una volta che un partito, il primo partito secondo i sondaggi, il Pd, si ravvede, rinuncia alla fetta di nomine Rai e chiama le associazioni a indicare i nomi dei due nuovi consiglieri d’amministrazione di viale Mazzini, ebbene, scatta il panico.
Non se l’aspettavano, non sanno che cosa fare. È il ritornello ripetuto dai soggetti coinvolti, «Se non ora quando?», «Libera», «Libertà e Giustizia » e i comitati per la libertà che raccolgono molte sigle di associazioni e sindacali, da Articolo 21 all’Usigrai, in prima fila in questi anni contro lo scempio partitico della prima azienda culturale del Paese.
Fra oggi e domani Bersani e il Pd aspettano di ricevere i nomi dei consiglieri. Ma la società civile si divide in correnti, discute, litiga proprio come i partiti, fino al ridicolo di riesumare il vecchio arnese doroteo della «rosa dei nomi», pur di non assumersi direttamente la responsabilità finale della scelta. Rischia insomma di riprodurre lo stesso squarcio d’Italietta ingovernabile, rissosa e in definitiva inconcludente che giustamente si rimprovera al ceto politico.
Che cosa succede, signori? La richiesta è semplice e il compito non troppo complesso. Si tratta di scegliere due nomi di personalità indipendenti, oneste e capaci, che possano aiutare il nuovo governo «tecnico» della Rai, la presidente Tarantola e il direttore generale Gubitosi, nominati da Mario Monti, nell’impresa di restituire dignità ed efficienza alla televisione di stato, massacrata da anni di malgoverno partitocratico. Personalità che portino dentro al corpaccione estenuato e corrotto di un (ex) grande tv pubblica le nobili istanze rappresentate dalle associazioni. Il rispetto per le donne, azzerato dal ventennio berlusconiano. La lotta alla mafia, che la Rai ormai affida soltanto agli sceneggiati, alcuni dei quali piuttosto controproducenti. La libertà e la credibilità dell’informazione del servizio pubblico, tema sul quale è deprimente aggiungere qualsiasi commento. Qual è dunque il problema? Si tratta di un’occasione finora unica e insperata, ma può rivelarsi l’inizio di un’inversione di tendenza, da un circolo vizioso a uno virtuoso. Non solo in materia di televisione,comunque un campo di forte valore simbolico, ma in tutto ciò che attiene ai beni comuni. Bisogna coglierla al volo e basta. Il resto è solito «piove, governo ladro».
La società civile in Italia vanta molti meriti, ma è circondata anche da troppi aedi e adulatori interessati. È un vecchio trucco dei demagoghi trattare i cittadini come bambini buoni truffati da pochi astuti manigoldi. Parlando invece fra adulti, sarebbe invece poco serio ritrarsi dalla responsabilità di una scelta, dopo aver tanto a lungo criticato le altrui. Del resto, la mossa di Bersani non lascia alternative. Se finora le associazioni non hanno alcuna responsabilità dello stato disastroso in cui la politica ha condotto la tv pubblica, da domani in ogni caso ne avranno, in ogni caso. Se decidono di scegliere, ma ancora di più se, potendo scegliere, non faranno nulla.

L’Unità 17.06.12