Al termine dei propri lavori, il Comitato diritti del PD ha consegnato al Segretario del partito un documento che individua i principi comuni che dovrebbero animare la cultura politica dei democratici in materia di diritti. Il documento è stato largamente condiviso nelle sue linee di fondo e nella sua impostazione generale, pur nella pluralità di sensibilità e di posizioni su singoli punti. In questa prospettiva il documento viene offerto come contributo per l’elaborazione della sintesi politico-programmatica e delle concrete proposte legislative agli organi dirigenti del PD.
Principi comuni di cultura politica dei democratici in materia dei diritti
1. Il tema dei diritti riveste per il PD un’importanza centrale.
1.1. In quanto partito “democratico”, il PD ha scelto di porre la propria storia dentro quel grande movimento di democratizzazione della società che si è avviato con le Dichiarazioni dei Diritti dell’uomo e del cittadino nel secolo XVIII e che – attraverso le lotte di emancipazione sociale e del lavoro, la resistenza al totalitarismo, le lotte per l’emancipazione femminile – ha contribuito a scrivere le Carte dei Diritti che dalla fine della Seconda Guerra mondiale reggono a livello internazionale come a livello nazionale la nostra convivenza. In questa fase, di gravissima crisi non solo economica ma anche politica e culturale dell’Europa e dell’Occidente, un partito democratico non può non riaffermare che tra i diritti cosiddetti civili e quelli cosiddetti sociali e del lavoro c’è un rapporto di mutua implicazione: la natura a un tempo singolare e relazionale di ogni persona fa sì che la tutela dei primi non possa prescindere dai secondi, e viceversa. Per questo una nuova cultura politica dei diritti non può essere disgiunta da una cultura dei doveri e della responsabilità nei confronti degli altri. Come chiarisce in modo efficace la nostra Costituzione, all’art. 2, il riconoscimento dei “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, è strettamente legato all’”adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
1.2. Questo impegno riveste un’importanza ancora maggiore nel nostro Paese in cui la cultura dei diritti appare fortemente indebolita dalle politiche di centrodestra che, sia sul piano legislativo sia su quello della cultura politica, hanno rappresentato su questo terreno un momento di forte regressione. Il Pd ha di fronte a sé un duplice compito storico: da un lato, quello di ricostruire lo Stato di diritto, che solo può dare forza ed efficacia alla tutela dei diritti delle persone, dall’altro quello di rafforzare ed estendere una sensibilità di massa orientata in modo critico e democratico, in grado di sostenere con il proprio consenso un progetto di rinascita dell’Italia.
2. Il tema dei diritti si pone oggi in modo nuovo rispetto al passato.
2.1. Oggi è impossibile riflettere sul tema dei diritti personali senza tener conto del dato più dirompente che segna il nostro tempo: il vertiginoso aumento di potenza nelle mani dell’essere umano grazie alla rivoluzione tecnologica (biologia, comunicazione, intelligenza artificiale) esplosa negli ultimi decenni. Oggi la nuova potenza della tecnica sta mettendo sempre più in crisi la distinzione tra “naturale” e “artificiale”, consentendo alla tecnica di intervenire sugli stessi fondamenti biologici della nostra esistenza, dal momento del sorgere della vita fino ai confini con la morte. Per questo è essenziale incoraggiare, sostenere e rispettare il libero esplicarsi della scienza e dell’arte, ma al tempo stesso è del tutto evidente che tale immenso potenziale non possa essere lasciato alla nuda regolazione del mercato: se da un lato gli investimenti economici sono essenziali ai fini dello sviluppo della scienza e della tecnologia, d’altro lato la finalità della ricerca e l’utilizzo dei suoi risultati non possono essere definiti solo dall’aumento di ricchezza che essi possono produrre. È essenziale pertanto l’elaborazione di un’etica civile, di pratiche di governo, di norme giuridiche capaci di mettere questo potenziale al servizio di ogni essere umano. Ciò deve avvenire anche attraverso la valorizzazione del dibattito pubblico: oggi, le tecnologie della comunicazione consentono di dare vita a spazi di libera discussione tra i cittadini, nei quali, attraverso idonee procedure di informazione e diffusione delle cognizioni scientifiche e delle diverse possibilità che da esse scaturiscono, l’opinione pubblica adeguatamente informata può riappropriarsi della discussione su scelte cruciali, consentendo alla politica uno spazio non arbitrario di decisione sull’utilizzo di quel che la scienza, la tecnica e l’arte liberamente producono.
2.2. La sfida dei diritti si colloca oggi in un orizzonte multiculturale caratterizzato dal pluralismo delle concezioni del mondo e delle visioni etiche. Tale pluralismo è una ricchezza ed è alla base dello sviluppo della società europea che, dall’incontro tra popoli e culture diverse, ha saputo costruire quella forma di convivenza tra liberi ed uguali che proprio nella cultura e della tutela dei diritti sa trovare le forme e le energie per l’integrazione di nuovi gruppi e nuove culture che i fenomeni migratori hanno portato entro le nostre società. Se da un lato il pluralismo culturale rende difficile un’immediata intesa tra le diverse componenti della società, dall’altro costringe ciascuno al riconoscimento del proprio limite, al rispetto dell’altro, allo sviluppo di quelle capacità di dialogo e di intesa che sono requisiti fondamentali delle società liberali e democratiche e che rappresentano le basi culturali dello Stato laico disegnato dalla Costituzione italiana. È proprio il riconoscimento della laicità dello Stato, del suo carattere non sacrale, che costituisce il presupposto per un continuo adattamento della sua legislazione alle esigenze del pieno sviluppo della personalità degli individui che ne fanno parte. Per questo il Partito Democratico non solo riconosce e promuove il pluralismo all’interno della società, ma ritiene anche che esso sia un valore al proprio interno, perché dalla presenza di diverse tradizioni di pensiero, così come dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle differenze di genere, può ricavare un ineguagliabile patrimonio di valori e di significati da cui attingere per orientare la propria azione politica. Perché questa ricchezza plurale possa essere messa al servizio di tutto il Paese è essenziale che, mentre si richiede il rispetto e la valorizzazione di ogni tradizione e posizione ideale, si coltivi il senso della distinzione tra il piano delle visioni etiche e culturali, il piano delle decisioni politiche e il piano delle scelte legislative, del diritto e dell’esperienza giuridica, che hanno un loro grado di specifica autonomia. Si tratta, infatti, di piani strettamente correlati da un lato, ma anche rigorosamente distinti. I valori etici, da una parte, aspirano all’universalità, mentre le decisioni politiche sono sempre calate nelle situazioni storiche e particolari. I valori etici si comunicano attraverso argomenti e non si debbono imporre con la forza, le decisioni politiche si possono far valere anche attraverso la forza delle leggi che costringono all’obbedienza, l’esperienza giuridica fonda la possibilità di una convivenza sociale rispettosa della centralità della persona.
2.3. Ciò che va valorizzato, della deliberazione politica democratica su temi eticamente sensibili, è dunque il suo carattere di sintesi provvisoria e sempre perfettibile, che ha per oggetto la regolazione della modalità di esercizio dei diritti, resa talora necessaria per le richieste di nuovi riconoscimenti che possono emergere dalla società o per i conflitti che possono richiedere un’azione di bilanciamento. Solo la consapevolezza della provvisorietà e della perfettibilità della sintesi e del bilanciamento volta a volta raggiunti può rendere accettabile la decisione della maggioranza da parte di chi al momento non si ritrova nella soluzione prevalente. Per questo su temi eticamente sensibili va fatto ogni sforzo per raggiungere la massima convergenza e anche là, dove la contingenza impone una decisione, devono permanere l’ascolto delle ragioni dell’altro e l’apertura a soluzioni nuove e più inclusive. Dove, infine, inderogabili ragioni di coscienza, seriamente motivate, dovessero costringere ad assumere posizioni differenziate, tali scelte devono comunque trovare rispetto e possibilità di espressione. Tutto ciò sottolinea l’elaborazione creativa di una nuova cultura politica dei diritti che non può limitarsi alla sintesi delle diverse tradizioni del passato.
3. La persona e la società, i diritti e la legalità
3.1. Questa nuova cultura politica non può non ripartire dall’affermazione della centralità della dignità di ogni essere umano, dignità che è il vero e proprio anello di congiunzione dei diritti sia civili che sociali. Non è un caso che verso questa valorizzazione della dignità si sia indirizzato il miglior costituzionalismo contemporaneo, a partire dal secondo dopoguerra. Affermare la centralità dei diritti delle persone all’interno della società significa che tutte le realtà sociali (le formazioni sociali come le attività economiche, le istituzioni politiche come le leggi) sono luoghi e strumenti al servizio di ogni essere umano, perché, attraverso di essi, ciascuno possa giungere liberamente alla realizzazione di sé. È questa l’acquisizione fondamentale della nostra Carta Costituzionale e degli ordinamenti nati – a livello nazionale come internazionale – dopo l’esperienza dei totalitarismi, ossia di quei regimi che avevano ridotto il singolo essere umano a semplice parte di un tutto, a un mezzo per realizzare finalità ritenute più alte.
3.2. Il rinnovamento della cultura dei diritti, che metta al centro la persona, deve d’altronde farsi consapevole che la politica deve moderarsi e darsi dei limiti. Deve fare propria la categoria della “mitezza”, non solo abbandonando definitivamente ogni giustificazione anche indiretta dell’uso della violenza a scopi politici, ma anche impegnandosi al rispetto radicale della persona, delle cose e delle idee altrui. Ciò vale anche e soprattutto quando è politica democratica, ossia quando trova la sua legittimazione nel volere della maggioranza. Nemmeno il volere della maggioranza, espressosi democraticamente, può infatti disconoscere i limiti, che derivano dal fondamentale diritto delle minoranze e della stessa singola persona, di vedersi garantita la responsabilità ultima della propria sorte, ogniqualvolta le proprie libere scelte non mettano in questione la libertà altrui e non implichino posizioni di responsabilità da addossare ad altre persone ed alla società.
3.3. Una nuova cultura dei diritti deve inoltre mettere al centro il rispetto e la promozione della legalità e di una efficiente giurisdizione sul piano nazionale, europeo ed internazionale. La tutela delle persone e delle collettività passa attraverso la certezza del diritto, che è data da leggi generali, assunte democraticamente, trasparenti e chiare, da un’amministrazione efficiente, imparziale e resa responsabile nel gestirsi, da un sistema di tutela giurisdizionale, formato da Corti e giudici chiamati ad assicurare il presidio, indipendente ed imparziale, dei diritti e delle responsabilità di tutti, bandendo ingiustificati privilegi connessi all’espletamento di funzioni di autorità anche politicamente qualificate. Le garanzie di difesa, contraddittorio, terzietà del giudice e ragionevole durata dei processi, in cui si traducono concretamente imparzialità ed indipendenza, sono pertanto, per il PD, altrettanto indispensabili alla giurisdizione quanto lo è la libertà della partecipazione politica nei procedimenti deliberativi democratici. Ciò vale, in special modo, con riferimento alla giurisdizione penale, la quale più di ogni altra coinvolge i diritti fondamentali della persona.
4. Libertà, eguaglianza, differenza
4.1. Questa affermazione della centralità di ogni essere umano porta con sé il riconoscimento del suo diritto fondamentale alla libertà e ad un uguale trattamento: diritto ad un eguale trattamento il quale, se per un verso ha come corollario la restituzione della pari possibilità di essere libero, a chi ne è impedito da svantaggi di carattere economico e sociale o di genere di cui non rechi responsabilità, si traduce altresì nel diritto ad un uguale rispetto delle singolarità e differenze di ciascuna persona e collettività pur minoritaria.
4.2. La libertà di ciascun individuo è stata progressivamente riconosciuta nei nostri ordinamenti a partire dalla libertà personale, che implica anzitutto l’inviolabilità del corpo e l’intangibilità della sfera interiore di ciascuno, e si è poi allargata alla sfera sociale, ossia all’insieme delle relazioni con gli altri.
4.3. Il riconoscimento della natura non strumentale della persona e della sua dignità ha portato poi al riconoscimento dell’eguaglianza di ogni individuo e al rifiuto di ogni forma di discriminazione. Le tradizioni democratiche hanno sinora fatto di un’idea forte di eguaglianza un elemento costitutivo della loro identità. Nell’ordinamento giuridico italiano questa posizione si riflette nell’art. 3 della Costituzione, nella cui attuazione si risolvono integrandosi i due opposti modelli di eguaglianza elaborati dall’esperienza occidentale: l’eguaglianza formale nel primo comma, e l’eguaglianza sostanziale – come prospettiva da raggiungere – nel capoverso successivo. L’eguaglianza, secondo un’esperienza che va estendendosi all’Europa ed a gran parte dell’occidente, è ormai da intendersi, piuttosto che come astratta parità, o tantomeno come omologazione, come “ragionevolezza” e “proporzionalità” del trattamento delle persone, tenendo conto tanto delle pari opportunità da assicurare nell’esercizio dei diritti, quanto della libertà individuale e collettiva di svolgere la propria identità consapevole ed il proprio progetto di vita alla stregua di differenza da salvaguardare come legittima.
4.4. Per questo la lotta contro la disuguaglianza deve accompagnarsi al riconoscimento della differenza, in particolare di quella di genere- La soggettività femminile ha posto con grande forza il tema del riconoscimento di diritti e di una parità che non rinunci alle differenze, che invece sono essenziali per il libero sviluppo individuale e collettivo. L’inaudita crescita di nuove soggettività (basti solo pensare alla soggettività delle donne), e la moltiplicazione esponenziale dei piani di vita individuali cui stiamo assistendo (desideri, aspettative, immagini di sé) ha spostato negli ultimi decenni l’ago della nostra attenzione sul tema della differenza. Dobbiamo saper coniugare con attenzione questi due valori, come complementari ed inscindibili. Mai così eguali, nelle chances di affermarsi e veder riconosciuti i propri diritti, e mai così diversi, nella tutela, e nelle possibilità di sviluppo di identità e di progetti di vita individuali e collettivi: questa deve diventare la nostra bandiera. E a questo deve corrispondere la proposta di distinte – ma collegate da un unico disegno – piattaforme di diritti: piattaforme di diritti dell’eguaglianza e piattaforme di diritti della differenza, in una società che il PD vuole in massimo grado aperta e inclusiva.
5. Le sfide immediate dell’oggi
5.1. I diritti delle persone non sono oggi pienamente riconosciuti e sono spesso significativamente minacciati nei diversi ambiti della vita individuale e sociale, tenendo presente che, anche e proprio nel nostro paese, prassi conservative e talora persino regressive minacciano i medesimi diritti delle persone ed il loro sviluppo.
5.2. Vi sono violazioni delle libertà personali che toccano anzitutto il corpo umano.
Sono gli episodi che riguardano, ad esempio, la violenza sessuale, la tortura, le sperimentazioni non autorizzate, l’uso improprio di mezzi terapeutici e tecniche bio-mediche, le diverse forme di schiavitù, il traffico di organi. La violenza sessuale ed il susseguirsi delle uccisioni delle donne ci interrogano in profondità perché, non solo all’esterno ma anche e soprattutto all’interno di troppe relazioni di coppia e familiari, le donne sono ancora considerate oggetti di dominio e vittime di una relazione di sopraffazione. Rispetto a queste violazioni occorre riconoscere anzitutto il dovere del rispetto assoluto della vita umana e della sua indisponibilità ad essere trattata come mero oggetto o strumento, perché essa è condizione di possibilità della realizzazione della persona e della sua dignità. In questa linea la Direttiva 98/44/CE vieta che il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, possa costituire un’invenzione brevettabile e considera contrari all’ordine pubblico o al buon costume, e per tale ragione esclusi dalla brevettabilità, i procedimenti di clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano e le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Il trentottesimo ‘considerando’ della stessa direttiva precisa che questo elenco non è esauriente e che anche tutti i procedimenti la cui applicazione reca pregiudizio alla dignità umana devono essere esclusi dalla brevettabilità.
L’inviolabilità di ciascuno si basa sul riconoscimento che l’integrità della persona è inscindibilmente legata alla sua identità: l’offesa nel corpo è un’offesa alla dignità della persona e quindi non è solo violazione di uno spazio fisico, ma rottura dell’unità del soggetto umano con se stesso. L’integrità della persona deve essere rispettata sia là dove essa sia in grado di esprimere autonomamente la propria volontà, sia là dove ciò non possa accadere. Occorre darsi gli strumenti, anche legislativi, affinché la persona possa esprimere, anticipatamente e con forme e modalità adeguate e consapevoli, i propri convincimenti e la propria volontà per le situazioni nelle quali potrebbe non essere più in grado di esprimerli. Ed occorre adoperarsi per estendere la tutela delle libertà personali a chi, versando in stati magari anche solo transitori di incapacità ad esprimersi, è, come soggetto debole, maggiormente esposto al rischio di manipolazione e bisognoso di protezione e di rispetto. Va in questa direzione, d’altronde, l’indirizzo – ormai diffuso a livello europeo ed internazionale ed a cui il Partito democratico ritiene l’Italia si debba adeguare – circa la tutela da accordare anche alle persone minori di età, da un lato valorizzando quel tanto di volontà e di libero convincimento di cui esse si dimostrino concretamente capaci e, d’altro lato, improntando ogni decisione le tocchi personalmente al generale principio dell’assoluta preminenza e precedenza da dare all’interesse dei minori stessi. Un principio, questo, che è da praticare costantemente anche nell’ambito familiare, quanto al rapporto tra genitori e figli.
Per questo il PD si è impegnato a combattere queste forme di violazioni della libertà personale, anche attraverso specifiche proposte, quali ad esempio quelle contro la violenza sulle donne, contro l’omofobia e la transfobia, contro la manipolazione genetica, contro le terapie e le cure non rispettose delle volontà di colui che le subisce, contro la tortura e a favore di un trattamento umano dei detenuti nelle carceri. Non solo ci si deve astenere da interferenze che offendano la dignità della persona, nel rispetto dei convincimenti e degli stili di vita manifestati dalla persona stessa, ma occorre altresì constatare che la cura, l’assistenza o l’aiuto alla persona non sono più tali, né possono corrispondere al corretto soddisfacimento dei diritti della persona stessa, allorché non siano liberamente e consapevolmente accettati.
Il PD opera affinché il diritto alla cura debba essere garantito come esigibile da ogni persona, in ogni caso, specie da chi si trova in condizioni di povertà, materiale e relazionale, e di potenziale abbandono. Per questo afferma con convinzione la necessità che siano sempre assicurate prestazioni di cura adeguate a ciascun cittadino, in particolare agli indigenti. Ciò tra l’altro è suggerito dalla nostra Costituzione, che saggiamente all’art. 2, c. 1, considera la salute come “interesse della collettività”, oltre che come “fondamentale diritto dell’individuo”. Il diritto alla cura è declinabile anche come diritto ad essere sollevato dalla sofferenza con trattamenti palliativi, là dove non possa darsi altro rimedio, per ciò che la scienza e la tecnica allo stato consentono e nell’osservanza delle scelte della persona. È inoltre elemento coessenziale di questo diritto alla cura, e non è altro da esso in quanto connesso al diritto all’integrità personale, il diritto al rispetto delle scelte della persona, fin dove non si impongano esigenze collettive di tutela della salute. Nelle proposte del PD, la necessità di preservare il rapporto di fiducia e l’alleanza terapeutica tra il medico ed il paziente, nel quadro delle relazioni familiari ed affettive che lo circondano, rispetta il principio per cui il convincimento libero e la volontà individuale di chi è curato non debbono subire prevaricazioni o pregiudizi; mentre va assicurato il diritto ed il dovere del medico di non impartire al paziente stesso, il quale pure solleciti o acconsenta, trattamenti finalizzati a sopprimere la vita, tenendo sempre fermo il principio che l’ultima parola sull’intrapresa dei trattamenti e sulla loro prosecuzione è di chi li sopporta.
5.3. Vi sono poi violazioni dei diritti fondamentali anche nell’ambito della sfera spirituale. Anche su questo piano si registrano mancati riconoscimenti della libertà di pensiero e di religione. Ciò riguarda la sfera della libertà religiosa, della libertà scientifica e artistica, della libertà della ricerca scientifica, ma riguarda anche la sfera della formazione della pubblica opinione che si sviluppa attraverso l’accesso ad una informazione libera e plurale e di una educazione aperta e pluralistica. In questo ambito il principio fondamentale non può che essere quello del rispetto e della promozione della libertà di coscienza del singolo, che è un valore frutto anch’esso della convergenza, sia pure dialettica, delle tradizioni religiose e secolari. Il riconoscimento della libertà della coscienza pone un limite fondamentale al potere politico e ai suoi strumenti coercitivi che devono arrestarsi di fronte alla sfera interiore dell’individuo, e per ciò stesso anche di fronte alla sfera dell’arte, della cultura, della scienza. La difesa di tale diritto all’inviolabilità della coscienza, il cui esercizio non può evidentemente essere riservato al solo spazio interiore di ogni individuo, deve conciliarsi con il principio di responsabilità sociale per i comportamenti influenti su altre persone e sulla società. Per questo i riconoscimenti delle differenze di comportamento imputabili a identità o scelte anche religiose, etiche o filosofiche, anche nelle forme di obiezione di coscienza giuridicamente garantita, devono inserirsi in un regime di compatibilità con l’adempimento da parte di tutti i cittadini degli obblighi di solidarietà sociale ed il rispetto dei diritti altrui. È compito delle istituzioni pubbliche, da un lato, riconoscere la libertà di coscienza anche dei propri operatori, dall’altro, garantire a tutti i cittadini la protezione e l’assistenza di cui hanno diritto. In questa direzione il PD ha avanzato proposte a sostegno della libertà religiosa, a difesa di una informazione libera e plurale, a sostegno della libertà di ricerca.
5.4. Il PD considera la situazione della libertà di circolazione delle informazioni e delle opinioni scientifiche e culturali attraverso i mezzi di comunicazione, nonché la situazione delle istituzioni di ricerca, di istruzione e di formazione in Italia come emergenza da affrontare prioritariamente, tenendo conto che la situazione italiana è caratterizzata, oggi, da maggior rischio rispetto a quella di altri paesi europei ed occidentali. Il PD si batte affinché l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa sia improntato ad effettivo pluralismo, contro situazioni di monopolio o oligopolio e conflitti di interessi dei gestori, in vista della massima e libera diffusione della cultura e dell’informazione, rispettosa di diritti e dignità delle persone. Il partito ritiene impegno essenziale, in questo senso, garantire attraverso opportuni investimenti un accesso generalizzato delle persone ad internet, anche come premessa di una pubblica opinione libera ed informata. Al tempo stesso è essenziale tutelare anche nella rete – con una legislazione aggiornata alle nuove realtà – tutti i cittadini, in particolare i minori, il loro diritto alla propria immagine, alla propria privacy e alla propria dignità. Nel contempo il PD ritiene che la scuola, le università e le istituzioni di cultura, nonché ogni altro luogo destinato all’apprendimento ed alla ricerca in campo scientifico, tecnico ed artistico debbano vedersi garantita libertà ed autonomia nell’esercizio di tale loro missione. L’azione della politica democratica, anche al livello di legislazione, e l’azione economica delle imprese e dei mercati, mentre vanno promosse, incoraggiate e sostenute anche in riferimento allo sviluppo della cultura, della scienza e dell’arte, non debbono pretendere di detenere come tali il governo dei processi di ricerca e di apprendimento, conculcando libertà e autonomia di scienziati ed artisti. In primo luogo quanto alla scuola ed all’università, che ne sono state maggiormente toccate, l’impostazione della legislazione del centro-destra va al riguardo rovesciata poiché essa tende a depauperare e distruggere, anziché a potenziare ed accrescere come invece si deve, il patrimonio culturale, scientifico ed artistico acquisito. È indubbio che, proprio su questo versante, i governi del centrodestra lasciano dietro di sé una delle eredità più pesanti e negative, da rimuovere anzitutto con il riallineamento dell’Italia almeno ai livelli degli altri Paesi europei ed occidentali, trattandosi di temi immediatamente rilevanti per la stessa effettiva partecipazione alla vita democratica.
5.5. Vi sono infine mancati riconoscimenti e violazioni di diritti nell’ambito delle relazioni e delle organizzazioni sociali. La vita umana esiste solo (ed è pensabile solo) entro le forme della socialità. Queste forme – tra cui la famiglia è forma primaria – si costituiscono non solo sulla base delle scelte degli individui, ma anche sulla base della loro posizione e del loro rilievo sociale. La storia della famiglia testimonia questa evoluzione continua, legata al mutare delle condizioni economiche, ambientali, culturali, religiose, al cui interno un ruolo fondamentale è stato svolto dai grandi processi di emancipazione femminile. In questa evoluzione la cultura e gli ordinamenti giuridici hanno riconosciuto un’importanza crescente alla libera espressione dell’affettività personale, all’uguaglianza delle persone all’interno della famiglia e agli obblighi di solidarietà tra coniugi e tra genitori e figli. Si tratta di valori essenziali non solo alla vita personale, ma all’intera vita sociale. Per questo la Costituzione italiana ha inteso riconoscere e stabilire i diritti e i doveri della famiglia (artt. 29 e 30), nonché il dovere della Repubblica di agevolarla e sostenerla nell’adempimento dei suoi compiti (art. 31). Rispetto a questo dovere l’azione del governo italiano, anche e soprattutto negli ultimi anni, è stata largamente inadempiente e il PD considera un obiettivo primario il dare piena attuazione a questo impegno costituzionale.
D’altra parte non si può ignorare che nella società contemporanea le dinamiche sociali ed economiche, da un lato, e, dall’altro, le libere scelte affettive e le assunzioni di solidarietà hanno dato vita a una pluralità di forme di convivenza, che svolgono una funzione importante nella realizzazione delle persone e nella creazione di un più forte tessuto di rapporti sociali. Per questo esse appaiono meritevoli di riconoscimento e tutela sulla base di alcuni principi fondamentali. Da un lato, nel principio della centralità del soggetto rispetto alle sue relazioni, così da riconoscere sia i diritti di ogni persona a dare vita liberamente a formazioni sociali, sia i diritti di ciascuno entro le diverse formazioni sociali. Dall’altro, nel principio del legittimo pluralismo, che implica il riconoscimento dei diritti e dei doveri che nascono nelle diverse formazioni sociali in cui può articolarsi la vita personale affettiva e di coppia.
Tale riconoscimento dovrà avvenire secondo tecniche e modalità rispettose, da un lato, della posizione costituzionalmente rilevante della famiglia fondata sul matrimonio ai sensi dell’art. 29 Cost. e della giurisprudenza costituzionale che anche recentemente ne ha dato applicazione, dall’altro, dei diritti di ogni persona a realizzarsi all’interno delle formazioni sociali, che si declinano oggi in un orizzonte pluralistico secondo quanto espresso dalla Corte Costituzionale: «per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri» (138/2010). Il PD, auspicando un più approfondito bilanciamento tra i principi degli articoli 2, 3, e 29 della Costituzione, quanto in specie alle libere scelte compiute da ciascuna persona in relazione alla vita di coppia ed alla partecipazione alla stessa, opera dunque per l’adeguamento della disciplina giuridica all’effettiva sostanza dell’evoluzione sociale, anche introducendo, entro i vincoli della Costituzione e per il libero sviluppo della personalità di cui all’art. 2, speciali forme di garanzia per i diritti e i doveri che sorgono dai legami differenti da quelli matrimoniali, ivi comprese le unioni omosessuali.
6. “Chiunque degradi un altro degrada me”
La lotta per il riconoscimento dei diritti – dei diritti propri e dei diritti degli altri – è lotta contro ogni concezione e ogni pratica volta a degradare, discriminare, escludere alcuni esseri umani dalla considerazione e dal consorzio sociale. Negare un’uguale dignità, negare il dovere di un uguale rispetto significa negare una comune umanità. Significa porre qualcuno in una condizione di inferiorità e quindi di minori possibilità di esprimere liberamente la propria personalità. Significa esporlo al giudizio negativo della società e dunque metterlo in condizione di insicurezza e di paura. Paura che la propria vita venga considerata di minor valore di quella degli altri, paura che la propria esistenza possa venire percepita come un fastidio o un pericolo per gli altri.
L’impegno per la tutela dei diritti di ognuno è un impegno per costruire una società in cui la vita di ciascuno non debba essere dominata dalla paura. La paura avvilisce l’esistenza, la blocca, la rattrappisce. Le impedisce di svilupparsi e di dare a se stessa e agli altri tutto ciò che potrebbe. Per questo far vivere esseri umani nella paura non è solo un’intollerabile offesa nei loro confronti, ma anche un insensato impoverimento della vita di tutti.
Oggi come ieri sono all’opera concezioni della vita e pratiche sociali che alimentano la paura, coltivano l’esclusione, degradano l’altro. Ponendo dei seri ostacoli alla libertà e all’uguaglianza delle persone, rendono difficile la costruzione di una società più libera e democratica.
Per questo l’impegno per la diffusione di una nuova cultura politica dei diritti e di più efficaci misure legislative a tutela di ogni essere umano, deve accompagnarsi all’impegno per combattere la paura e il suo uso strumentale. Per coltivare, assieme, una politica dell’umanità di ciascuno, fatta di riconoscimento dell’uguale dignità, fatta di uguale rispetto, fatta di interesse e cura per la vita dell’altro. Perché nessun essere umano abbia da vivere nel timore di essere ciò che è, ma possa godere del riconoscimento dell’altro e contribuire, in condizioni di libertà e di parità, alla vita di tutti.